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 2006  agosto 28 Lunedì calendario

Anno III - Centotrentatreesima settimanaDal 19 al 28 agosto 2006Scorta Il ministro Bersani gira con la scorta perché si teme che qualche tassista gli faccia la pelle o lo picchi

Anno III - Centotrentatreesima settimana
Dal 19 al 28 agosto 2006

Scorta Il ministro Bersani gira con la scorta perché si teme che qualche tassista gli faccia la pelle o lo picchi. I tassisti, che non vogliono sentir parlare di liberalizzazioni, hanno già riempito di botte un giornalista del Corriere della Sera, distribuito volantini con l’indirizzo di casa di Francesco Giavazzi, sfregiato la macchina di Mussi (dopo averla circondata in massa) eccetera. Saputo della scorta, uno dei capi sindacalisti, Pietro Marinelli, ha detto: "La scorta non l’avrebbe se non avesse adottato quei provvedimenti". A Roma tra l’altro l’accordo per dotare la città di più taxi è ancora in alto mare.

Fusione Banca Intesa e San Paolo si fonderanno e daranno vita alla prima banca italiana, la sesta in Europa, 65 miliardi di capitalizzazione, sette miliardi di utile nel 2009, tredici milioni di clienti, seimila e 200 sportelli, il 60 per cento dei quali a Nord, centomila dipendenti. Su quest’ultimo numero – i centomila dipendenti – bisogna andarci piano: le fusioni mettono insieme uffici che fanno lo stesso lavoro e quindi provocano tagli nel personale. Nelle cifre fornite alla stampa, si dice che si prevedono risparmi per un miliardo di euro (duemila miliardi delle vecchie lire). Se fossero tutti lavoratori, si tratterebbe di 30 mila esuberi. Una catastrofe sociale. E infatti i sindacati, senza ancora aver cifre in mano, hanno espresso forti preoccupazioni, unica voce non entusiasta all’annuncio del matrimonio. Il quale ha questo scopo principalmente: bloccare l’arrivo in Italia di qualche colosso straniero che faccia quello che hanno già fatto i francesi con la Bnl e gli olandesi con l’Antonveneta. Si deve infatti sapere che la clientela italiana è molto appetita dalle banche estere perché gli italiani – al di là dei dati economici del paese – sono considerati molto ricchi, soprattutto molto patrimonializzati: hanno tutti più o meno almeno un paio di case, il che significa che gli si possono prestare i soldi avendo in cambio garanzie solide. La fusione è stata molto facilitata dall’atteggiamento del nuovo governatore Mario Draghi, che ha ignorato (e l’ha fatto sapere prima) la regola dell’assenso preventivo e vincolante di Bankitalia. Fazio, che usava quel diritto di assenso come una clava, aveva impedito in passato fior di fusioni (per esempio Unicredit-Comit, San Paolo-Capitalia, oppure l’acquisizione di Antonveneta da parte di Geronzi, ecc.). Draghi ha concretamente fatto sapere che sarebbe stato a guardare e che ognuno si regolasse in base alle convenienze del mercato. La fusione propriamente detta non è ancora avvenuta: c’è il via libera dato all’unanimità da tutti e due i consigli d’amministrazione. Adesso si discute intorno agli equilibri, quanto a Milano (Intesa) e quanto a Torino (San Paolo), quanto ai cattolici (Bazoli), quanto ai prodiani (Salza) e quanto ai diessini (Modiano, marito di Barbara Pollastrini), comunque i più deboli della compagnia. Ci sono problemi con i concambi, stabiliti a 3,115 azioni San Paolo per un’azione Intesa, che ai torinesi non vanno bene. E c’è il problema dei francesi della Banque Agricole che avevano un pezzetto di Banca Intesa e degli spagnoli del Banco di Santander, che stavano in San Paolo. La fusione non piace a nessuno dei due e probabilmente chiederanno di essere liquidati. La Borsa ha reagito con rialzi sostanziosi di tutti e due i titoli, effetto normale quando si prevedono licenziamenti, dunque incremento dei profitti. Le altre banche, soprattutto Monte dei Paschi e Capitalia, sono assai inquiete. Non ne hanno nessuna voglia, ma è possibile che debbano a loro volta sposarsi per forza.

Libano I caschi blu dell’Onu sono in partenza per il Libano, dove, nel momento in cui scriviamo, sembra tornata la pace. Effettivamente, tra l’incredulità generale, non si spara più e la tregua finora ha retto. La forza d’interdizione dovrebbe essere composta da settemila uomini, che forse in seguito diventeranno 15 mila. Gli italiani stanno mandando subito 2.500 soldati, che diventeranno 3.000 a ottobre e 3.500 a febbraio, quando il comando del contingente – guidato nel primo periodo dai francesi – passerà a noi. I francesi, a loro volta, si sono rassegnati a mandare duemila uomini. Il governo considera la missione un gran successo italiano e ha ragione. Persino ad Assisi, dove s’è svolta una marcia della pace (con poche persone però), si sono sentiti i radicali di sinistra inneggiare alla forza Onu. Questo può dare l’impressione di un’operazione tranquilla. In realtà è la spedizione più complicata e pericolosa degli ultimi anni. Ci si mette in mezzo a due contendenti in perenne tensione da quarant’anni e ci si è impegnati a mantenere la pace e a svolgere necessariamente anche operazioni di polizia. Che accadrà al primo hezbollah ucciso da un italiano? Che succederà se qualcuno dei nostri dovesse restare sul terreno dopo un conflitto a fuoco con l’uno o l’altro dei contendenti?

Immigrati Per tutta la settimana scorsa sono continuati ad arrivare a Lampedusa barconi carichi di profughi provenienti da tutta l’Africa e imbarcati in Libia. S’è anzi scoperto che quando il centro d’accoglienza è colmo, gli sbarchi cessano e appena viene svuotato ricominciano: qualcuno chiama gli scafisti sul telefonino e li avverte se ci sono o no posti liberi. in corso una trattativa con Gheddafi, il quale adopera di sicuro gli immigrati per farsi ripagare dall’Italia i danni del periodo coloniale, cioè la famosa litoranea tra l’Egitto e Tunisi che costerebbe tre miliardi. Gli è stato chiesto di lasciare a noi il compito di pattugliare i 4.500 chilometri di costa libica. Ma Gheddafi non ne vuole neanche sentir parlare. Gli africani sono oggi 852 milioni ed erano 107 all’inizio del Novecento. Le analisi concordano: cent’anni fa vivevano in condizioni migliori di adesso.

Segregata A Vienna, Natascha Kampusch - rapita quando aveva dieci anni da un ex tecnico della Siemens che campava comprando e rivendendo appartamenti, e tenuta segregata per otto anni in una cella ricavata nel suo garage alla quale si accedeva aprendo un armadietto dietro cui era celata una porta di ferro che dava su nove gradini al termine dei quali c’era uno spazietto di cinque metri quadri con doppio lavandino e branda - ha profittato di un momento di distrazione del suo carceriere ed è corsa a perdifiato da una vecchietta vicina di casa, chiedendo aiuto. Lui, constatato che lei era fuggita, è andato a buttarsi sotto il treno. Lei – che non si è fatta fotografare e ha chiesto che non le si facciano domande – non vuole vedere i genitori, soprattutto non vuole vedere la madre che, intanto, se n’è andata in vacanza in Ungheria. Al padre ha detto: "Verrà il momento e parleremo". Vuole scappare a Londra ed essere dimenticata. Naturalmente tra la bambina diventata donna mentre era sotto sequestro e l’uomo che l’ha rapita – di nome Wolfgang Priklopil, 36 anni – è nato quel tipo di amore che i medici qualificano come ”sindrome di Stoccolma”: a un certo punto il sequestrato si schiera col suo sequestratore, se ne fa schiavo, lo adora. Il suicidio di lui complicherà le cose, caricandola perfino di un senso di colpa. In questi otto anni Natascha ha tenuto un diario. Centinaia di pagine. Gli editori di tutto il mondo se lo stanno contendendo a suon di milioni.

Unabomber La polizia sarebbe sulle tracce di Unabomber, grazie a un paio di forbici usate per confezionare un ordigno posto poi sotto la sella di una bicicletta e rimasto inesploso. Il sospettato – di cui non si sa ancora il nome – nega tutto.
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