La Stampa 05/09/2006, pag.15 Piero Bianco, 5 settembre 2006
Una sfida nata fra i tricicli. La Stampa 5 Settembre 2006. Venezia. Il cavalier Giuseppe un po’ se ne vergognava
Una sfida nata fra i tricicli. La Stampa 5 Settembre 2006. Venezia. Il cavalier Giuseppe un po’ se ne vergognava. Aveva fatto i soldi con il commercio, industria conserviera e carni congelate, possedeva un bell’appartamento nel cuore di Torino, corso Vittorio Emanuele numero 9, e una villetta per le vacanze a Fobello, in Valsesia. Ma lo metteva a disagio la sua estrazione proletaria: per questo quando proprio nella casa di campagna il 24 agosto 1881 nacque Vincenzo, terzo di quattro fratelli, il cavalier Giuseppe decise che avrebbe fatto del figlio uno stimato principe del foro. Mai avrebbe immaginato di essere invece padre di un genio in una disciplina molto diversa: Vincenzo Lancia sarebbe diventato un patrimonio indelebile della storia dell’auto, l’uomo dell’innovazione e delle grandi idee. L’inizio fu tormentato, «Censin» non si immaginava avvocato, non lo diceva a papà e tagliava regolarmente da scuola. Ai banchi preferiva la compagnia dei frateli Giovanni ed Ernesto Ceirano, che in quella casa di corso Vittorio avevano una piccola officina. Fabbricavano biciclette col marchio Welleyes. Vincenzo era stregato dalla meccanica, al punto che decise di abbandonare gli studi e di mettersi al lavoro, ancora adolescente. A malincuore papà Giuseppe dovette accettare: pretese soltanto che i Ceirano assumessero il ragazzo come contabile, un ruolo dignitoso agli occhi del mondo. Censin stava diventando un omone e in realtà faceva il collaudatore di bici e l’operaio. In quell’officina ora si costruivano anche tricicli e quadricicli, nel 1899 l’azienda si era troppo ingrandita e venne ceduta a Giovanni Agnelli, che utilizzò i brevetti Ceirano per fondare la Fabbrca Italiana Automobili Torino. Un destino segnato, visto che proprio la Fiat avrebbe poi salvato la traballante Lancia nel 1969, quando era sull’orlo del fallimento per la crisi della gestione Pesenti. La prima Fiat, 3,5 HP, era nient’altro che il modello Welleyes dei Ceirano. Lancia era diventato dipendente di Agnelli, che ne apprezzava l’entusiasmo e le capacità tecniche. Vincenzo collaudava le vetture e correva in pista, con eccellenti risultati. Il 29 novembre 1906 si mise in proprio e questa è la storica data di nascita di un marchio tra i più prestigiosi al mondo. Che in questi giorni a Venezia celebra il centenario e spalanca nuovi orizzonti sul futuro. Vincenzo non aveva fondi, si mise in società con l’amico Claudio Fogolin, il capitale sociale della Lancia & C era appena di 50 mila lire. Ma i prodotti della fabbrica di via Ormea, poco distante dal Valentino, si rivelarono subito innovativi e cominciarono a scrivere la storia dell’auto. La prima Lancia, battezzata 12/24 HP e poi Alpha, è del 1908. Fu il fratello Giovanni a suggerire a Censin l’alfabeto greco. Il giorno del debutto, i fratelli Lancia dovettero allargare a picconate l’ingresso dell’officina, perchè la nuova macchina era larga e non passava dalla porta. Ma il modello ebbe immediato successo, era bello e raffinato, con l’assale anteriore in metallo scatolato. Il motore di 2,5 litri girava a 1.800 giri, una prima rivoluzione, seguita nel tempo da numerose altre «primizie» assolute sotto il profilo tecnologico. Nel 1911 la fabbrica si trasferì in borgo San Paolo. E il marchiò divenne sempre più sinonimo di innovazione e lusso. La Theta (1913) lanciò in Europa l’impianto elettrico integrato in vettura; la Lambda (1922) anticipò al mondo cinque svolte epocali: scocca portante, sospensioni anteriori indipendenti, tunnel dell’albero di trasmissione, motore 4 cilindri a V stretto e vano bagagli integrato nella struttura. Seguirono l’Augusta (1933) e l’Aprilia (autunno 1936), ultimo capolavoro del genio di Lancia. Vincenzo però non riuscì a vedere in strada quella strepitosa berlina affusolata, con un coefficiente aerodinamico sorprendente (0,47), la coda arrotondata da moderno monovolume e capace di toccare i 125 km/h. Il fondatore morì all’improvviso il 15 febbraio 1937, stroncato da un attacco cardiaco: non aveva ancora 56 anni. La presidenza passò alla moglie Adele Miglietti, poi al figlio Gianni, insieme con le sorelle Anna, Maria ed Eleonora. Nacquero altri modelli che hanno fatto epoca, come l’Aurelia e l’Appia, mentre la Squadra Corse raccoglieva successi nelle piste di tutto il mondo. Nel 1956 la prima grave crisi economica, la Lancia viene ceduta al Gruppo Pesenti. Arrivano la Flaminia, la Flavia, la Fulvia, tanti nuovi miti. Nel ”62 viene inaugurato lo stabilimento di Chivasso, nel ”69 l’intero pacchetto passa alla Fiat per la simbolica somma di una lira per azione. Gianni Agnelli salva così un patrimonio dell’industria mondiale. Oggi Lancia è il brand del glamour del Gruppo Fiat. Musa e Ypsilon, Phedra e Thesis proseguono brillantemente la tradzione. La bella storia cominciata da Fobello continua. Piero Bianco