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 2006  settembre 11 Lunedì calendario

Nell’Unione emerge la fronda anti-Bruxelles I riformisti: attenti, quei richiami ci aiutano. Corriere della Sera 11 settembre 2006

Nell’Unione emerge la fronda anti-Bruxelles I riformisti: attenti, quei richiami ci aiutano. Corriere della Sera 11 settembre 2006. Roma. «L’europeismo non può essere a corrente alternata, e il centro-sinistra deve rispettare i richiami della Commissione europea, così come lo chiedeva quando c’era Berlusconi al governo». Nicola Rossi, ex consigliere economico di D’Alema a palazzo Chigi, rammenta le critiche che i leader dell’Unione fino a pochi mesi fa rivolgevano al Polo, tacciato di «anti-europeismo» per le dispute contro quelli che venivano definiti i «burocrati» di Bruxelles e i «tecnocrati» della Banca centrale europea. Perciò il deputato dei Ds è stupito per le polemiche sollevate da autorevoli membri dell’esecutivo dinanzi ai moniti dell’Ue sul risanamento dei conti pubblici italiani. In principio Prodi aveva saputo gestire diplomaticamente il braccio di ferro con Bruxelles, sebbene fosse emersa in alcune sue dichiarazioni una certa irritazione. Nulla però al confronto dell’offensiva avviata da D’Alema, che ha definito «sgradevoli» i richiami all’Italia del commissario europeo per gli Affari Economici. Come non bastasse, dopo il responsabile della Farnesina, un altro ministro dei Ds, titolare del Lavoro, ha rincarato la dose: durante un dibattito in cui il segretario della Cgil Epifani ha dipinto la Bce come un «organo autoreferenziale che pensa solo ai numeri» e composto da «tecnocrati insopportabili», Damiano ha accusato Almunia di aver «chiuso un occhio con la Finanziaria di Berlusconi, mentre con noi li tiene tutti e due aperti». Il rischio che il virus dell’anti-europeismo si diffonda nell’area riformista della maggioranza, allarma quanti – come Rossi – ritengono «del tutto naturale l’atteggiamento di Bruxelles e di Francoforte, preoccupati del debito pubblico italiano. Che è un problema nostro ma anche loro». evidente la differenza tra l’atteggiamento «rigorista» di Fassino e il concetto espresso alla festa nazionale dell’Unità da D’Alema. Cento, sottosegretario verde all’Economia, ritiene che il ministro degli Esteri, «nella politica economica come in politica internazionale, si è voluto ritagliare un ruolo di cerniera con la sinistra radicale e con la Cgil, per evitare la rotta di collisione». E non c’è dubbio che le parole di D’Alema abbiano incontrato consensi nel sindacato e nell’area più estrema della maggioranza. Oltre Cento, che parla della necessità di «superare le imposizioni burocratiche di Bruxelles», il ministro della Solidarietà sociale Ferrero è «contento che altri, a partire da D’Alema, segnalino come me l’atteggiamento della Commissione». Il rappresentante del Prc al governo nega che alla base delle critiche verso Bruxelles alligni un sentimento anti-europeista, «il fatto è che si stanno usando due pesi e due misure»: «Con la Germania e la Francia, non si sono mai permessi di fare quel che stanno facendo con noi». Ma la sortita di D’Alema, per quanto potesse avere fini di politica interna, rischiava di determinare pesanti riflessi internazionali. Perciò ieri Prodi, al vertice europeo di Helsinki, si è affrettato a dire che i richiami di Almunia «non sono nè gradevoli nè sgradevoli», sebbene abbia con malizia sottolineato che l’Italia «manterrà gli impegni» perché «non abbiamo intenzione di fare ciò che altri Paesi hanno fatto in passato». Il premier si è così evitato delle complicazioni in Europa ma anche nella sua maggioranza, dove l’area riformista non ha certo apprezzato l’esternazione del ministro degli Esteri. Per la Bonino, «D’Alema si sarebbe potuto risparmiare quella battuta, che segnala il nervosismo eccessivo di chi ritiene di non dover accettare lezioni di riformismo da nessuno». Secondo l’esponente della Rnp i moniti di Bruxelles «sono piuttosto dei messaggi di incoraggiamento, una mano d’aiuto offerta a quanti nel governo vogliono davvero varare le riforme di cui il Paese ha bisogno ». In questo modo il ministro per gli Affari europei fa capire come sia in atto un gioco di sponda tra la Commissione e l’area riformista dell’esecutivo, spiega esplicitamente che i richiami di Almunia sono «un sostegno alla linea dei Padoa Schioppa, dei Bersani, dei Fassino. Perché a Bruxelles sanno quanto sia composito il centro-sinistra e sanno quanto sia difficile varare le riforme». S’intuisce che il braccio di ferro avviato in chiave europea è strettamente collegato ai delicati equilibri nella coalizione di governo, attraversato da una profonda faglia politica. Non è un caso che il ministro degli Affari Regionali cerchi di smussare la polemica: «Perché, certo, Almunia sarà parso più tollerante negli anni passati con il Polo, ma a giustificazione del suo atteggiamento – spiega la dl Lanzillotta – va ricordato che erano anni di stagnazione economica. Ora, con la ripresa, va evitato il rischio di utilizzare la crescita per finanziare la spesa pubblica, e non per risanare e sostenere lo sviluppo. Quindi, va bene se c’è un guardiano a Bruxelles». Già, va bene, «anche perché – come sottolinea il capogruppo della Rnp, Villetti – Almunia non è un nemico, è un compagno del Psoe». Villetti cerca di derubricare la querelle aperta dal ministro degli Esteri, introducendo nella vicenda politica un elementopsicologico: «Lo conosciamo tutti il carattere di D’Alema, a lui non va di esser bacchettato. Ha avuto un sussulto di orgoglio nazionale, ma la sua battuta non fa una linea politica, e il nostro europeismo non è in discussione». Francesco Verderami