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 2006  settembre 17 Domenica calendario

L’imperatore che divide Papa e Islam? Cercò di fermare i turchi. Corriere della Sera 17 settembre 2006

L’imperatore che divide Papa e Islam? Cercò di fermare i turchi. Corriere della Sera 17 settembre 2006. Un’autorità spirituale, oltre che politica. Il rappresentante di Dio in Terra. Un uomo di bell’aspetto, dai tratti ieratici, quasi prigioniero del sacro Palazzo, nel cuore di una città splendente d’arte e di bellezza, che incedeva distante e fasciato di porpora e d’oro. Un teologo e un umanista di cultura vasta e profonda. Una figura tragica che vedeva la sua civiltà millenaria assediata dalle armate musulmane e prossima a crollare, i domini erosi, ma non poteva che assistervi impotente. Tutti in Europa mostravano di ammirarlo e lo ricevevano con gli onori dovuti al suo rango, Roma e Venezia, Parigi e Londra, ma lui aveva un bel chiedere aiuto: non venne a capo di nulla, nessuno gli diede retta. «L’Occidente diviso non riusciva a mettersi d’accordo, è proprio vero che la storia si ripete» sorride un po’ ironico e un po’ no il professor Giorgio Ravegnani, docente di storia bizantina a Venezia. Perché qui si sta parlando di Manuele II Paleologo, imperatore bizantino dal 1391 al 1425, figura sbucata dagli studi eruditi delle Accademie per diventare, sei secoli più tardi, nientemeno che l’uomo capace di mettere contro il Papa e l’Islam. Benedetto XVI lo ha citato nel suo discorso a Ratisbona, martedì, prima di impostare l’argomentazione su ragione e fede. La frase delle polemiche è tratta da uno dei 26 «Dialoghi con un persiano», variamente tradotti e riportati da Theodore Khoury nel libro «Polémique byzantine contre l’Islam». Nell’opera Manuele II si rivolge all’interlocutore «in modo sorprendentemente brusco che ci stupisce», osservava papa Ratzinger e dice: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava». Benedetto XVI cita quel passo per ricordare che l’imperatore, «dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole», poiché «la violenza è in contrasto con la natura di Dio» e «il non agire secondo ragione è contrario alla naturadi Dio», l’affermazione «decisiva» che gli interessa. In Vaticano tendono a spiegarla così: sono un riferimento storico, accademico, da professore che parla in una università. E allora chi era l’uomo che si pronunciava in modo così «pesante»? Il professor Ravegnani sospira: «Un poveraccio». Nel senso che viveva una gran brutta situazione, la «Nuova Roma» sul Bosforo stava morendo, «l’Impero romano d’Oriente che Costantino aveva fondato nel IV secolo era circondato dagli Ottomani e ormai ridotto a Costantinopoli e qualche piccolo territorio di periferia», l’imperatore scrive il dialogo con la città sotto assedio «e parte alla volta dell’Occidente, chiede invano aiuto militare, la caduta di Costantinopoli è ritardata solo perché nel 1402 i turchi sono sconfitti dai mongoli». Il padre Giovanni V, pur di ottenere aiuto, si era convertito a titolo personale al cattolicesimo, lui imperatore ortodosso. Il figlio Giovanni VIII avrebbe fatto lo stesso. Lui si rivolse pure al Papa. Tutto inutile: il successore Costantino XI, l’ultimo imperatore, morirà sulle mura di Costantinopoli nell’estremo giorno di vita di Bisanzio, il 29 maggio 1453. Il viaggio in Occidente di Manuele II ebbe così un solo esito, seppure decisivo, «accelerò gli scambi culturali tra umanisti occidentali e bizantini», contribuì alla trasmissione della cultura greca. Il professor Guglielmo Cavallo, docente di paleografia greca alla Sapienza di Roma e studioso della civiltà bizantina, elenca i tesori che si aprirono all’Europa: testi di Omero e Pindaro, Sofocle e Aristofane, Erodoto e Tucidide. Ma sul piano militare, nulla: «Anzi, la figura di Manuele II è tanto più tragica perché lui stesso, in qualche modo, non era pienamente consapevole del disastro cui andava incontro». Bisanzio vive ancora l’illusione della sua grandezza, mentre l’impero crollava l’imperatore coltissimo «si intratteneva nel theatron, che nel greco dell’epoca indicava una riunione letteraria fra dotti». Problema: la citazione del Papa alludeva a una sorta di parallelo storico? «Ma no, non mi pare possibile, l’Occidente minacciato oggi dai musulmani come Bisanzio dagli Ottomani? Non regge e il Papa non lo pensa, il Vaticano ha sempre cercato di smorzare i toni», riflette la professoressa Katherine Douramani, docente di storia bizantina e lingua greca al Pontificio istituto orientale di Roma, nonché greca ortodossa. Comunque sia, uno sguardo storico non si stupisce del tono di Manuele II: «L’imperatore bizantino era l’inviato di Dio in Terra per vigilare sulla retta fede, comandava il Patriarca, era una figura sacra. I suoi dialoghi sull’Islam non potevano che essere così. A suo modo era un grande politico, seppure sconfitto, una persona colta e di grandi vedute, certo un personaggio tragico. Ma non possiamo pensarlo come un uomo che volesse sconfiggere il fanatismo: a quell’epoca nessuno ne era immune». Gian Guido Vecchi