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 2006  maggio 16 Martedì calendario

GIORGIO NAPOLITANO

Indro Montanelli: «A me che gli Interni siano in mano a lui non fa nessuna paura: fossero in mano a Previti mi trasferirei a Lugano». [1]

Nato a Napoli il 29 giugno del 1925, laureato in Giurispridenza come il padre avvocato, talmente simile a Umberto di Savoia da guadagnare il nomignolo di ”Principe Rosso”. [1]

Nel 1945 è alla guida della gioventù comunista napoletana. Eletto deputato nel 1953, entra nella direzione nazionale del Pci nel ’62. Nell’89 è ministro degli Esteri nel governo-ombra del Pci. al Parlamento europeo dal 1989 al 1992, quando diventa presidente della Camera. Nominato da Ciampi senatore a vita nel 2005. Nel 2006 (lo scorso mercoledì) diventa Presidente della Repubblica. [2]

Autore di saggi: Intervista sul Pci, In mezzo al guado, Oltre i vecchi confini, La scelta riformista, Europa e America dopo l’89, Dove va la Repubblica. Con lo pseudonimo di Tommaso Pignatelli ha pubblicato poesie, e la raccolta di sonetti in dialetto napoletano Pe’ cupià ’o chiarfo. Quella che dà il titolo alla raccolta: «Cammùmmera aggubbata / selluzzo pe’ sbariamento, forse / pe’ cupià ’o chiarfo, po piglià pe’ fesso» («Col capo piegato singhiozzo per distrazione, forse per imitare l’acquazzone, per prenderlo in giro»). [3]

Quando gli chiesero il perché dello pseudonimo per le sue poesie rispose: «Perché col mio nome avrebbero dedicato al libro servizi e recensioni, e mi avrebbero dato premi. Senza il mio nome, invece, il libro sta vivendo la sua vera vita, fatta di sensi, di entusiasmi, di interesse vero». [4]

Al mensile Poesia raccontò: «Antonello Trombadori diceva che le mie poesie erano le più anticomuniste che avesse mai letto, Natalia Ginzburg invece le adorava». [1]

Filippo Ceccarelli: «C’erano la mafia, la criminalità, gli sbarchi degli immigrati e questo ministro degli Interni - forse il migliore degli ultimi trent’anni - che di nascosto intrecciava pregevoli versi sulla madre che scendeva dalla Vesuviana con ”una coppia di ciliegie tra i capelli” (’na paréglia e cerase ’ncopp’ e zìrule”), o sul ”sapore dolciastro” di Napoli, sul vecchio Shakespeare; e arrivava a strattonare la morte con parole che mai avrebbe pronunciato davanti ad alcuno: ”Vorrei aprirle le palpebre a quella puttana/ sono stato anni a vegliare/ gli scarti e le sue dimenticanze/ per trarne qualche peccato,/ e, al momento opportuno, metterglielo nel sedere. Diavolo!”». [4]

Esordì come giovane attore, protagonista di Viaggio a Cardiff di William Butler Yeats. Massimo Caprara, che allora voleva fare il regista, lo vide: «Era misurato, forbito, la fronte già ampiamente stempiata». [1]

Eduardo Vittoria, ex docente alla Sapienza: «Ci conoscemmo ragazzi sfollati a Capri, raggiungevamo l’isola dopo le lezioni all’università con le barchette a motore. Belle partite a scopone, anche durante la sua presidenza della Camera». [5]

Primo spettacolo da regista, La casa sull’acqua, cinquant’anni fa, con i bozzetti di Patroni Griffi. [6]

Con gli amici s’incontravano per parlare e recitare in una sala di via Crispi a Napoli, chiamata Teatro degli Illusi. [7]

Il giornalista Antonio Ghirelli: «Come attore era un disastro, freddo, rigido. Per questo mi fido di lui come Presidente della Repubblica, incapace di dire anche la minima bugia». [7]

Massimo Caprara ricorda: «Dicitore con gusto, lo sentii recitare, ritto ed elegante in mezzo al salone a strapiombo sul mare di Mergellina della villa Lucia al Vomero, alcuni versi malinconici». Fino a quando, prosegue il racconto, non venne fermato da «un versaccio sconcio e perentorio» dedicatogli da un pittore comunista. [4]

Pasquale Nonno, giornalista, lo frequentò da giovane: «Mostrava sempre un po’ di distacco dalle cose: prendeva parte, per esempio, alle partite di calcio della squadra del liceo ma senza sporcarsi le scarpe, come fotografo-massaggiatore-giornalista». [8]

Raffaele La Capria: «Facevamo gruppo, ci informavamo di libri e di teatro, frequentavamo teatrini d’avanguardia dove mettevamo in scena piccole opere sperimentali. Parlavamo soprattutto di Pirandello, orchestravamo battaglie tra il vecchio e il nuovo teatro, mettevamo sotto accusa la figura classica del mattatore. Napolitano era già da allora un giovane talmente serio, talmente educato, talmente studioso che, a pensarci bene, non mi sarei stupito se qualcuno mi avesse detto che un giorno sarebbe diventato Presidente della Repubblica». [7]

Si avvicinò al comunismo quando conobbe Salvatore Cacciapuoti, operaio metallurgico che, sopravvissuto a sei anni di carcere sotto il regime fascista, negli anni Quaranta dirigeva i comunisti napoletani a bacchetta. Stella: «Sveglia alle 5, arrivo in federazione alle 7, rigore monacale e spirito organizzativo prussiano». [1]

Giampiero Mughini, giornalista: «Mi raccontò il tempo del referendum monarchia-repubblica, referendum che lui aveva vissuto da giovane dirigente della federazione comunista a Napoli, lì dove i filomonarchici erano orde. Tale era la tensione dello scontro che lui, in federazione, teneva a portata di mano una pistola. Gli diedi il testo dell’intervista da rileggere. Tolse il particolare della pistola, ciò che impoveriva di molto il racconto. Forse in questo aver tolto un particolare bruciante ma talmente vero c’era tutto Napolitano. Auguri, presidente». [9]

Nel 1956 rivolto a un compagno che dissentiva dall’occupazione dell’Ungheria: «Il compagno Giolitti ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, ma io ho quello di aspramente combattere le sue posizioni. L’intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo». [1]

I compagni napoletani per distinguerlo da Giorgio Amendola lo chiamavano ”Giorgio ’o sicco”. L’altro era, naturalmente, ”Giorgio ’o chiatto”. [1]

Con la moglie Clio, avvocato, sono sposati dall’ottobre del 1959. Matrimonio in Campidoglio, testimone Gerardo Chiaromonte. Il viaggio di nozze in treno e corriera a San Gimignano, Siena. I primi anni vissero a Napoli. Lei curava le cause dei braccianti agricoli campani e ricorda con soddisfazione di quando il marito andava a fare i comizi ad Acerra, dove lo additavano: «Vedi, quello è il marito dell’avvocato nostro». Poi nel 1966, quando fu rieletto deputato, tornarono a Roma. La casa, sempre quella da allora, si trova in via dei Serpenti (rione Monti). La lasciarono solo dal ’92 al ’94 per l’appartamento che era stato abitato da Nilde Iotti per tredici anni, a Montecitorio. Ricorda la signora Napolitano: «Arredato in maniera gradevole e femminile, i divani a fiori, però lì alle sette si rimaneva assolutamente soli». [6]

Chi è la moglie. Clio Bittoni, figlia di Diva Campanella e Amleto Bittoni, che la concepirono quand’erano confinati a Ponza. Lì conobbero un compagno greco che aveva una figlia di nome Clio: il nome, in quanto laico, piacque e lo scelsero per la loro bambina. I nonni la battezzarono di nascosto e la chiamarono Maria. Dopo la Liberazione la madre la portava in sezione per infinite discussioni sul voto alle donne: «Mi annoiavo moltissimo e spesso mi facevo delle dormitine». Di professione avvocato, è stata per anni libera professionista, poi è passata alla Lega delle cooperative, ufficio legislativo. Lasciò quel lavoro nel 1992, quando il marito fu eletto presidente della Camera: «Non mi sembrava il caso di continuare, visto che io, nel mio ruolo professionale, avevo come interlocutori i presidenti delle commissioni parlamentari». Ha seguito lo spoglio del voto mentre sbrigava le faccende domestiche. [10]

Non fanno vita mondana. L’unico salotto che frequentano è quello di Chicca Monicelli, in via di Ripetta, dove si possono incontrare anche Franco Azeglio Ciampi e consorte, Rodotà e Amato, Anna Serafini, Tommaso Padoa Schioppa. [7]

Ancora Massimo Caprara: «Al di fuori delle riunioni ufficiali tutto tra noi si riduceva a qualche battuta cordiale, amichevole, in ascensore, visto che abitavamo a Napoli nella stessa casa, lui al quinto con terrazzo, io al terzo coi balconi. Mai uno slancio ma neppure un alterco, soltanto un contrasto sordo ed opaco che aveva inizio e fine nella ristretta segreteria federale e che, fuori, si allungava nella freddezza tra le mogli: lui amendoliano, ossia migliorista, io ingraiano, ossia utopista, lui partito, io masse». Il ricordo della rottura: «Nel novembre 1969 presentai a lui la lettera di aperta solidarietà con il Manifesto, del quale fui uno dei cinque fondatori. Aprì la lettera dinanzi a me, la scorse attentamente senza emozione. Girò automaticamente i tacchi e mi abbandonò in un angolo del transatlantico della Camera. Andò da Longo e gliela consegnò. Non fece un gesto, non mi lanciò un’occhiata. Consapevole d’essere il messaggero del mio allontanamento dal partito nostro, suo e mio, per circa un trentennio, non mi dedicò più attenzione e io non seppi mai se il suo comportamento fosse di soddisfazione o di imbarazzo». [1]

«Giorgino, ti manca la grinta» (Amendola a Napolitano, prima di scegliere Berlinguer come vicesegretario del Pci). [11]

Piero Borghini, ex dirigente del Pci poi assessore regionale nella giunta di Formigoni: «Napoleone Colajanni era molto più brillante e coraggioso. Più che il coraggio, però, a Napolitano forse è mancato il pathos. Ciò che mi ha sempre colpito nella sua storia, è che pare non ci sia mai stato un momento traumatico di verità. Tutto è spiegato, storicizzato, smussato. Amendola e Colajanni davano battaglia, lui ha sempre fatto le scarpe alle mosche. Ha sempre capito un sacco di cose prima. Ma non ce le ha dette». [8]

Giancarlo Perna scrisse degli scontri tra Colajanni e Napolitano. Che una volta liquidò una polemica dicendo: «Napoleone è un cane sciolto». L’altro rispose: «Io sarò un cane sciolto, ma lui è un cane da grembo». [8]

Valentino Parlato, giornalista: «Il coraggio? Magari non l’ha avuto negli scontri immediati. Ma nella tenuta complessiva della sua storia politica, invece, sì». [5]

Pietrangelo Buttafuoco: «All’undicesimo congresso il Migliore era scomparso, Ingrao si faceva sotto da sinistra. Luigi Longo aprì la gabbia, uscì un leone: era Napolitano, l’amendoliano. Zampate e morsi che il vecchio Pietro ancora si ricuce». [12]

Massimo Caprara: «I suoi ruggiti somigliano, quasi sempre, a dei belati». [13]

«Lui non è più comunista da tempo, mentre io lo sono ancora» (Pietro Ingrao). [14]

Achille Occhetto: «Senza la svolta della Bolognina non ci sarebbero ex comunisti in giro... Napolitano è un degno rappresentante per il nostro Paese, un presidente garante, come tradizione». [2]

Il termine migliorista spiegato dal filosofo Salvatore Veca: «Come estrema sintesi, il ragionamento del migliorista è questo: è utopico pensare a modelli di società diversa, miglioriamo piuttosto quella che abbiamo». [3]

Luigi Pintor nel 1983 sull’Espresso: «Un uomo di marmo, anzi di porcellana, materia apprezzata ma fredda e superflua come una tazza di the: l’amaro the del generale Yen che circola abbondante nel sangue del Pci». [8]

Onorificenze ricevute: Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica, Grand Cruz de la Orden de Isabel la Catolica (Spagna), Grand Cordon of the Order of the Rising Sun (Giappone). [1]

Sue frasi: «Sono un comunista italiano da 45 anni, ma quando partirà il nuovo partito, sarò un democratico di sinistra» (1991, alla vigilia del congresso in cui nacque il Pds); «Mettere quasi sotto accusa la cultura laica è una cosa che non condivido. La solidarietà è anche un valore della sinistra» (2000, alla vigilia dell’apertura dell’Anno Santo); «I Ds come tutte le forze socialiste e riformiste europee hanno il dovere di reagire fermamente all’antiamericanismo» (2003, in occasione delle manifestazioni contro la guerra in Iraq). [15]

La moglie Clio Bittoni: « molto pignolo, si irrita quando vede delle sciatterie. Gli errori quando uno parla: comincia a dire ”mica si dice così, mica si pronuncia così”. Questa è una cosa che mi fa arrabbiare moltissimo. Lui mi ritiene molto aggressiva perché io perdo subito le staffe, a me piace litigare, mi piace alzare la voce, invece Giorgio è sempre uno che ragiona. Quando lavora in casa ascolta la musica ad alto volume». [6]

Per l’eleganza, la moderazione e la compostezza viene chiamato Lord Carrington. [1]

Eduardo Vittoria: «L’uomo ha stile. Sa muoversi, parlare, vestirsi come si deve». [5]

Quando era ministro degli Interni, la signora Napolitano portava la spazzatura nei cassonetti nascondendola nei sacchetti delle boutique. Altrimenti le sarebbe parso «indecoroso». [5]

Denis Healy, dirigente laburista: «Napolitano è la migliore imitazione di un banchiere della city che io conosca». [8] .

Rosario Villari, storico: «Giorgio Napolitano è forse l’uomo più puntuale, più preciso, più preparato che io abbia mai conosciuto. Mai visto dimenticare un particolare, un appuntamento, una data. Come amico è lealissimo. Io in qualche momento, anche di scelte familiari, ho attinto alla sua saggezza. Io impulsivo, lui pacato, equilibrato». [5]

Filippo Ceccarelli: « di gran lunga il più straordinario e pignolo autore di lettere e comunicati di smentita, rettifica, chiarimento e precisazione». [1]

Massimo D’Alema: « entrato in conclave da cardinale, ne uscirà papa». [16]

Giuseppe Leoni, architetto e fondatore della Lega con Umberto Bossi: «Quello lì, Napolitano, nel ’96 ci ha mandato la polizia nella sede di via Bellerio, a prenderci a manganellate». [17]

Simpatizza tiepidamente per il Napoli: « finita la Napoli dei luoghi comuni, vedo tanta serenità in questo stadio» disse il 10 maggio 1987, giorno del primo scudetto di Maradona & C. Il figlio Giulio, laureato in Giurisprudenza e membro della Camera di Conciliazione e Arbitrato del Coni (la ”Cassazione” della giustizia sportiva), è invece un gran tifoso della Lazio. Ottaviano Del Turco (governatore della Regione Abruzzo): «L’ho imparato ad apprezzare proprio sugli spalti prima che diventasse ministro dell’Interno. Era facile vederlo nella tribuna d’onore laterale destra o sinistra. Non andava fra i vip. Non si scomponeva mai. Qualche volta, quando la Lazio prendeva un gol, si dispiaceva per il figlio». [18]

Emilio Colombo, senatore a vita: «Un cosacco al Quirinale, va dicendo qualche cretino. E io non conosco comunisti meno comunisti di Napolitano e democratici più democratici di lui». [19]

Lucio Branto, lettore della Repubblica, scrive al giornale: «Una sera d’autunno, in una via di Roma, eravamo in diverse persone ad attendere l’autobus che ci avrebbe portato a casa per la cena. Salimmo stipati. Confusa tra quella gente notai la presenza di Giorgio Napolitano. In piedi anche lui (alla sua età), con la sua borsa in mano». [15]

Miriam Mafai, giornalista: «Martedì pomeriggio, entrando nell’aula di Montecitorio, Giorgio Napolitano ha saggiato con il piede il tappeto rosso e sorridendo ha commentato: ”Mi hanno detto che c’è una botola”. La botola non c’era, naturalmente. Ma se ci fosse stata egli sarebbe certamente riuscito ad evitarla andando avanti per la sua strada. Giorgio Napolitano è fatto così: è insieme cauto e coraggioso, prudente e determinato. Utilizzando ambedue questi registri, ricorrendo di volta in volta alla cautela o al coraggio, alla prudenza o alla determinazione, egli è riuscito, nel corso della sua lunghissima vita politica, a tener sempre ferma la barra delle proprie convinzioni e scelte politiche, anche quando nel suo partito erano contestate e, spesso, irrise. Apparentemente freddo, distaccato, è invece uomo di tenaci passioni e profondi convincimenti. Ignora la demagogia, nel lavoro è preciso fino alla pignoleria, ama i ragionamenti chiari, i documenti (anche in inglese) pieni di cifre. paziente: quando viene sconfitto (e gli è accaduto spesso nel suo partito) sa aspettare, senza tuttavia organizzare (e gli è stato spesso rimproverato dai suoi) cordate o correnti». [20]

«Io sono atarassico» (Napolitano durante lo spoglio). [2]

«Siamo orgogliosi dell’elezione di Giorgio Napolitano. Il senatore a vita era uno studente modello» (Daria Zangirolami, preside del liceo Tito Livio di Padova dove il giovane Napolitano, sfollato da Napoli, si diplomò a pieni voti nell’anno scolastico 1941-1942). [2]

Sberleffo apparso sul settimanale Tango: « gradito agli intellettuali modernisti, alla Nato, a Veca, al Psi, agli imprenditori liberal, a Scalfari: se piacesse anche ai comunisti sarebbe segretario da un pezzo». [8]
a cura di Daria Egidi


NOTE: [1] Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 8/5; [2] Corriere della Sera 11/5; [3] Mattias Mainiero Libero 9/5; [4] Filippo Ceccarelli, la Repubblica 10/5; [5] Paolo Conti, Corriere della Sera 10/5; [6] Carmelo Lopapa, la Repubblica 9/5; [7] La Stampa 10/5; [8] Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 11/5; [9] Il Foglio 11/5; [10] Maria Corbi, La Stampa 10/5; [11] Fabrizio Rondolino, La Stampa 11/5; [12] Pietrangelo Buttafuoco, Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini; [13] Pietro Mancini, il Giornale 9/5; [14] Riccardo Barenghi, La Stampa 11/5; [15] la Repubblica 11/5); [16] Libero 9/5; [17] Giovanni Cerruti, La Stampa 10/5; [18] Gianni Bondini, Valerio Piccioni, La Gazzetta dello Sport 11/5; [19] Federico Geremicca, La Stampa 11/5; [20] Miriam Mafai, la Repubblica 11/5.