Varie, 14 settembre 2006
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Ellison Keith
• Detroit (Stati Uniti) 4 agosto 1963. Politico. Democratico. Musulmano • «[...] Padre di quattro figli avuti dalla moglie Kim, un’insegnante di matematica affetta da sclerosi multipla, Ellison si è convertito all’Islam a 19 anni, quando frequentava la Wayne State University di Detroit. ”Da allora prego diretto verso la Mecca cinque volte il giorno, non mangio maiale né bevo alcolici”. Nelle sue assidue prediche alle moschee di Minneapolis, frequentate dalla vasta popolazione d’emigranti somali, inizia sempre con la frase: ”Salaam aleikum”, la pace sia con voi. [...] ”Sono orgoglioso di essere mussulmano ma non è per questo che chiedo di essere eletto”, ha dichiarato al Washington Post, riassumendo così la sua filosofia: stop alla guerra in Iraq, assistenza sanitaria universale per tutti e aumento della paga minima. A dargli filo da torcere è stata la blogosfera. Siti di destra come MinnesotaDemocratsExposed.com e PowerLineBlog.com, che hanno riesumato due articoli da lui scritti per il giornale universitario nel ’90, con lo pseudonimo Keith Hakim. Il primo difendeva il controverso capo della Nazione dell’Islam, Louis Farrakhan, il secondo attaccava le quote pro-minoranze come ”un palliativo subdolo per liquidare secoli di schiavitù”, esortando i bianchi a pagare le riparazioni ”direttamente ai neri”. Quando [...] ben 20 siti Web pubblicano l’articolo dal titolo ”Chi è Keith Ellison?”, accusandolo d’antisemitismo, lui passa al contrattacco. Dopo una serie di apparizioni in sinagoga e incontri con i leader della comunità ebraica, ripudia pubblicamente Farrakhan in una lettera inviata al Jewish Community Relations Council in Minneapolis. Il mea culpa basta a fargli avere l’appoggio di Samuel e Sylvia Kaplan, ricchissima coppia di filantropi ebrei di Minneapolis, noti per i loro galà di beneficenza. Ma l’imprimatur ufficiale arriva l’1 settembre, quando Mordecai Specktor, direttore dell’influente settimanale ”American Jewish World”, pubblica un editoriale dove appoggia ufficialmente la sua candidatura» (Alessandra Farkas, ”Corriere della Sera” 14/9/2006).