Il Sole 24 Ore 27/08/2006, pag.17 Orazio Carabini, 27 agosto 2006
Il progresso arrivò in Autostrada. Il Sole 24 Ore 27 agosto 2006. Poco più di otto anni per realizzare 755 chilometri di autostrada che uniscono Milano a Napoli, passando per Bologna, Firenze e Roma
Il progresso arrivò in Autostrada. Il Sole 24 Ore 27 agosto 2006. Poco più di otto anni per realizzare 755 chilometri di autostrada che uniscono Milano a Napoli, passando per Bologna, Firenze e Roma. Un progetto - che oggi probabilmente si impaluderebbe in una melma di pastoie burocratiche di tutti i tipi - consentì, tra il 1956 e il 1964, di collegare il Nord e il Sud d’Italia. Nacque allora l’Autostrada del Sole, così battezzata sulla scia del "Treno del Sole", una linea ferroviaria molto popolare che portava gli emigranti dal Mezzogiorno al triangolo industriale. Erano gli anni del "grande salto in avanti". Quelli in cui, dopo il periodo della ricostruzione post-bellica, furono create le condizioni per l’industrializzazione del Paese. La Democrazia cristiana teneva saldamente le redini del potere. Il gruppo dei "professorini" della sinistra cattolica, da don Giuseppe Dossetti ad Amintore Fanfani, quelli che avevano studiato Keynes e che volevano riformare il capitalismo italiano, dava la linea. E tra le scelte di politica economica due in particolare lasciarono il segno: la collaborazione pubblico-privato e la motorizzazione di massa. Un’idea del ministro Vanoni Di entrambe offre testimonianza l’Autostrada del Sole, autentica spina dorsale del trasporto su strada italiano. Senza la quale la Vespa e la Seicento non sarebbero potute diventare simboli dell’identità italiana. E senza la quale i camion non avrebbero fatto la parte del leone nel trasporto delle merci. Il progetto prese consistenza nel 1953. Era evidente che la rete stradale in esercizio (circa 20mila chilometri di cui il 25% non asfaltate) non poteva sostenere una svolta dell’economia. Di autostrade ne esistevano solo cinque: la Milano-Laghi, la Milano-Torino, la Milano-Brescia, la Firenze-Mare e l’autocamionale Genova-Serravalle. Fu il ministro delle Finanze di allora, Ezio Vanoni, a incaricare Marcello Boldrini, un docente dell’Università di Roma, e Vittorio Valletta, presidente della Fiat, di trovare un accordo con i quattro maggiori gruppi industriali per creare una società, la Sviluppo iniziative stradali italiane Spa (Sisi), che predisponesse uno studio di fattibilità. Fiat, Agip, Italcementi e Pirelli "accolsero" il suggerimento e il progetto fu donato allo Stato. Il ministro dei Lavori pubblici Giuseppe Romita portò in Parlamento un piano autostradale che fu rapidamente approvato. Nonostante l’opposizione delle forze di sinistra che avrebbero preferito puntare su un adeguamento delle strade statali e della rete ferroviaria. Dietro le quinte si muovevano altri registi. Spingevano le banche con Raffaele Mattioli ed Enrico Cuccia, la Confindustria di Alberto Costa e di Franco Mattei. La Fiat di Valletta e la Pirelli volevano vendere le auto, e con esse gli pneumatici. I cementieri vedevano con favore una prolungata espansione dell’attività di costruzione. Anche lo Stato-imprenditore era impegnato su molti fronti. L’Agip avrebbe allestito la rete di distribuzione dei carburanti e, nel progetto originario, la ristorazione. L’Iri avrebbe costruito l’infrastruttura e avrebbe gestito, con un’apposita società, la rete autostradale. L’Anas infatti era giudicata inadatta a svolgere quel compito. Serviva uno strumento più flessibile e quello strumento era l’Iri. Che, inoltre, avrebbe prodotto nei suoi centri di Cornigliano e di Taranto l’acciaio da fornire alla Fiat per fare le auto. L’obiettivo di un Paese nuovo "L’Iri e i privati - racconta Franco Viezzoli, manager di lungo corso delle Partecipazioni statali (Iri, Finmeccanica, Enel) che all’epoca era al fianco di Selvino Sernesi, direttore generale dell’Iri - si dividevano i compiti, tutto serviva per fare un Paese nuovo. Ogni settimana Valletta veniva a Roma per incontrare i direttori generali dei ministeri e dell’Iri, e in quelle occasioni nacquero tanti progetti". Ettore Bernabei, che è stato a lungo amministratore delegato e presidente dell’Italstat, la società Iri per il settore delle costruzioni, si spinge oltre: "Senza le Partecipazioni statali l’Autostrada del Sole non si sarebbe mai realizzata. I privati avevano paura ad affrontare progetti così impegnativi". "Le Partecipazioni statali - continua Bernabei, a suo tempo fedelissimo di Fanfani, coinvolto nello scandalo dei "fondi neri Iri" e poi prosciolto - si comportavano come società di diritto privato. La Democrazia cristiana individuò per loro una missione: fornire semilavorati, energia e servizi a basso costo alle aziende private. Così la Finsider produceva acciaio per la Fiat e per altri. L’Agip, alla cui liquidazione fu Dossetti a opporsi, nelle mani di Enrico Mattei procurò petrolio e gas. Poi vennero i servizi telefonici. La motorizzazione popolare e la grande viabilità si inserirono in quel quadro". Come si superarono le difficoltà Le difficoltà non mancarono. Alla vigilia dell’inizio dei lavori, nel 1956, Fedele Cova, anima del progetto e amministratore delegato della Società concessioni e costruzioni autostrade Spa, chiese un incontro a Sernesi. "Dobbiamo partire in fretta ma mi servono 300-350 miliardi da dare in garanzia alle imprese di costruzione", disse Cova con toni allarmati. Sernesi non si scompose e chiamò Imbriani Longo, direttore generale della Bnl, allora banca del Tesoro. "Ci penso io, voi andate avanti", fu la risposta. E la realizzazione dell’Autosole prese il via. Mediobanca e Lehman Brothers nel 1956 organizzarono un viaggio di studio negli Stati Uniti per Cova e altri dirigenti di Autostrade. Al suo ritorno in Italia Cova tentò di imitare in tutto e per tutto il modello delle autostrade a pedaggio statunitensi: dalla segnaletica all’impiego dei guard-rail, dall’eliminazione degli incroci a raso alle tecniche di esazione dei pedaggi, alla manutenzione, al controllo generale attuato tramite un elaboratore centrale Remington-Rand acquistato direttamente negli Usa. Fu decisa anche la costruzione di aree attrezzate per la sosta e il rifornimento, che Cova volle lasciare in concessione alle società petrolifere per evitare un impegno diretto di Autostrade. Altre difficoltà vennero dalle resistenze degli enti locali e dalle pressioni dei politici per "orientare" il percorso. Le prime furono facilmente superate anche perché allora i poteri delle amministrazioni decentrate erano relativamente scarsi. Le seconde furono affrontate con realismo: l’Iri riuscì a evitare le varianti per Siena e Perugia ma nulla potè contro quella di Arezzo, cara a Fanfani. Si narra che l’allora presidente del Consiglio avesse tracciato di suo pugno sulle mappe del progetto una deviazione con la matita rossa che avvicinava il percorso ad Arezzo. "Quattroruote" pubblicò la relativa cartina. La gara treno-auto La stessa rivista nel 1961 organizzò una sfida tra il treno Settebello e un Alfa Romeo Giulietta spider sul percorso Milano-Roma. Sebbene l’Autostrada del Sole fosse ancora incompleta l’auto vinse, tagliando il traguardo di via Veneto in 5 ore e 59 minuti. Il Settebello impiegò 6 ore e 37 minuti. Raccontando l’episodio, il massmediologo Enrico Menduni, che ha scritto per il Mulino il delizioso saggio (purtroppo oggi esaurito) L’Autostrada del Sole, conclude: "Con questa sfida simbolica del 1961, che ebbe larga risonanza, iniziò la parabola discendente del treno. Bloccato nel suo rinnovamento tecnologico, condannato a viaggiare su linee vecchie e scadenti, soffocato dalla burocrazia proprio come le Poste, il servizio ferroviario perdeva clienti e merci. L’aereo attirava una clientela di élite, numericamente modesta, a cui non bastavano le poltrone del Settebello o la Compagnia dei wagon-lits; ma l’Autostrada attirava la mobilità della maggior parte delle merci e di una sempre più diffusa classe media che, rischiando l’incidente o l’ingorgo, preferiva muoversi per conto proprio". Ma l’obiettivo era comunque stato raggiunto. Le "reti del benessere" funzionavano.La televisione, dopo il debutto del 3 gennaio 1954, nel 1957 raggiungeva già il 90% degli italiani. E nel 1964 l’Autostrada del Sole collegava il Nord con il Sud del Paese. "Se i mass media - ha scritto Menduni - favorivano l’unificazione linguistica, la mobilità sulle nuove autostrade agiva come strumento di osmosi fra popolazioni diverse". Il perché dello stop a Napoli Ma perché l’Autosole non raggiunse Reggio Calabria e la Sicilia, insomma il "profondo Sud"? "Prevalse l’idea - risponde Bernabei - che quell’area fosse ancora troppo arretrata per una rapida motorizzazione. Prima si volevano creare dei poli industriali. Fu Fanfani nel 1958, quando arrivò al governo, a lanciare il progetto della Salerno-Reggio Calabria, da costruire come un’autostrada ma senza pedaggio. Ed è stata proprio la mancanza del pedaggio a portare a un rapido degrado". Il taglio della parte bassa dello Stivale non ha impedito all’Autostrada del Sole, ma più in generale al sistema autostradale, di contribuire, secondo il sociologo Giuseppe De Rita, all’apertura sociale del Paese, alla sua "democratizzazione sostanziale". "stato un fattore inatteso ma fortissimo di spinta al protagonismo - ha scritto l’animatore del Censis - che ha portato una moltiplicazione dei soggetti economici e sociali". Orazio Carabini