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 2006  settembre 09 Sabato calendario

Ma a che cosa servirà il grattacielo girevole? Il Giornale 9 settembre 2006. Ormai a giorni alterni, quando va male una volta la settimana, viene annunciata urbi et orbi la scoperta dell’uovo di Colombo in grado di riscattare l’umanità dalla schiavitù del petrolio

Ma a che cosa servirà il grattacielo girevole? Il Giornale 9 settembre 2006. Ormai a giorni alterni, quando va male una volta la settimana, viene annunciata urbi et orbi la scoperta dell’uovo di Colombo in grado di riscattare l’umanità dalla schiavitù del petrolio. Dati i tempi leggeri, diciamo pure inconsistenti, a farla da padrone è giustamente il vento. Al Wrec 2006, nono congresso mondiale sull’energia rinnovabile, è stato presentato il progetto di un grattacielo alto 250 metri che ruoterà su se stesso e sfrutterà la forza eolica per produrre elettricità. L’hanno ideato a Firenze gli architetti David Fisher, Fabio Bettazzi e Marco Sala. Sarà costruito a Dubai, negli Emirati arabi, cioè nell’unico posto del pianeta dove non v’è penuria di energia, il che già mette di buonumore. «Ognuno dei 59 piani della torre ospiterà un appartamento e sarà staccato dagli altri, così da poter ruotare in maniera indipendente», ha spiegato David Fisher. «Gli spostamenti avranno una velocità molto lenta e non risulteranno perciò fastidiosi per gli inquilini della torre. In questo modo l’edificio non solo produrrà l’energia che gli è necessaria, ma sarà anche in grado di venderla. Secondo i nostri calcoli in un anno la torre fornirà circa 190 milioni di kilowatt di energia, per un valore di oltre 7 milioni di euro». Esultanza di Greenreport, quotidiano web di approfondimento sulle tematiche ambientali, che ha paragonato il grattacielo a «una specie di grande parco eolico orizzontale»: «L’edificio autoproduce così il 30% dell’energia che gli è necessaria ». Ma il Wrec, l’architetto Fisher, Greenreport, nonché le agenzie di stampa e i quotidiani che si sono accodati, sanno far di conto? Se l’edificio autoproduce solo il 30% del fabbisogno, significa che sarà costretto a procurarsi il restante 70%. Al netto, tra surplus temporanei e deficit sistematico la torre non potrà quindi vendere un bel nulla, semmai dovrà comprare. E i «190 milioni di kilowatt di energia»? Unabestialità dimensionale. Come comprare il latte a metri. L’energia ha le dimensioni di un lavoro, la sua unità di misura pratica è il kilowattora (kWh). In kilowatt (kW) si misurano le potenze. Straparla il progettista o riferiscono male i giornalisti? Ah, saperlo! Poniamo comunque che l’architetto fiorentino intendesse dire che in un anno la torre fornirà circa 190 milioni non di kilowatt bensì, correttamente, di kilowattora. Ciò avrebbe almeno senso, ma la potenza media sarebbe sorprendente: 22 megawatt (MW). E poiché questi 22MWcorrisponderebbero in ogni caso al 30% del fabbisogno, ne discende che il fabbisogno complessivo sarebbe di ben 73 MW. Tale potenza, distribuita su 59 piani, significherebbe dissipare 1,2MWper piano: un consumo per singolo appartamento equivalente a quello di centinaia d’abitazioni. Insomma, sarebbe tutto fuorché un edificio ecologico. Morale: che razza di progetto – e di notizia – è? MISFATTI D’UNGHERIA. Gian Antonio Stella fa notare sul Corriere della Sera che Giorgio Napolitano, oggi presidente della Repubblica, non solo nel 2006, ma anche nel 1996 e prim’ancora nel 1986, aveva lealmente riconosciuto che sull’invasione sovietica dell’Ungheria del 1956 avevano ragione i comunisti dissidenti come Antonio Giolitti e torto i comunisti ortodossi come lui. Michele Serra, ex Unità da tempo accasato a Repubblica, coglie la palla al balzo: «Stella, non sospettabile di essere responsabile dei fatti d’Ungheria, chiede ”rispettosamente” che ci venga risparmiata, nel 2016, la celebrazione del trentennale di quel trentennale (che allora sarà dunque il sessantennale) nel quale finalmente si riconobbe che aveva ragione Giolitti. Propongo anch’io di darlo per acquisito. Ma dubito che avverrà». Suggerisco una soluzione intermedia: perché nel 2016 non celebriamo invece il trentennale dell’imperdonabile, vergognoso ritardo di 30 anni con cui Napolitano condannò i misfatti, più che i fatti, d’Ungheria? CIME. La rubrica L’antitaliano di Giorgio Bocca sull’Espresso della scorsa settimana recava l’invitante titolo «Salita al Monte Bianco» e constava di 129 righe. Le prime 12 erano, indubitabilmente, di Bocca: «Un botanico sul Bianco. Ho trovato al Polifilo un resoconto di viaggio al Monte Bianco del 1849 del botanico fiorentino Filippo Parlatore, che serve a farsi una idea su come era l’alpinismo di allora, l’equipaggiamento, le guide, gli alberghi e il Monte Bianco di allora, luogo favoloso. Cominciamo dall’equipaggiamento del nostro Parlatore». Seguivano 91 righe copiate pari pari, nelle quali Parlatore racconta d’essere andato sul Bianco opportunamente provvisto, fra l’altro, di flanella, due paia di calze di lana, martello botanico, bussola, anemometro, goniometro. Poi altre 9 righe diBocca: «Manon sono solo gli attrezzi botanici e l’equipaggiamento a interessare il nostro Filippo Parlatore, ci sono anche gli indigeni non sempre belli a vedersi». Seguivano 17 righe finali copiate pari pari, nelle quali Parlatore spiega che gli abitanti della Val d’Aosta sono ammalati cronici che gli ricordano «i deformi abitanti della Nuova Olanda», in compenso lassù «i campi sono ben coltivati e assai stimati i vini». Se ne deduce che la rubrica L’antitaliano è stata scritta per il 16% da Bocca (21 righe) e per l’84% da Parlatore (108 righe). Che Bocca fosse in vacanza sul Monte Bianco? L’alternativa è che c’entrino gli stimati vini. VITA D’INFERNO. Il Giorno intervista un non meglio identificato padre Giulio, esorcista a Milano, che all’ultima domanda se la cava così: «Ricordo un esorcismo nel quale ho detto al demonio: ”Lascia questa persona e torna a casa tua”. Lui mi ha risposto: ”Dici così perché non sai che cos’è l’inferno”». In questa stagione, poi. Stefano Lorenzetto