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 2006  settembre 13 Mercoledì calendario

Diciassettenne, Maria Luisa Spaziani sognava d’incontrare Eugenio Montale. L’occasione si presentò il 10 gennaio 1944: finita una conferenza con il poeta a Torino, la Spaziani si avvicinava all’uscita quando un’organizzatrice la fermò e le disse di voler presentare a Montale un po’ di giovani poeti: «Lui passò davanti ai primi dicendo "piacere" e senza neppure guardarli

Diciassettenne, Maria Luisa Spaziani sognava d’incontrare Eugenio Montale. L’occasione si presentò il 10 gennaio 1944: finita una conferenza con il poeta a Torino, la Spaziani si avvicinava all’uscita quando un’organizzatrice la fermò e le disse di voler presentare a Montale un po’ di giovani poeti: «Lui passò davanti ai primi dicendo "piacere" e senza neppure guardarli. Appena giunse il mio turno, alzò la testa e disse: "Ah, è lei?"». Non si conoscevano, ma lei rispose: «Sì, sono io in carne e ossa. Mi fa: "Lei dirge una rivista, Il Dado, come mai non mi ha invitato a collaborare?". Dissi che non avrei mai osato... E lui: "Ma sono sette anni che aspetto un suo invito". Mi aggrappai alle prime parole: "Viene a pranzo da me domani?". Tornai a casa come volando, c’era una lucetta accesa nella stanza dei miei genitori. Conoscevano bene la mia passione, prima per Proust e subito dopo per Montale. Sussurrai a mia madre: "Mamma, non ti spaventare, domani viene a pranzo Montale". Mi rispose: "Per fortuna Proust è morto..."». Ben presto nacque un legame che durò tredici anni. Spaziani ricorda che l’unica vera litigata in tutto quel periodo avvenne un giorno di maggio, durante una passeggiata su una collina torinese: «Improvvisamente saltano fuori centinaia di sambuchi. Io conoscevo un endecasillabo bellissimo di Montale: "Alte tremano guglie di sambuchi". Lui si fermò e mi disse: "Che bel fiore, cos’è?". Diedi un urlo come di bestia ferita: "Eugenio, stai scherzando? Sono sambuchi". Mi guardò stupito: "E con questo? La poesia si fa con le parole". L’argomento traboccò al ristorante Bagutta, con gli amici: la poesia nasce dalla parola o dall’emozione? Ferrata e Buzzati davano la preminenza alla parola, mentre Quasimodo, forse per fargli rabbia, dava ragione a me». Spaziani ricorda che lui le chiese per tre volte di sposarlo: «Ma sempre di nascosto, ipotizzando fughe o situazioni clandestine... Per esempio celebrando le nozze su una nave che ci avrebbe portati in America, perché il capitano poteva sposarci senza bisogno di carte. Ma c’erano osatcoli insormontabili anche per me».