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 2006  aprile 20 Giovedì calendario

Lattanzi: "Le mie scarpe? Sono come le Rolls Royce". Il Sole-24 Ore, 20/4/2006 La parola che meglio descrive Silvano Lattanzi e il suo lavoro di artigiano calzolaio è silenzio

Lattanzi: "Le mie scarpe? Sono come le Rolls Royce". Il Sole-24 Ore, 20/4/2006 La parola che meglio descrive Silvano Lattanzi e il suo lavoro di artigiano calzolaio è silenzio. Il laboratorio di 2.500 metri quadrati in cui lavora con 30 artigiani si trova in una zona industriale delle Marche, affollata di mobilifici e aziende calzaturiere di piccole e medie dimensioni. Sulla strada principale il traffico è intenso, il rumore anche. Ma il laboratorio è in cima a una stradina secondaria, via Mostrapiedi: una volta arrivati i rumori non si sentono più e si è circondati da colline che sembrano uscite da un quadro di Tullio Pericoli, l’artista marchigiano che al suo paesaggio natale ha di recente dedicato una bellissima serie di acquerelli. Silenzioso è anche il laboratorio, perché non ci sono macchine: i taglierini incidono la pelle senza far rumore, lo stesso vale per gli aghi quando attraversano le sagome intagliate nei vari pellami. La Zintala srl, fondata da Silvano Lattanzi nel 1971, produce scarpe in pelle da uomo e da donna fatte a mano che costano dai 5mila ai 35mila euro, a seconda del tipo di pelle e delle lavorazioni. Uno dei tratti distintivi di Zintala è il "guardolo", una sottile striscia di cuoio morbido solcato da piccole tacche regolari a cui corrispondono i punti della cucitura, applicata a mano tutto intorno alla scarpa: per il conte Nuvoletti le calzature col guardolo sono l’equivalente, nel mondo delle scarpe, delle Rolls Royce. Un’altra lavorazione affascinante uella "di fossa": le scarpe vengono invecchiate sotto terra come un sapido formaggio toscano. "Le Marche sono casa mia e se posso ci torno sempre a dormire - dice Silvano Lattanzi -. Ma la cosa peggiore che può capitare a un imprenditore di queste parti estare un provinciale. Io ho cercato per tutta la vita di guardare oltre queste belle colline e oggi mi sento a mio agio ovunque". Lattanzi è nato a Casette d’Ete (Ascoli Piceno) nel 1950, ha iniziato a lavorare come apprendista calzolaio a 11 anni e da allora non ha mai smesso di "usare le mani", i suoi "strumenti più preziosi". Di strada ne ha fatta tanta: nel 2005 i ricavi di Zintala hanno raggiunto i 5 milioni di euro, in crescita del 20% rispetto al 2004, e qualche giorno fa l’azienda ha annunciato l’acquisizione della Calzoleria Gatto di Roma, altro "atelier" della scarpa artigianale, per 4 milioni di euro. I 30 artigiani di Lattanzi ("che pago il doppio rispetto alle altre aziende") creano (guai a usare il verbo produrre!) 15 paia di scarpe al giorno, per un totale di circa 4mila all’anno, che ora si sommeranno alla 350 circa di Gatto. Lattanzi ha due negozi a Milano, uno a Roma e uno a New York e vende a selezionate boutique sparse per il mondo e ai suoi clienti privati, quelli che a volte vanno fino nelle Marche per scegliere la pelle, il modello e magari verificare che le misure del piede non siano leggermente cambiate. Le scarpe di Silvano Lattanzi sono ai piedi degli uomini più ricchi e famosi del pianeta: "Prendo personalmente le misure (sette in tutto) a molti dei miei clienti. Dopo 30 giorni le scarpe sono pronte per essere provate, poi, mediamente, ci vogliono altri 60 giorni per fare le modifiche necessarie e ultimare la lucidatura. Dal momento della consegna e per tutta la vita garantiamo la manutenzione e le eventuali riparazioni". Indro Montanelli invitava i giornalisti a non darsi troppa importanza: dopo 24 ore dalla pubblicazione i quotidiani servono a incartare il pesce. Lattanzi ha trovato un modo decisamente più nobile per riutilizzare i giornali: piega e ripiega le pagine fino a farne striscioline di circa 2 centimetri di larghezza, che poi usa per prendere le sette misure del piede: "Un antico metodo che continuo a preferire al metro". Della recente acquisizione dice: "Non ho comprato la Gatto per smania di crescere e i due marchi resteranno separati. L’ho fatto perché vedevo grandi analogie tra i nostri modi di lavorare e per evitare che un gioiello della tradizione artigianale italiana finisse in mani straniere. Mi amareggia vedere lo scarso attaccamento che l’Italia dimostra per i suoi tesori - dice Lattanzi con la cadenza tipica della Marche, terra di confine tra nord e sud del Paese, forse per questo così affascinante -. L’artigianato è uno di questi, ma spesso si è più apprezzati all’estero. Esporto l’80% delle mie scarpe e quando vado in Giappone, ad esempio, dove ho molti clienti affezionati, organizzo incontri con giovani calzolai locali, che vogliono imparare e migliorarsi. Da noi invece è difficile trovare giovani che amino questo mestiere o comprendano quante soddisfazioni, anche economiche, possa dare". "Se i miei figli non vorranno rilevare e continuare in prima persona questa attività, prima di morire vorrei che fosse tutto distrutto - dice Lattanzi, anche se è difficile credere che riuscirebbe davvero a fare una cosa simile -. L’ultima cosa che desidero è vendere a qualcuno, perché l’anima di questa calzoleria e l’anima delle scarpe andrebbe perduta". Lattanzi ha un figlio di 25 anni, Paolo, che sembra voler seguire le orme del padre: "Ho fatto molti sacrifici e vedo che li sta facendo anche mio figlio. Vedendolo crescere, con quelle sue mani magre e affusolate, non ero certo che avrebbe voluto fare questo mestiere. Invece sta imparando, dal migliore dei miei artigiani. Vedo anche in lui la passione e spero, forse un po’ egoisticamente, che non cambi idea". Giulia Crivelli