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 2006  agosto 24 Giovedì calendario

Veltroni, la gioiosa macchina da scrivere. La Stampa, giovedì 24 agosto Walter Veltroni, come tutti, sotto la doccia canticchia

Veltroni, la gioiosa macchina da scrivere. La Stampa, giovedì 24 agosto Walter Veltroni, come tutti, sotto la doccia canticchia. Spesso canticchia Ivano Fossati, in particolare quella canzone che chiude la prima strofa così: « tempo che sfugge, niente paura / che prima o poi ci riprende / perché c’è tempo, c’è tempo, c’è tempo, c’è tempo / per questo mare infinito di gente». C’è tempo per questo mare infinito di gente e per questo mare infinito di cose. Nessuno può dire che Veltroni si rigiri i pollici. Lui il tempo lo trova per tutto. Lo trovò nell’estate del 2005, Roma sotto la minaccia del terrorismo, la famiglia in villeggiatura, lui nell’ufficio del Campidoglio a guardar giù lo spettacolo diroccato dei Fori. Che fare? Questo è tempo che sfugge. Scrisse un romanzo. Si intitola La scoperta dell’alba, è edito da Rizzoli, costa 16 euro e sarà in libreria mercoledì 30 agosto. Se è una coincidenza, Veltroni dovrà rivedere qualcosa nello staff. Se non lo è, Veltroni si conferma la più geniale belva della politica italiana. Il 30 agosto è il giorno d’inaugurazione della Mostra del Cinema di Venezia, dove già sono furibondi per via della Festa del Cinema, la cui prima edizione è stata fissata per l’autunno a Roma. Si sa delle polemiche. Si sa che, nonostante le rassicurazioni, Roma finirà col fare concorrenza a Venezia. L’uscita del romanzo non ammorbidirà le relazioni anche perché, proprio mercoledì, Veltroni lo presenterà a Milano, alla Festa dell’Unità, fiancheggiato da Sandro Veronesi, vincitore dello Strega, e da Moni Ovadia. Un po’ d’ombra la farà. Ora, casualità sulla data oppure no, bisogna dire che l’Industria Culturale Veltroni è un carrarmato. Questo romanzo d’esordio esce con la segretezza ferrea già vista soltanto per i film di Stanley Kubrick. Veltroni ne parla da mesi. Butta lì una frase e poi si chiude in sé: «Non posso aggiungere altro». Evitò di darlo alle stampe quando era concluso e limato per non sovrapporre l’avventura di narratore a quella di candidato a sindaco. A luglio, intervistato da Grazia, confidò d’averlo pensato perché «non so stare senza far nulla. Ho sempre vissuto di corsa. Convinto che, come mio padre, avrei avuto poco da vivere». Ecco, è tempo che sfugge, ma niente paura, che prima o poi ci riprende. Perché i temi sono sempre un po’ quelli: gli affetti persi, il dolore, la tortura del tempo. Una tortura autentica. Qui, fra esclusive e anteprime, c’è da aspettare, quantomeno l’uscita di Grazia, che nel prossimo numero (il solito, fatidico 30 agosto) pubblicherà un capitolo di La scoperta dell’alba. Nel frattempo tutti si chiedono che diavolo racconti Veltroni nelle 154 pagine impegnate. Qualche copia è già girata. Pochi giorni fa, nell’ozio di una serata montana, un privilegiato ha ragguagliato gli amici su una trama complicatissima. Con un po’ di passione, la si sbroglia verso la fine, quando le cose cominciano qua e là a tornare. Il protagonista si chiama Giovanni Astengo (come il grande urbanista bolognese, e torinese d’adozione: ma pare essere un’altra strana coincidenza). Non lo si intuisce al volo, perché il libro è scritto in prima persona: io, io, io, ogni due righe, io. Alla ricerca del tempo perduto, «io» torna nel casale di campagna dell’infanzia, e lì, per combinazione, trova il pertugio per risalire all’indietro (fra pallottole, rimembranze universitarie e bambini Down) fino alla dolorosa scoperta degli eventi remoti, che hanno a che fare con la morte del padre. Ne sentiremo parlare a lungo, dal momento che Veltroni il tempo lo trova. Il romanzo è d’esordio, ma la bibliografia prende a essere fornita. Il sindaco ha nell’albo d’oro una raccolta di racconti (Senza Patricio), il diario di un viaggio in Africa (Forse Dio è malato), la biografia di un jazzista (Il disco del mondo, vita breve di Luca Flores, musicista), una scelta di scritti di Bob Kennedy (Il sogno spezzato), un’antologia della tv italiana (I programmi che hanno cambiato l’Italia), più opere varie attorno ai mitici anni Sessanta, alla figura di Enrico Berlinguer, alla gioia del cinema. Per cui i meno addentro alle consuetudini di Veltroni continuano a porsi la stessa domanda: ma quanto tempo libero ha? Il sindaco lo fa. Bene o male, ma lo fa. E fa un sacco di extra. Organizza la Festa del Cinema, contatta e porta a Roma musicisti come Peter Gabriel o Jan Garbarek, promuove in Campidoglio i brindisi di compleanno di Michelangelo Antonioni o della Vespa (intesa come moto), legge la Gazzetta dello Sport, si prende cura delle due figlie. Prepara il suo futuro da premier. E poi scrive: durante le vacanze, nella pausa pranzo, di notte. Ecco, dorme pochissimo. Di notte consolida il bagaglio di cinefilo o masterizza i cd per distribuire ai famigli le sue compilation del cuore. Una l’ha pure incisa nel 2004: si chiama Me-We, e nacque da una trasmissione radiofonica (Il sindaco e il dj) condotta con Pierluigi Diaco su Radiodue. Vendette quasi diecimila copie e i proventi andarono in beneficenza. L’Industria Culturale Veltroni, la cui ragione sociale è ancora ignota (far politica per mezzo della cultura? Far cultura per mezzo della politica?), si espande inesorabile. Dopo aver concorso a Venezia con La stella che non c’è, Gianni Amelio comincerà a lavorare al nuovo film, «liberamente ispirato» a Senza Patricio. Anche La stella che non c’è è liberamente ispirato a La dismissione, romanzo di Ermanno Rea. Amelio si ispira e va da tutt’altra parte. Farà così anche con Senza Patricio, ma resta pur sempre una bella medaglia. E poi non è finita qui. Anche Il disco del mondo, vita breve di Luca Flores, musicista diventerà un film. Colpo triplo, perché il libro vendette bene e contribuì a far scoprire a molti i talenti jazzisti del povero Flores. Il regista non è della levatura di Amelio, ma è un emergente, Riccardo Milani, autore fra l’altro di Cefalonia. Il protagonista sarà Kim Rossi Stuart, bravo e con la tollerabile sventura di essere un idolo pop. Per la riduzione di La scoperta dell’alba, un po’ thriller, un po’ storia d’amore, pieno di rabbia e di disagio, sarebbe perfetto Gabriele Muccino. Ma c’è tempo, c’è tempo, c’è tempo. Mattia Feltri