Hugo Dixon, La Repubblica 29/8/2006, Gianni Zandano, QN 29/8/2006, 29 agosto 2006
La fusione tra Banca Intesa e San Paolo Imi porterà risparmi sui costi per 5 miliardi di euro, mentre gli incrementi dei ricavi potrebbero valere un altro miliardo e mezzo
La fusione tra Banca Intesa e San Paolo Imi porterà risparmi sui costi per 5 miliardi di euro, mentre gli incrementi dei ricavi potrebbero valere un altro miliardo e mezzo. Ma restano molti aspetti nebulosi: la nuova banca avrà una struttura con due consigli di amministrazione e un amministratore delegato unico, Corrado Passera. Poco chiara anche la posizione dei maggiori azionisti, tra cui Banco Santander e il Credit Agricole. I francesi in particolare hanno approvato le grandi linee dell’accordo di fusione ma si sono riservati di dare il parere definitivo sull’operazione vera e propria quando i dettagli saranno messi nero su bianco. L’istituto transalpino vuole qualche concessione, magari la possibilità di mettere le mani su una rete di sportelli in Lombardia, ma questo potrebbe confliggere con gli interessi di altri investitori di Intesa. Altro ostacolo alla fusione sarà l’opposizione politica e sindacale ai tagli necessari per internalizzare le potenziali sinergie da fusione: secondo stime attendibili gli esuberi si collocano in un intervallo tra i 10.000 e i 15.000 posti di lavoro. La necessità di due sedi, una a Torino e una a Milano, sfugge alla comprensione degli stranieri e ha senso soltanto per i torinesi timorosi di vedere consumato un ulteriore scippo a loro danno. E ancora: c’è un potenziale conflitto fra le attività assicurative di asset management delle due banche. Infine il nuovo soggetto bancario possiederà oltre il 44 per cento della Banca d’Italia, un’anomalia tutta italiana che dovrà essere rimossa.