Viviano Domenici, Corriere della Sera 22/8/2006, pagina 22., 22 agosto 2006
Acrobata, esploratore e ballerino: il gigante italiano che scoprì i faraoni. Corriere della Sera, martedì 22 agosto Alto quasi due metri, un fisico statuario, capelli e barba fluenti, occhi azzurri, espressione decisa; e ancora: spirito avventuroso, ballerino nei teatri d’opera, «uomo forte» negli spettacoli di piazza, creatore di macchine idrauliche, archeologo, esploratore, grande viaggiatore pronto a ogni avventura
Acrobata, esploratore e ballerino: il gigante italiano che scoprì i faraoni. Corriere della Sera, martedì 22 agosto Alto quasi due metri, un fisico statuario, capelli e barba fluenti, occhi azzurri, espressione decisa; e ancora: spirito avventuroso, ballerino nei teatri d’opera, «uomo forte» negli spettacoli di piazza, creatore di macchine idrauliche, archeologo, esploratore, grande viaggiatore pronto a ogni avventura. Si chiamava Giovanni Battista Belzoni, nato a Padova nel 1778, e fu lui a disseppellire i faraoni dalle sabbie dell’Egitto e far conoscere all’Europa le meraviglie della civiltà del Nilo. Nonostante la recente ondata di interesse per l’antico Egitto, il nostro protagonista e la sua vita da romanzo sono noti solo a chi si occupa di archeologia egiziana o pochi altri. Giovanni Battista sembrava destinato a fare il barbiere nella bottega di suo padre. Ma lui sognava Roma come un miraggio e dopo una fuga da casa fu il padre a mandarlo a Roma, ma in collegio, affinché studiasse e magari si facesse prete. Nella città dei papi, il giovane si butta davvero sui libri, di idraulica e storia antica soprattutto, ma a diciotto anni si trasferisce a Parigi e avvia un piccolo commercio di immaginette sacre. Da Parigi torna a Padova, riparte per l’Olanda e nel 1803, si stabilisce a Londra dove sposa Sarah Banne, una ragazza scozzese avventurosa come lui. I due fondano una compagnia che si esibisce nei teatri e nelle piazze con spettacoli che vanno dai «quadri» mitologici alle esibizioni di forza, ai giochi d’acqua realizzati con ingegnose macchine che Giovanni Battista mette a punto personalmente. Belzoni diventa celebre come il «Sansone della Patagonia» e si esibisce nella «piramide umana» indossando un’imbragatura di ferro di sessanta chili sulla quale si arrampicano undici persone. il successo e i migliori salotti di Londra se lo contendono: Walter Scott lo definisce «il più bello tra i giganti», Charles Dickens ne apprezza le qualità morali, Lord Byron ne loda l’affabilità e la piacevolezza della conversazione. Nove anni di applausi, ma il padovano non è contento di quella vita e, mentre Napoleone scuote l’Europa, decide di trasferirsi con la moglie a Costantinopoli. Così si imbarca per l’oriente ma durante una sosta a Malta conosce un emissario di Mohammed Alì, pascià d’Egitto, che lo convince ad andare al Cairo per proporre una macchina idraulica adatta all’irrigazione. Belzoni cambia programma e raggiunge Alessandria dove costruisce il prototipo che però non convince il pascià. Sconfitto e deluso deve trovare il modo di sbarcare il lunario. L’occasione gliela offre il console inglese al Cairo che, affascinato dalla personalità dirompente dell’italiano e fiducioso nelle sue capacità organizzative, lo incarica di liberare dalle sabbie un colossale frammento di statua di Memnone (Ramsete II), caricarlo su una chiatta e farlo arrivare ad Alessandria da dove sarebbe stato spedito in Inghilterra. Dieci tonnellate di roccia che fino ad allora nessuno era riuscito neppure a muovere e che invece Belzoni riesce a spostare grazie a un ingegnoso sistema di leve carrucole e paranchi. L’operazione ha successo e oggi il grande frammento fa bella mostra di sé al British Museum. Belzoni inizia una nuova vita. Veste alla turca, indossa un vistoso turbante, impara il turco e il copto, si fa notare per la grande capacità di coinvolgere gli altri nelle sue imprese. Il console inglese gli affida una missione impossibile: liberare dalle sabbie le colossali statue di Ramsete il Grande scolpite nella roccia ad Abu Simbel, per capire se dietro c’è solo roccia oppure un tempio scavato nella montagna. Tra mille difficoltà Belzoni libera la parte alta delle sculture e penetra nel grande ipogeo dipinto, consegnando ai posteri uno dei più straordinari monumenti dell’antico Egitto. Un successo al quale seguiranno, tra tanti altri, la scoperta della tomba del faraone Seti I (la più bella di tutto l’Egitto) e l’individuazione di un passaggio nella piramide di Cheope attraverso il quale raggiunge la cripta reale. il 1819 e Giovanni Battista Belzoni, che ha 43 anni, torna con la moglie in Europa dove realizza due memorabili esposizioni coi materiali riportati dall’Egitto. L’impressione sul pubblico è enorme e il «gigante italiano» diventa uno degli uomini più celebri d’Inghilterra, ma tanta fama suscita invidie e polemiche. Belzoni, disgustato, riparte per l’Africa, con l’intenzione questa volta di esplorare il corso del Niger, ma la morte lo raggiunge in Nigeria, il 3 dicembre del 1823. Viviano Domenici