Varie, 28 agosto 2006
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Parronchi Alessandro
• Firenze 26 dicembre 1914, Firenze 6 gennaio 2007. Poeta. « forse l’ultimo dei grandi letterati viventi del ”900. Sicuramente l’ultimo di quella stagione ermetica cui appartengono Luzi, Bo, Bigongiari, Macrì. E lo stesso Montale, che nel marzo del 1927 si trasferisce a Firenze per lavorare alla Bemporad e, due anni dopo, succede a Bonaventura Tecchi alla direzione del Gabinetto Vieusseux. Stagione ermetica, s’è detto. Ma solo come indicazione temporale, perché anche se per decenni s’è insistito ad associare a tutti i costi Parronchi all’ermetismo, in realtà coi letterati legati a Frontespizio e a Campo di Marte il poeta fiorentino ha poco a che fare. Ciò non vuol dire che egli non ne sia un profondo conoscitore. Tant’è che quando Curzio Malaparte vuole dedicare un numero della sua rivista agli ermetici, gli chiede consiglio. Ecco, in proposito, la lettera, inedita: ”Roma, 15 maggio 1943. Caro Parronchi, non hai da suggerirmi un tema, un argomento, un pretesto, per qualche numero di Prospettive? Ne ho in cantiere due, già quasi pronti: Critica della critica e un altro su Nietzsche. Avrei intenzione di metterne insieme uno sull’attuale posizione di alcuni ermetici, e non dei minori, nei confronti dell’ermetismo. Il numero lo vorrei chiamare Macchina indietro. Non già, bada, che io voglia fare, come direttore della rivista, macchina indietro. Anzi, ti dirò che, in generale, io disprezzo chi fa macchina indietro, e non soltanto in letteratura. D’altra parte credo che non si possa andare avanti, un procedere, una sorta di evoluzione sempre e in ogni campo. Nel caso dell’ermetismo, io ignoro, per la mia lunga assenza, che cosa sia successo in questi ultimi anni. Ho l’impressione che ci sia un po’ di pentimento, fra certi ermetici. Un po’ di sbandamento. Posso sbagliarmi, ma credo che si tratti proprio di questo. Pensa che Vigorelli mi scrive per rimproverarmi di avere fatto di Prospettive ”il campo trincerato dell’ermetismo”! Proprio lui! Non amo i campi trincerati di nessun genere: e nel caso dell’ermetismo, il mio torto è di essere rimasto, e di rimanere, fedele a certi amici, a certe posizioni, a certe idee: a certi sentimenti. Ed è poi un torto, o un merito? In ogni modo, caro Parronchi, mi pare che qui sotto ci sia un equivoco da chiarire. Ho scritto a Luzi pregandolo di mettere insieme il numero da chiamarsi Macchina indietro. Tu lo vedi, Luzi? Credi che si possa fare, questo numero? In attesa di una tua risposta (e intanto mandami qualche tuo bel pezzo) ti saluto con affettuosa cordialità. Malaparte”. Probabilmente l’equivoco è nato perché anche Parronchi (così come i poeti ermetici) ha guardato al simbolismo francese e un po’ alle correnti immediatamente precedenti o successive. Un interesse, questo, concretizzatosi nelle traduzioni da Baudelaire, Mallarmé, Rimbaud, Radiguet ed altri. ancora ragazzo, Parronchi, quando la Firenze degli anni Trenta registra discussioni, querelles, incontri-scontri fra gruppi e singole persone. Nel capoluogo toscano, crocevia internazionale, ci sono Vittorini e Quasimodo, Loria e Bonsanti, Andreotti (Libero, s’intende) e De Robertis, Carocci e Bargellini. Montale, per esempio, accetta l’’Antico Fattore” non perché gli interessi il premio, ma per non farlo assegnare a Cardarelli. Ed è sempre Montale che suggerisce a Quasimodo la strada per ottenere il trasferimento da Imperia a Firenze (ingraziarsi Novaro: ”Novaro è un fesso, ma potrebbe aiutare il tuo trasferimento”; ”Lavora l’Eccellenza, per te. un coglione, ma può essere utile”). Luoghi deputati: le redazioni di Solaria, poi di Letteratura ed altre riviste e i caffè ”Giubbe Rosse” e ”Paszkowski”. questa l’atmosfera respirata da Parronchi giovane, che pubblica i primi versi a 24 anni. La sua attività di poeta va di pari passo con la critica d’arte. Brunelleschi, Donatello, Paolo Uccello, Giorgione, Raffaello; ma, soprattutto, Michelangelo del quale diventa specialista come pochi. Autorevoli e famose le sue attribuzioni michelangiolesche: il Crocefisso trovato nell’oratorio di una piccola chiesa a Massa o il San Giovannino del Bargello di Firenze. Sul fronte poetico, invece, Parronchi è un realista, un intimista; una sorta di Morandi della letteratura. Come centinaia di bottiglie di Morandi sono state dipinte nella casa bolognese di via Fondazza, così centinaia di versi di Parronchi sono stati vergati nell’abitazione fiorentina di via Settembrini, la stessa dove il padre si suicidò misteriosamente nel 1929. [...] ”Ho cominciato cantando il Coraggio di vivere (dialettica fra la vita moderna che tutto polverizza e l’esigenza dell’anima, e quindi della poesia, che tutto vuole salvare) – ha detto ”. Quarant’anni dopo ho scritto Paura di vivere: qui tutto è sgomento”» (Sebastiano Grasso, ”Corriere della Sera” 28/8/2006).