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 2006  maggio 03 Mercoledì calendario

Siamo maschi niente medici per favore. Tutto Scienze e Tecnologia La Stampa 3 maggio 2006. Il dottor C

Siamo maschi niente medici per favore. Tutto Scienze e Tecnologia La Stampa 3 maggio 2006. Il dottor C.N., primario di oncologia, ha dedicato la vita alla diagnosi e alla cura del cancro alla mammella. Sono centinaia e centinaia le donne operate e curate da lui. La maggior parte di queste pazienti si sono salvate e molte di loro godono di ottima salute. C.N. invece è morto qualche mese fa all’età di 55 anni per un cancro alla prostata. Quando con molto ritardo C.N. si è finalmente deciso, su insistenza della moglie, a farsi visitare da un collega, le metastasi avevano ormai raggiunto le ossa e non gli restavano che pochi mesi di vita. Eppure i segnali c’erano stati: dolori alla schiena, difficoltà urinarie, impotenza sessuale. Come mai, proprio lui, che ha trascorso una vita tra i malati di cancro, non ha dato peso ai sintomi? Sembra un paradosso. In realtà una spiegazione c’è e ha radici lontane. Gli uomini tendono a sottovalutare i sintomi fisici e a curarsi meno delle donne. Secondo un’indagine epidemiologica condotta negli Usa su 100 mila persone, 297 uomini muoiono ogni anno per disturbi cardiaci contro 197 donne. Analogamente, il cancro uccide 238 uomini, su 100 mila ogni anno, contro 163 donne. Dalla stessa indagine è emerso che gli uomini evitano di andare dal medico, quando hanno sintomi minori ma persistenti, in misura tre volte superiore rispetto alle donne. Molti, infine, non vogliono sottoporsi alle analisi di routine, anche quando gli esami sono gratuiti. Come spiegare questa differenza tra i sessi? Le donne hanno forse una maggiore sensibilità al dolore rispetto agli uomini? E’ possibile, ma è soltanto un aspetto della questione. Le donne, in realtà, mostrano maggiore attenzione degli uomini ai segnali che invia l’organismo anche quando non si tratta di sintomi gravi e sono più disposte a sottoporsi agli esami e a seguire le cure. Questa diversa disposizione ad ascoltare il proprio corpo e ad accettare di curarsi può trovare una spiegazione nell’evoluzione che hanno avuto i due sessi nel corso dei millenni, ossia in un una differenza culturale che, proprio perché consolidata nel tempo, è dura a morire. Gli psicologi evoluzionisti Margo Wilson e Martin Daly (della McMaster University, Ontario) suggeriscono un’interpretazione suggestiva. Per millenni - spiegano - c’è stata una rigida divisione dei ruoli tra maschi e femmine: le donne partorivano e si prendevano cura della prole, mentre gli uomini andavano a caccia e si preoccupavano di portare a casa il cibo per la famiglia. Quando una donna si ammalava, restava in casa o nella grotta, aspettando di rimettersi in forze. La maggiore preoccupazione, per un uomo che si ammalava o avvertiva un disagio fisico, era invece quella di procacciarsi del cibo, finché le forze reggevano, per non correre il rischio di rimanere senza scorte, lui e la sua famiglia. Questo tipo di orientamento porta a trascurare o addirittura a negare i segnali di malessere. Inconsciamente noi uomini - spiega Martin Daly - continuiamo a domandarci se abbiamo abbastanza risorse e se abbiamo accumulato cibo sufficiente nel frigo! Un retaggio culturale di cui non ci siamo ancora liberati. Se a ciò si aggiunge che da sempre le donne sono motivate a prestare attenzione ai segni di disagio dei loro bambini, a individuarne le cause e a trovare la cura, il motivo di questa differenza tra i sessi appare ancora più evidente. Quando le condizioni di vita erano molto precarie, i pericoli frequenti e pochi coloro che riuscivano ad invecchiare, un senso di invulnerabilità personale era indispensabile per affrontare i rischi e alimentare il coraggio fisico. I maschi dovevano essere determinati, forzuti, sopportare il dolore con stoicismo, imparare a non lamentarsi fin da bambini. Pensare di poter ammalarsi o essere vulnerabili era un duro colpo all’autostima. Le condizioni di vita sono però mutate: si vive più a lungo e sono sempre più numerose le persone che devono confrontarsi con le malattie della maturità e della terza età. La prevenzione è importante. Ma, se le donne accettano esami di routine come il paptest e la mammografia, gli uomini invece trovano sminuente sottoporsi a checkup periodici come il controllo della pressione, del colesterolo o della funzione della prostata. Stentano a liberarsi di quel bagaglio evolutivo che un tempo aveva un senso e che oggi sta diventando controproducente. Accettare le proprie vulnerabilità non serve solo a prevenire le malattie e a curarsi in tempo, ma consente anche di dare ai figli un giusto orientamento. Le madri portano le figlie dal ginecologo per gli esami, è invece più raro che un padre trasmetta a un figlio il messaggio «puoi chiedere aiuto», «non c’è nulla di male ad occuparsi della propria salute». E così i maschi continuano a vergognarsi delle malattie e a negarle fin che possono. Università La Sapienza - Roma Anna Oliverio Ferraris