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 2006  maggio 04 Giovedì calendario

Presidenza della Camera: Ingrao, Iotti, Bertinotti. Corriere della Sera 4 maggio 2006. Dopo l’elezione di Fausto Bertinotti a presidente della Camera dei Deputati si sono alzate le grida di alcuni uomini politici: «Un comunista presidente della Camera non si è mai visto in un paese occidentale!»

Presidenza della Camera: Ingrao, Iotti, Bertinotti. Corriere della Sera 4 maggio 2006. Dopo l’elezione di Fausto Bertinotti a presidente della Camera dei Deputati si sono alzate le grida di alcuni uomini politici: «Un comunista presidente della Camera non si è mai visto in un paese occidentale!». Sono gli stessi uomini politici che fanno a gara nel definirsi legittimi eredi di quella Dc che con i voti dei suoi rappresentanti contribuì in maniera determinante a eleggere presidenti della Camera Nilde Jotti e Pietro Ingrao, due autorevoli rappresentanti del Partito comunista italiano che non aveva ancora consumato del tutto lo strappo con l’ Urss. Un Paese che perde la propria memoria storica non ha un futuro, viene annegato in un presente che divora tutto e tutti in uno scenario dove si fanno sempre più strada coloro che strillano e minacciano dai piccoli schermi. Milano Caro Todisco, è certamente vero che la Camera dei deputati ebbe almeno due presidenti comunisti (il terzo, Giorgio Napolitano, presidente dal 1992 al 1994, apparteneva ormai al partito dei Democratici di sinistra). Il primo, Pietro Ingrao, fu eletto il 5 luglio 1976, dopo le elezioni del giugno, e conservò la carica sino alla fine della legislatura. Il secondo, Nilde Jotti, succedette a Ingrao e fu presidente sino alle elezioni del 1992. Considerare una assoluta novità l’ elezione alla presidenza della Camera di Fausto Bertinotti (un uomo politico, tra l’ altro, che non proviene dalla tradizione comunista) è quindi certamente sbagliato. Ma i confronti storici sono spesso ingannevoli. Ingrao ebbe la presidenza della Camera quando il Pci di Enrico Berlinguer e la Dc di Aldo Moro decisero di sperimentare quello che venne chiamato in quegli anni un «compromesso storico». Il partito comunista avrebbe sostenuto dall’ esterno il governo Andreotti, ma non ne avrebbe fatto parte, almeno per il momento. La Dc avrebbe continuato ad assumere la responsabilità del governo, ma sulla base di un programma concordato e avrebbe dato ai comunisti, in pegno, la presidenza della Camera. Non si trattò di un semplice omaggio formale. Per assicurare ai comunisti un ruolo decisivo nelle commissioni parlamentari, fu deciso di modificare i regolamenti della Camera. I comunisti non governavano, ma avevano, come avrebbe detto Pietro Nenni, un dito sui bottoni e poterono da quel momento condizionare dal Parlamento l’ opera del governo. L’ esperimento si concluse nel 1979 e l’ Italia, grazie al governo Cossiga, poté aderire all’ iniziativa della Nato per l’ installazione di missili americani in alcuni Paesi europei. Ma la democrazia consociativa continuò in forma più «soffice» sino all’ inizio degli anni Novanta e permise a Nilde Jotti di conservare l’ incarico. Oggi la situazione è alquanto diversa. Alla presidenza della Camera Bertinotti non vigila dall’ esterno sull’ opera del governo, non è il partner di un compromesso storico e di una anomala spartizione del potere. il leader di un partito che ha firmato il programma comune del centrosinistra e che avrà i suoi rappresentanti nel ministero di Romano Prodi. E nessuno può ignorare che la presidenza della Camera a Bertinotti è il suggello di una intesa con cui Romano Prodi spera di evitare la ripetizione di quanto accadde nel 1998 allorché Rifondazione smise di appoggiare dall’ esterno il suo governo e ne provocò la caduta. Siamo quindi di fronte a una situazione nuova: i comunisti al governo. Non ho mai pensato che questo rappresenti una minaccia per la democrazia italiana. Ma non posso negare ad altri il diritto di pensarlo. Sergio Romano