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 2006  settembre 01 Venerdì calendario

Venti ore alle slot: su 200, vincono in 3. Libero 1 settembre 2006. Venezia. Completo marrone anni 70, occhiali spessi e riporto cotonato

Venti ore alle slot: su 200, vincono in 3. Libero 1 settembre 2006. Venezia. Completo marrone anni 70, occhiali spessi e riporto cotonato. Il volto è immobile puntato sulla slot machine, solo le palpebre si muovono. Sbattono ogni 4/5 secondi e la frazione di tempo per ogni giocata non supera il mezzo minuto. Non apre bocca. Infila diciotto banconote da 50 euro. Le perde. Mi guarda muto, si alza e si allontana. Quando il direttore mi ha spedito tre giorni al Casinò Ca’ Noghera di Venezia a guardare quelli che giocano alle slot, ho pensato: è impazzito e mi regala un week end di ferie. Adesso che ho trascorso più o meno venti ore dentro Cà Noghera, a fissare gli schermi delle slot, i tic scaramantici e le manie dei videodipendenti, ho capito tre cose. A) il Direttore non è impazzito: stare al casinò 20 ore è un lavoro vero e proprio. Alla fine gli occhi frullano come quando nei cartoni animati il protagonista prende un pugno in testa. B) vero che non si vince mai. C) stato possibile anche stilare una statistica. Artigianale, ma veritiera. Su duecento persone "analizzate", solo 3hanno vinto (Un ragazzo di Pordenone si è portato a casa 2100 euro con una spesa di 100, un’infermiera di Treviso 800 euro con 20 di spesa e una super fortunata che ha vinto il Jackpot). Per il resto, una cinquantina di clienti hanno pareggiato e gli altri perso. O meglio, alcuni dopo aver perso hanno continuato a perdere. Personalmente il mio scarso - forse neanche troppo -budget di 30 euro si è esaurito in 6 minuti, seduto davanti a una rumorosissima slot. Il mio silenzioso vicino, che non ha nemmeno risposto al saluto, ci ha rimesso 450 euro. In 12 minuti. STATISTICA D’altronde perdere è la cosa più semplice che si possa fare al casinò, la sanno fare tutti. Non serve conoscere le regole del gioco. E alle slot, a differenza dei tavoli, perdere euro è ancora più semplice, perché regole non esistono proprio. I videopoker e le slot machine a Cà Noghera sono 420, più una ventina di macchinette riservate ai fumatori. Sono aggeggi luminosi e sonori con nomi esotici. Si chiamano Fort Knox, Cash Express, Rich Girls, Hollywood Dreams. C’è anche la serie dedicata agli animali: Coyote Moon, Lobster Mania, Leopard Claw, Elephant King. Per vincere bisogna, anzi bisognerebbe, allineare ciliegine, foche, simboli del dollaroocose delgenere. Tutte le macchinette comunque, compreso ilvideopoker classico sul cui schermo appaiono le carte dai quattro semi, sono aggeggi programmati per masticare banconote, monetine e per ipnotizzare la gente per ore. Il 15 per cento dei clienti spende fino a mille euro all’anno, ma qualcuno arriva a 35mila. E dire che il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, aveva speso una sacco di parole sulla democraticità delle slot che fanno vincere tutti. Di democratico al casinò c’è che perdono tutti indipendentemente dalla classe sociale. Indossa pochi gioielli. Una collana a pendenti: tre file di rubini, smeraldi e zaffiro a coprire il decollete. Al dito un diamante grosso come la nocca. Ha più o meno 80 anni,lo sguardo nobile e altero, uno chignon ben curato a tener fermi i capelli grigi. Se dovessi farle la carta d’identità direi che è una di quelle contesse che non muoiono mai. Alle 5 del pomeriggio è già seduta allo schermo del video poker classico, quello con le carte da black jack, e per 5 ore rimane lì. Nella prima mezz’ora infila 8 banconote da 100 euro. Poi gioca un’altra mezz’ora e altri 3 pezzi da 50. Le chiedo se mi dà due dritte. «Scusi sto giocando» mi gela e non aggiunge altro. La richiesta però non cade nel vuoto perché a tre postazioni c’è l’uomo di Padova. SLOT MACHINE Un panciuto sessantenne, camicia nera, brillantina sul modello "la notte vado a dormire con la retina in testa" dallo spiccato accento patavino. Altra filosofia, altra macchinetta (Leopard Claw: i simboli da allineare sono animali esotici). Esistono, infatti, due tipologie di giocatori. Quelli come la contessa, che il mondo non esiste, e quelli come l’uomo di Padova, che attaccano bottone con tutti, senza nemmeno accorgersi se l’interlocutore alle loro spalle cambia continuamente. In tre ore mi allontano cinque volte e al mio posto si mettono un romano, un ragazzo ossuto di Parma, una pensionata che parla come le maschere del carnevale veneziano - me gho dito, le la fato, ela la bistroia - e un cinese che non capisce nemmeno l’italiano. A tutti noi peripatetici delle slot, l’uomo diPadova cercadi insegnare come si vince. Gioca su due video contemporaneamente, spiega come avrebbe dovuto fare e, a ogni "tiro", quanto avrebbe vinto se invece di tre gazzelle, due impronte e tre pelli di leopardo fossero saltati fuori cinque artigli di ghepardo di fila. «Vedi», dice al cinese, «se invece del tris avessi fatto quattro artigli più il jolly avrei vinto diecimila punti. Giusto?». "Guarda che è cinese non capisce", mi intrometto. «Chi?» fa lui senza girarsi, Quello con cui stai parlando. «Ah vabbè che c’entra i comandi sono in inglese. Se fossero in italiano sarebbe meglio. O no?». E intanto va di portafoglio. Il suo budget di spesa è già arrivato a 800 euro. Ma la sua giocata è di lungo respiro. Decide di non farsi demoralizzare. E più passa il tempo più la speranza di vincere aumenta. «Vengo tre volte la settimana», continua, «Mi metto qui otto ore. Perché questo è un gioco serio, mica si può fare alla bell’è meglio». Sarà! Ma alle dieci quando lo vedo alzarsi, gli chiedocomeè andata. «Bene, bene ho qui 300 euro». Peccato che nonabbia contato quelli che in realtà ha speso. «Per forza che perdi, devi cambiare più spesso il numero di linee per aumentare la probabilità di combinare gli stessi simboli». Ecco fatto. Non devo nemmeno agganciare un professionista. Ha visto un pirla, come me, e si è gettato a capofitto nel tentativo di salvarlo. Inutile, per giunta. Però in tre minuti ha praticamente raccontato la sua vita, compreso che gira sempre con gli amici perché a sua moglie è «meglio fare un vestito nuovo ogni volta, piuttosto che portarla fuori a cena e non vuol saperne di dimagrire, con tutte le diete che le ho pagato, e si lamenta che guardo le ragazze giovani quando camminiamoper strada e non sto a sentire lei che parla sempre delle malattie croniche delle sue zie». Soprattutto perché la più giovane di questo gruppo di incubi «ha 76 anni e vuole che ogni mese la accompagniamo dal fotografo perché così sulla tomba ha una bella foto aggiornata, se no quelli che vanno a pregare mica la riconoscono. Almeno si fosse presa la patente. Mia moglie dico, non la zia. Ho lavorato tutta la vita per fare l’autista. Scherziamo». Così Mario che è di Marghera passa i fine settimana con altri quattro amici dentro il Ca’ Noghera, «non va sempre bene, ma ogni tanto porto a casa qualcosa». La stessa cosa che è capitata al romano che cercava di prendere lezioni come me dal giaguaro di Padova. Dopo cinque ore di pigiate ossessive, confessa di aver vinto 580 euro con una spesa di 600. Mica male. Praticamente il successo di un morigerato. LE DONNE Scelta che invece la maggior parte delle donne non fa. Le più agguerrite sono infatti loro. Tra i 60 e i 70 anni, generalmente vedove, arrivano alle 4 del pomeriggio e si fermano fino alle 9. Poi a casa. Forse a dormire. «Sono vedova da quattro anni», spiega una veneziana doc, «e la pensione di mio marito la spendo tutta qui a Cà Noghera. Perché con le slot il tempo passa e non mi accorgo che sono sola. Mentre il pomeriggio a casa è troppo lungo da far passare ». Ho incontrato coppie, anche di giovani, che giocano assieme, fianco a fianco, amici che trascorrono la serata allo stesso video poker, comitive di cinesi - che a Cà Noghera sono quasi la metà dei clienti e in Italia saranno il futuro dei casinò, vista la passione che hanno per l’azzardo - ma il giocatore di slot si può definire con un unico freddo aggettivo: solo. Claudio Antonelli