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 2006  settembre 02 Sabato calendario

Oslo, l´Urlo si tinge di giallo. La Repubblica 2 settembre 2006. Oslo. Fosse solo una copia, sarebbe davvero uno scherzo atroce

Oslo, l´Urlo si tinge di giallo. La Repubblica 2 settembre 2006. Oslo. Fosse solo una copia, sarebbe davvero uno scherzo atroce. Da dimissioni in massa dei vertici della polizia. Quindi, per ora, nessuno si sbilancia: «La certezza l´avremo solo dopo le perizie». L´Urlo è tornato a casa giovedì sera, con danni minimi (due buchini nel cartoncino su cui è stato dipinto) e nel cortile del museo si festeggia con spumante australiano. Insieme all´altro quadro rubato e ritrovato, la Madonna, è stato calato nel «posto più sicuro dopo la Banca di Norvegia», e cioè i magazzini sotterranei, attrezzati con dispositivi d´allarme progettati da una società specializzata nella difesa delle piattaforme petrolifere, la Norwegian Veritas, con una spesa di 8 milioni di euro. L´ipotesi dell´ennesima beffa è remota, ma non peregrina. La banda che alle 11 e 10 del 22 agosto di due anni fa ha rubato i dipinti, davanti a decine di visitatori e alle guardie esterrefatte, strappandoli dalle cornici e poi fuggendo indisturbata, è una mistura tutta particolare di criminali dalla pistola facile ed emuli di Arsenio Lupin. Gente che ci tiene a far bella figura e pure a sbeffeggiare la polizia. Basti pensare che uno del loro giro, Paul Enger, ex calciatore, anni fa rubò un altro Urlo di Munch - sono quattro, con piccole differenze - custodito nella Galleria Nazionale, e poi lasciò sul posto un biglietto: «Mille grazie per la scarsa sicurezza». Non soddisfatto, annunciò sul giornale la nascita del primogenito con la frase: «E´ nato con un urlo». Lo beccarono, ma dovette intervenire in aiuto ai norvegesi Scotland Yard: un agente inglese si finse un emissario del Paul Getty Museum di Malibu, in California, interessato all´acquisto. Enger si prese 6 anni e mezzo di carcere ma riuscì ad evadere, rimanendo uccel di bosco per due settimane. Il personaggio chiave del giallo è ora David Toska, 31 anni, vestiti gessati da Padrino, capelli impomatati, sguardo sprezzante. Figlio di buona famiglia, in gioventù campione di scacchi. Uno che sa usare il cervello, oltre alla pistola. Nella sua carriera, un numero imprecisato di furti e rapine, tra cui un colpo alla Soliti Ignoti, con lungo tunnel scavato fino a raggiungere le cassette di sicurezza di una banca. Il 5 aprile del 2004, organizza quella che è considerato l´assalto più clamoroso nella storia della Norvegia. Un´auto incendiata davanti al posto di polizia per bloccare gli agenti e poi l´irruzione nella banca Nokas di Stavanger, nell´ovest del Paese. Sparatoria, ostaggi presi e lasciati, 8 milioni e mezzo di euro di bottino. «Roba da Italia o Chicago anni Trenta», hanno scritto i giornali. La polizia, a dispetto dell´insegna fierissima con leone rampante e fasci littori, è disarmata: prima di impugnare le pistole, gli agenti devono chiedere autorizzazione in centrale. Quel giorno, uno prova a reagire e viene freddato. Solo sette vittime in Norvegia tra i poliziotti dalla fine della Seconda guerra mondiale: la morte del cinquantunenne Arne Klungsland, due figli, suscita commozione e fa scalpore. Subito scatta una caccia all´uomo senza precedenti. Il furto delle due opere di Munch dal museo di Oslo nasce sull´onda di questa storia di sangue. «Bisogna dare ai ragazzi un po´ di respiro», dicono due malviventi al telefono, intercettati dalla polizia. Rubare il capolavoro nazionale, l´opera che ricorda a tutto il mondo la Norvegia, per la banda è l´unico sistema per alleggerire la pressione sui rapinatori alla macchia. Un furto ardito, ma semplice: il museo aveva sistemi di sicurezza quasi inesistenti. «Hanno compiuti errori grossolani, ma gli è andata bene lo stesso», è costretta ad ammettere la polizia. Il medesimo tipo di guanti usato per la rapina in banca e altre somiglianze mettono gli investigatori sulla buona pista: si tratta della stessa banda. Un´organizzazione eterogenea - molti norvegesi doc, ma anche slavi - nata come gruppazzo di quartiere nella desolata periferia di Tveita, che si sviluppa e si sfilaccia, per tornare unito. Qualcuno si veste hip-hop, altri - come Toska, che qualcuno ironizzando chiama Tosk, cretino in norvegese - preferiscono ispirarsi alla Mafia. Non c´è un vero capo, ma un «tetto» criminale. Alcuni vengono arrestati. Basterebbe una buona intelligence per sgominare la banda, ma a Oslo non ci sanno fare. Dopo una fuga in Spagna, dove si ricicla come trafficante di droga, David Toska l´anno scorso finalmente viene preso. Confessa di aver partecipato alla rapina: condannato a 19 anni. In Norvegia il massimo comminabile è 21, e di solito la pena effettivamente scontata non è mai più di 14 anni. Ma c´è il rischio forvaring. Parola quasi intraducibile in italiano, forvaring è una misura che può prendere la giustizia norvegese in caso di omicidi efferati: in pratica si tratta di detenzione prorogabile. Dopo la pena certa, il giudice può decidere altri anni di galera, teoricamente fino all´ergastolo, se ritiene che il detenuto non sia pronto alla libertà. Ed è proprio quello che teme Toska: di non uscire più. Lunedì prossimo si celebra il suo processo d´appello, e lui si gioca tutte le carte. Per impietosire i giudici, il Padrino avrebbe fatto ritrovare l´Urlo. La polizia non conferma, però il portavoce è andato in tv a dire: «Quello che ho imparato è che su tutto si può trattare». Forse, girava ieri voce, il bandito è solo riuscito a strappare buone condizioni di detenzione. L´autorevole quotidiano DagSavisen titola a tutta pagina: «Del tutto inaccettabile uno sconto di pena». Anche perché i colleghi del poliziotto ucciso nella rapina sono pronti a scendere in piazza e il loro urlo arriverebbe fino al palazzo di re Harald V. Enrico Bonerandi