Marina Verna, La Stampa 22/8/2006, pagina 10., 22 agosto 2006
Nella fabbrica dei falsi, un Van Gogh ogni mezz’ora. La Stampa, martedì 22 agosto Nella mano sinistra Wu Han Wu tiene una minuscola foto con un paesaggio di Caspar David Friedrich
Nella fabbrica dei falsi, un Van Gogh ogni mezz’ora. La Stampa, martedì 22 agosto Nella mano sinistra Wu Han Wu tiene una minuscola foto con un paesaggio di Caspar David Friedrich. Nella destra un pennello, sul tavolo i colori. Mezz’ora di lavoro, e la copia è fatta. La appende a una corda perché asciughi e intanto passa alla successiva. Trenta ne fa, nelle giornate buone. Lavora a cottimo, 30 centesimi a quadro. Quando ci sono grossi ordini, arriva a dipingere mille volte lo stesso motivo. «Prima, quando lavoravo da dipendente - ha raccontato a ”Der Spiegel” - guadagnavo un tanto al giorno. Adesso va molto meglio, nei mesi buoni arrivo a trecento euro, in quelli cattivi mi fermo a cento». Divide con altri cinque una stanza sopra la bottega e fa la vita del bohèmien: si alza a mezzogiorno e va a letto all’alba. E’ contento: «Sono padrone del mio tempo. Copio quello che mi danno da copiare. Se mi dicessero di dipingere quello che voglio, non saprei da dove cominciare». Wu ha solo un diploma di scuola media, ma ha mano e occhio. Vive a Dafen, un sobborgo di Shenzhen - metropoli a Nord di Hongkong, gemellata con Norimberga - insieme ad almeno altri diecimila pittori, che come lui producono in serie copie dozzinali dei grandi capolavori per i mercati americani ed europei. Poi c’è la crema, i diplomati delle Accademie d’arte, che dipingono copie eccelse, fanno pochissimi pezzi ma guadagnano anche mille euro al mese. Stanno tutti pigiati nelle botteghe a destra e sinistra di un’unica strada, al cui imbocco c’è una statua alta un metro: una mano con un pennello che punta al cielo. Da Dafen escono ogni anno cinque milioni di copie, il 60 per cento della produzione mondiale. Un giro d’affari di 28 milioni di euro all’anno. Pioniere del business è Huang Jiang, un sessantenne che fiutò l’affare diciassette anni fa, si impiantò a Shenzhen - allora una terra-di-nessuno solo sabbia e bambù - assunse decine di ragazzi, raccolse commissioni da tutto il mondo e arrivò a guadagnare 200 mila euro l’anno. Di quei tempi gli restano tre busti d’oro che lo ritraggono sempre nella stessa posa e il ricordo di quando la catena Wal-Mart gli commissionò cinquantamila copie in un colpo e lui le consegnò nel giro di un mese e mezzo. Ora gli affari non gli vanno più così bene, i suoi ragazzi si sono messi in proprio e gli fanno concorrenza, vendendo più pezzi e a un prezzo più basso. Il più temibile si chiama Wu Ruiqiu, sforna ogni anno 300 mila dipinti e si è messo in testa di fare «quello che McDonald’s ha fatto con il fastfood»: una catena di montaggio dove ogni pittore-operaio dipinge sempre e solo lo stesso dettaglio. Presto aprirà anche una scuola per giovani talenti, da istruire a modo suo. Il governo cinese è molto fiero di Dafen, che considera «la sua industria culturale». Da poco è stato aperto anche un «Dafen Louvre», una sorta di shopping-mall con il David di Michelangelo all’ingresso, le scale decorate di scene egizie e centinaia di bugigattoli. A Dafen si copia di tutto, dall’«Ultima cena» di Leonardo ai nudi di Egon Schiele. Richiestissimo è l’esangue ritratto di Adele Bloch-Bauer dipinto da Klimt, ma ancora di più lo sono «I girasoli» di Van Gogh: 40 euro nella «Wong Kong Oil Painting & Art Plaza». Per un ordine di cento pezzi - consegna in tre settimane e garanzia della mano di un diplomato dell’Accademia - si scende a 26. Chi si accontenta di una mano meno blasonata, paga solo sei euro e riceve il pacco in una settimana. Spedito in un container insieme ad altre centinaia di scatoloni, dal porto di Hong Kong. Marina Verna