Varie, 1 settembre 2006
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Luckett LeToya
• Houston (Stati Uniti) 11 marzo 1981. Cantante • «Quando si dice il destino. Cacciata con ignominia dalla finestra dello show-business americano ([...] fu ”espulsa” dal gruppo delle Destiny’s Child), LeToya Luckett è rientrata dalla porta principale, quella delle classifiche. Il suo primo e omonimo album da solista, infatti, è subito balzato al primo posto della classifica di Billboard, con 165mila copie vendute. Lei si gode la rivincita, sorseggiandola con understatement: ”Nessuna rivalsa e con Beyoncé non ci sono screzi, ci parliamo ancora. stata una benedizione per me far parte del suo gruppo”. Eppure, vociferano i maligni beninformati, sembra che fu proprio la Venere nera (anche qui, un nome e un destino) a volere LeToya fuori dal gruppo. Usando le sue indubbie ”maniglie” - Beyoncé è figlia del manager delle Destiny’s Child - la accusò di ”essere stonata” e riuscì a farla cacciare. La vicenda finì in mano agli avvocati, la Luckett provò prima a farsi una sua nuova band, poi aprì un negozio di abbigliamento a Los Angeles. E si mise sulla riva del fiume, aspettando che il cadavere (attenzione: metaforico) della sua rivale passasse. ”In realtà - confessa lei - avevo bisogno di riflettere e di prendermi tutto il tempo necessario per incidere il mio disco. Non m’interessava correre e, soprattutto, non volevo fallire”. Missione compiuta. Grazie anche a un lancio del suo LeToya studiato nei minimi dettagli: all’uscita dell’album lei ha ben pensato di unire un programma in onda sul canale tv Bet (Black entertainment television), una sorta di cult per i neri d’America. Il risultato è scolpito sulle colonne di Billboard. E sta facendo di lei un’eroina, non solo per la comunità afroamericana, ma per tutti coloro che, indifferentemente dal colore della pelle, credono che non bisogna arrendersi mai. ” proprio questo che mi fa godere di più, volevo che il pubblico potesse ascoltare ancora la mia voce. Ce l’ho fatta. E volevo, scusate l’immodestia, lanciare un messaggio: non mollate mai, anche quando c’è qualcuno che vi mette i bastoni fra le ruote e cerca di indirizzare il vostro destino”. Rieccolo, il destino. D’altronde, senza le Destiny’s Child e le successive disavventure, non ci sarebbe probabilmente neppure una LeToya Luckett cantante di cui parlare. Per la ragazzina nata a Houston (Texas) [...] l’incontro con Beyoncé Knowles, LaTavia Roberson e la cuginetta di Beyoncé, ovvero Kelendria ”Kelly” Rowland, fu come toccare il cielo con un dito: appena dodicenne, poteva già andare in giro e vantarsi di essere una mini- popstar. Non che le sue compagne d’avventura fossero delle scafate vegliarde. Tanto per dire, Beyoncé e LaTavia avevano solo nove anni quando fondarono le Destiny’s Child nel 1990. Il quartetto di bimbe in breve si fece largo sulla scena musicale e più ancora dello show business. All’inizio del 1998 arrivò il loro primo album, Destiny’s Child, con la collaborazione, tra gli altri, di Wyclef Jean. L’ex Fugees è la mente che sta dietro il singolo No No No, che vendette milioni di copie, raggiunse le vette delle classifiche R&B, mentre l’album si aggiudicò il disco di platino. Ma è con un altro singolo, Say My Name, che il gruppo diventò un fenomeno planetario. Il pezzo vendette più di 9 milioni di copie, diventò la ”hit più hot” dell’anno 2000 e si aggiudicò l’Mtv Video Music Awards nella categoria Best R&B Video. Ed è proprio a quel punto che cominciarono i guai. LeToya e La-Tavia accusarono il manager del gruppo, Matthew Knowles (papà di Beyoncé e zio di Kelly), di favorire un po’ troppo le sue parenti. La tensione salì e alla fine le due ”ribelli” se ne andarono. Ancora non lo sapeva, ma per la Luckett fu una fortuna: il destino aveva in serbo per lei un futuro radioso. E tanto per rendere ancora più dolce la faccenda, vale la pena ricordare che lei è la seconda Destiny’s Child (o ex) ad aver raggiunto la posizione numero uno nella classifica di Billboard 200 con un album solista. Indovinate chi fu la prima? Ma ovviamente la sua-fu-leader Beyoncé con il superpremiato Dangerously In Love» (Sandra Cesarale, Maurizio Pluda, ”Corriere della Sera” 31/8/2006).