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 2006  settembre 14 Giovedì calendario

Sono Urbano e vado piano. L’Espresso 14 settembre 2006. Ha comprato un portiere eccellente come Christian Abbiati, già Milan e Juventus

Sono Urbano e vado piano. L’Espresso 14 settembre 2006. Ha comprato un portiere eccellente come Christian Abbiati, già Milan e Juventus. A centrocampo ci sono Simone Barone e Stefano Fiore, da anni nel giro della Nazionale. E in attacco è stato ingaggiato il giapponese Masashi Oguro, che si è conquistato a suon di gol una discreta fama nel paese del Sol Levante. Eccole, in breve, le prodezze da calciomercato targate Urbano Cairo. Un programma impegnativo, il suo: rilanciare il Torino neopromosso in serie A. «Abbiamo investito 12 milioni di euro», annuncia il patron granata. E i tifosi, già gasatissimi per le disavventure dei rivali juventini, hanno risposto alla grande, sottoscrivendo la bellezza di 18 mila abbonamenti per il prossimo campionato. Insomma, la curva ama Cairo, per ora. E lui ricambia tanto affetto esponendosi più che può ai riflettori dei media, possibilmente fasciato nei colori sociali. Fuori dagli stadi, però, di recente il patron torinista ha dovuto rassegnarsi a uno stile più compassato. Di certo, per esempio, il suo impegno sportivo non basterà a riconquistargli la fiducia di circa 200 tra agenti e dipendenti (una trentina) che a metà luglio sono rimasti di punto in bianco senza lavoro. Erano tutti in forze alla Cairo directory, un’azienda nata alla fine del 2004 con un progetto a dir poco ambizioso, quello di fare concorrenza nientemeno che alle Pagine Gialle della Seat. Un sogno destinato a rimanere tale, perché dopo mesi di annunci e rinvii, Cairo ha deciso di gettare la spugna. Brutto colpo per un tipo come lui, che si è costruito la fama del re Mida attraverso una lunga carriera cominciata come assistente personale di Silvio Berlusconi fino allo sbarco in Borsa (nel 2000) della sua Cairo communication, che vende pubblicità e pubblica riviste periodiche. «Il mercato si è rivelato più complesso rispetto alle nostre previsioni», dicono adesso alcuni collaboratori di Cairo per spiegare il flop nelle directory. Eppure, fino a poche settimane prima della chiusura i dirigenti del gruppo spargevano ottimismo a piene mani. E a maggio di quest’anno, quando è stato approvato il bilancio 2005 della Ut communication, la finanziaria personale di Cairo che controlla il 40 per cento dell’aspirante concorrente delle Pagine Gialle, nei documenti ufficiali si parlava apertamente di prospettive reddituali della partecipata. Il progetto di partenza, che Cairo continua a considerare «molto valido», mirava a rastrellare inserzionisti nelle fasce marginali di mercato. Per esempio tra piccoli imprenditori e artigiani che finora avevano trovato poco spazio sulle directory tradizionali. A quanto sembra, però, gran parte dei potenziali inserzionisti sono rimasti tali. Anche la Seat ci ha messo del suo. Per respingere l’assalto del concorrente, l’azienda leader ha usato tutte le armi a sua disposizione, compresa una denuncia penale per violazione di domicilio telematico. La vicenda coinvolge due ex manager della Pagine Gialle tra cui Carlo Basile, passato alla Cairo directory come amministratore delegato. In sostanza, i due dirigenti (l’altro è Guido Sibona) sono accusati di aver trafugato elenchi e file targati Seat per cederli all’azienda appena nata. Un caso di (presunto) spionaggio industriale, quindi, con l’aggravante della concorrenza sleale. Un anno fa le indagini avevano addirittura portato al sequestro del sistema informatico della Cairo directory, che poi lo ha ottenuto in custodia con facoltà di utilizzo. L’inchiesta della Procura di Torino è ancora nella fase preliminare, ma è facile immaginare che questa brutta storia abbia influito pesantemente sulla decisione di abbandonare i sogni di gloria nelle directory. Restano i cocci. Ovvero le prevedibili cause a catena di molti agenti che si sono visti sbattere la porta in faccia e le rimostranze di alcuni inserzionisti che, secondo indiscrezioni, avevano già versato anticipi per vedersi inserire in guide telefoniche che non usciranno mai più. La disavventura delle guide telefoniche pesa anche sui conti della Cairo communication quotata in Borsa. A giugno scorso, i primi nove mesi dell’esercizio (che chiude a settembre) hanno fatto segnare un aumento del 25 per cento dei ricavi del gruppo (da 155,2 milioni a193,9 milioni), grazie soprattutto al successo dei settimanali di gossip come "Dipiù" e alla crescita della raccolta pubblicitaria per La7, la televisione del gruppo Telecom. I margini di redditività però restano bassi e così il deficit del settore directory, in assoluto non troppo elevato, finiscono per lasciare ferite profonde in bilancio. In nove mesi le perdite operative della società degli elenchi telefonici poi finita in liquidazione hanno raggiunto i 6 milioni di euro. Poi ci sono i 2,2 milioni di passività derivanti dalla svalutazione della partecipazione, a cui, entro settembre, andrebbero aggiunti altri 3,5 milioni di attività destinate a essere azzerate. Se si considera che a giugno il gruppo Cairo communication ha fatto segnare profitti operativi per poco più di 2 milioni di euro in nove mesi, è facile prevedere che il prossimo bilancio annuale non porterà una pioggia di profitti. La Borsa sembra pessimista. Dai massimi segnati a inizio anno con una quotazione di circa 54 euro, il titolo Cairo communication ha messo la retromarcia e adesso naviga intorno ai 37 euro. Da ultimo, a scuotere ulteriormente la fiducia di analisti e investitori, nei giorni scorsi sono arrivate anche le dimissioni di Gianni Vallardi, uno dei dirigenti editoriali più noti d’Italia. Vallardi era approdato pochi mesi fa alla corte di Cairo per lanciare un nuovo quotidiano popolare ed era stato momentaneamente parcheggiato alla neonata divisione libri del gruppo. Il progetto del giornale è stato però rinviato e il manager ha finito per accettare le offerte della Mondadori, che lo ha messo a capo del settore periodici Italia. Sfumato, almeno per ora, il sogno di un quotidiano, il patron del Torino non può fare altro che affidarsi alla sua scuderia di settimanali rosa a basso prezzo. "Dipiù", con oltre 800 mila copie diffuse, è diventato il secondo periodico più venduto in Italia. In cassa alla Cairo directory, per la verità, ci sarebbero altri 80 milioni frutto del collocamento al pubblico per lo sbarco in Borsa di sei anni fa, ai tempi della bolla di Internet. Un piccolo tesoro che però resta in banca con rendimenti molto bassi. «Non abbiamo trovato le occasioni giuste di investimento», si giustifica Cairo. A ben guardare, però, nel febbraio scorso oltre 21 milioni di quella riserva di liquidità sono stati distribuiti agli azionisti sotto forma di dividendi. Come dire che in gran parte quei soldi sono finti in tasca alla stesso Cairo, che controlla il 72 per cento del capitale dell’azienda quotata. Vittorio Malagutti