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 2006  settembre 13 Mercoledì calendario

Governare e non regnare obbligo per il risanamento. La Repubblica 13 settembre 2006. L´economia italiana e la finanza pubblica necessitano grandi riforme strutturali: il governo a luglio aveva correttamente individuato quattro aree di intervento prioritarie: sanità, pubblico impiego, enti territoriali e previdenza

Governare e non regnare obbligo per il risanamento. La Repubblica 13 settembre 2006. L´economia italiana e la finanza pubblica necessitano grandi riforme strutturali: il governo a luglio aveva correttamente individuato quattro aree di intervento prioritarie: sanità, pubblico impiego, enti territoriali e previdenza. Solo tagliando gli sprechi e frenando la crescita della spesa corrente in queste aree si può coniugare risanamento e sviluppo, freno e acceleratore. Ma dopo aver indicato la rotta riformatrice, la politica economica italiana appare in stallo. A 20 giorni dalla presentazione della legge Finanziaria 2007, si susseguono annunci contraddittori, un misto di conservazione e riformismo, mentre non è ancora nota né l´ampiezza dell´aggiustamento, né la composizione della manovra. Al contempo, si registra un curioso fastidio per i richiami dell´Unione Europea che non fa che ricordare al governo gli impegni presi. Paradossalmente, una serie di buone notizie sullo stato dell´economia ha alimentato la confusione. Innanzitutto c´è stato un forte aumento delle entrate tra il 2005 e il 2006. Ma il dato più clamoroso riguarda il fabbisogno di cassa del settore statale di fine agosto. Nei primi otto mesi dell´anno, le casse dello Stato hanno registrato una differenza di 22 miliardi di euro tra uscite e entrate, contro i 42 miliardi dei primi otto mesi del 2004 e i 49 miliardi dei primi otto mesi del 2005. Questo buon andamento non è imputabile a entrate straordinarie o una tantum. Nel Dpef approvato a luglio il governo aveva stimato un fabbisogno di cassa per il 2006 pari a 59 miliardi di euro. Tenendo conto che nell´ultimo trimestre la crescita del fabbisogno di cassa rallenta sempre (grazie all´autotassazione di novembre), la stima appare troppo pessimista: a dicembre il fabbisogno di cassa non dovrebbe superare i 45-50 miliardi, quasi un punto di Pil in meno. E´ un´ottima notizia anche per il debito pubblico, in quanto il fabbisogno di cassa alimenta direttamente il nostro debito. Non dovremo quindi stupirci se finiremo l´anno con un disavanzo della pubblica amministrazione non lontano dal 3 per cento, ben inferiore al 4 per cento stimato dal governo nel Dpef. Tutto questo senza contare le buone notizie dal lato del Pil. Il governo stima una crescita dell´1,5 per cento nel 2006, ma stando a Ocse, Commissione Europea e Banca d´Italia, la crescita potrebbe arrivare all´1,7-1,8 per cento. E´ il miglior risultato dal 2000. E maggior crescita si tramuta in minor disavanzo e significa più base imponibile, dunque più entrate, anche per il 2007. Le buone notizie hanno però galvanizzato l´ala radical-conservatrice del governo, quella che chiede spalmature, spezzettamenti e rinvii. Mentre Bruxelles sostiene che le nuove e inaspettate entrate non cambiano la sostanza, in quanto la correzione prevista dagli accordi di luglio 2005 deve essere calcolato al netto del ciclo e delle una tantum: l´aggiustamento netto dovrà perciò essere pari a 20 miliardi, come previsto nel Dpef. Solo il tempo ci dirà quanto di queste nuove entrate possa essere ritenuto strutturale. Per il momento rimangono lo stallo e la confusione attuale, tra richiami di Bruxelles e spinte ad annacquare la manovra. E anche tra chi nella maggioranza sostiene le riforme, sembra affiorare la rassegnazione. Ma le riforme politicamente difficili, quelle che agiscono sul lato della spesa, riescono quando le cose vanno bene: il 70 per cento delle riforme "impopolari" condotte in Europa negli ultimi 20 anni è stato attuato proprio in periodi di crescita superiori all´1,5 per cento. E´ molto più difficile fare riforme in momenti recessivi, quando la disoccupazione aumenta e i bilanci di imprese e famiglie vanno in rosso. Al di là dei richiami Europei al rigore, è il futuro dell´Italia a dipendere dalle riforme indicate dal governo nel Dpef. Ora siamo in un momento di espansione e non possiamo pensare che la ripresa durerà a lungo. Il vecchio Patto di Stabilità era "stupido" perché troppo rigido. Ora abbiamo un Patto flessibile, perché riconosce che bisogna fare più aggiustamento in espansione (good times nel gergo europeo) che in recessione (bad times). Fa bene l´Europa a farcelo presente. Solo le riforme che agiscono sulla spesa riescono a coniugare risanamento e crescita. Un aggiustamento tutto incentrato sulle entrate (tra le quali la giusta operazione sulle rendite finanziarie) non risolverebbe i problemi. Il governo ha forse sbagliato, a giugno, nel drammatizzare il disavanzo, ignorando i problemi strutturali della nostra economia (che anche nel 2006 sta crescendo a un tasso pari alla metà di quella dell´area Euro) e la montagna del nostro debito pubblico. Eppure questi problemi rimangono ed è questo il momento opportuno per affrontarli. Anche perché portare a termine riforme strutturali è politicamente impossibile in prossimità delle elezioni. Abbiamo appena votato e abbiamo davanti tre anni senza elezioni. Se il governo non riuscirà a proporre riforme in questa Finanziaria, probabilmente non riuscirà a portarle a termine in tutta la legislatura. Prodi ha sempre detto che intende governare, non regnare. Se non ora quando? Tito Boeri e Pietro Garibaldi