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 2006  settembre 08 Venerdì calendario

La partita a scacchi che gioca Putin. La Repubblica 8 settembre 2006. Dopo il trionfo al G8 di Pietroburgo alla metà di luglio, la Russia sembra essersi defilata dalla ribalta internazionale

La partita a scacchi che gioca Putin. La Repubblica 8 settembre 2006. Dopo il trionfo al G8 di Pietroburgo alla metà di luglio, la Russia sembra essersi defilata dalla ribalta internazionale. Putin non parla da settimane. La diplomazia moscovita si muove discreta, sempre di sbieco, intervenendo soltanto quando è proprio necessario. I giornali che riflettono i giudizi e gli umori dell´"establishment" militare, di solito molto critici nei riguardi dell´Occidente, hanno smesso le polemiche. Ma tanta misura e discrezione non sono un segno d´incertezza politica, il passo indietro dettato da un momento difficile. Al contrario: gli uomini del Cremlino stanno vivendo una fase di grande euforia, e il perché è evidente. Da un paio d´anni a questa parte la fortuna di Putin somiglia sempre più alla fortuna di Cesare. Tutto sta andando bene, infatti, per la Russia, e ancor meglio per il suo presidente. Tanto che negli uffici dell´ambasciata americana a Mosca Putin è ormai chiamato "Vladimir the Lucky", il Fortunato. Ancora all´inizio dell´estate la fortuna di Putin consisteva nella "débacle" americana in Iraq, nell´aumento vertiginoso dei prezzi del petrolio e del gas, e negli spazi economici e politici che le forniture di petrolio e gas stavano aprendo alla Russia nel rapporto con i maggiori paesi europei. Ma da luglio ad oggi, la situazione internazionale s´è fatta per i russi ancor più favorevole. Il conflitto in Libano ha aggravato le difficoltà degli Stati Uniti e dei suoi alleati, i prezzi delle materie energetiche sono ulteriormente saliti, i Taliban sono di nuovo all´offensiva in Afghanistan, lo scontro tra Iran e Occidente ha preso forme sempre più pericolose. Per Putin, insomma, quest´estate 2006 è una festa. Come giocare una partita a scacchi con un principiante. Il russo osserva sulla scacchiera le mosse confuse e improvvide dell´avversario, poi muove i suoi pezzi con tutta calma, lucido, inesorabile. Oggi una consegna d´armi alla Siria, domani un nuovo ostacolo posto sulla strada delle sanzioni Onu a Teheran, dopodomani una nuova pressione sui paesi dell´ex impero per riallinearli alla politica di Mosca. Il tutto senza alzare la voce, senza inutili retoriche, tanto che la stampa internazionale quasi non se ne accorge. E con un Occidente consapevole, certo, di come al Cremlino stiano lavorando a logorarne ogni iniziativa politica, ma che resta profondamente diviso riguardo all´atteggiamento da tenere con Putin e la Russia. Fortuna non è sempre una parola astratta. In certi casi, come nel caso di Putin, è anzi estremamente concreta. Diamo uno sguardo indietro. L´ex ufficiale del Kgb fu messo inaspettatamente al vertice della Federazione russa da un consiglio di famiglia, i parenti e i soci in affari di Boris Eltsin, il primo gennaio del 2000. L´anno prima gli introiti da petrolio e gas non avevano superato i 40 miliardi di dollari. Ma già nel 2000 toccarono i 75 miliardi, e quest´anno dovrebbero aggirarsi attorno ai 220 miliardi, più di cinque volte gli introiti degli anni Novanta. Qualcosa d´assai simile ad una fantastica vincita alla lotteria. Il convoglio Russia su cui Putin era salito, che dopo la bancarotta del 1998 credemmo fosse ormai un immenso, rugginoso rottame, aveva trovato nei prezzi delle materie energetiche la spinta per rimettersi in moto. Contemporaneamente l´America di George W. Bush s´impantanava nella guerra al terrorismo islamico, l´alleanza euro-americana si divideva, l´invasione dell´Iraq diventava una trappola senza uscita, e le sfide all´Occidente da parte degli «stati canaglia» (la Corea del Nord, l´Iran di Ahmadinejad) si facevano sempre più audaci e clamorose. Per Putin, il meglio che potesse succedere. La possibilità, come s´è detto, di muovere i suoi pezzi sulla scacchiera in tutta tranquillità, approfittando dell´affanno dell´avversario: senza rotture, evitando anzi qualsiasi faccia a faccia, limitandosi ad intralciare, arenare, le iniziative occidentali. E riscuotendo, in cambio, l´approvazione di tutti i governi che nelle diverse parti del mondo hanno conti aperti con l´Occidente. Una partita che vede la Cina quasi sempre a fianco dei russi, in un intreccio d´interessi forse temporaneo ma al momento piuttosto solido. Insomma, come dice Dmitri Trenin, il direttore della sezione moscovita del Carnegie Endowment, una Russia ormai staccata «dal sistema solare occidentale», disposta a cooperare soltanto sul terreno dei suoi interessi economici e commerciali. Quanto alla situazione interna, anche qui il regime sembra passare di successo in successo. Il capo della guerriglia islamica in Cecenia, Shamir Basayev, è stato ucciso a luglio. Ad agosto Viktor Yanukovic, l´uomo che il Cremlino aveva tentato di far eleggere alle presidenziali ucraine del 2005 ed era stato invece travolto dalla «rivoluzione arancione», è riemerso come primo ministro, riportando a Kiev il peso dell´influenza russa. L´altro giorno uno degli ultimi organi di stampa che si consentiva qualche critica contro il regime, il Kommersant, è passato ad un uomo di fiducia del Cremlino. E infatti il regime, nei sei anni trascorsi dall´ascesa di Putin, non era mai apparso tanto stabile come appare oggi. Le tensioni interne che l´agitavano ancora qualche mese fa, sembrano sopite da una vasta distribuzione delle spoglie nell´"entourage" del presidente. A questo Gasprom, a quello il gigante del petrolio Rosneft, a quell´altro Aeroflot, a quell´altro ancora il monopolio dei diamanti. E intanto i sondaggi in vista delle elezioni politiche che avranno luogo nel prossimo marzo, non danno a nessun partito anti-Putin più del 3-4 per cento. Nessun dubbio: per Vladimir il Fortunato l´estate 2006 è stata una festa continua. Sandro Viola