QN 20/04/2006, pag.19 Vincent Milani, 20 aprile 2006
Spiccioli di guerra: a 13 anni smonta le auto esplose. QN 20 aprile 2006. Mustafà ha 13 anni ma è già pronto
Spiccioli di guerra: a 13 anni smonta le auto esplose. QN 20 aprile 2006. Mustafà ha 13 anni ma è già pronto. Stà lì, con quattro amici, insieme ai tanti curiosi sulla scena della strage. Segue l’affannarsi dei soccorsi, il via vai delle ambulanze, le mosse imperiose dei marines col grugno duro e il colpo in canna, i passi circospetti dei poliziotti che fanno rilievi. Uno spettacolo quotidiano a Bagdad. Tanto replicato da non fare neppure più notizia, benché i morti ammazzati ogni giorno non siano mai meno di due decine (ieri erano 19). Infatti a Mustafà la scena non interessa affatto. Mustafà, Alì e gli altri sono lì per lavoro. Sono gli onesti spazzini dell’economia di guerra. Raccattano gli spiccioli della morte. Mustafà e i suoi amici aspettano che infermieri, soldati e poliziotti lascino il campo. Ed entrano in scena loro: puntano dritto ai rottami delle auto, quella esplosa per uccidere e quelle fracassate dall’esplosione, bruciacchiate o sporche di sangue innocente. Mustafà, Alì e gli altri smontano tutto quanto sia ancora servibile e vanno a vendere i pezzi in via Sheikh Omar, nel centro di Bagdad, da sempre fiorente mercato dei ricambi usati. «Non siamo i soli, oltre al nostro ci sono altri gruppi. Seguiamo le notizie al telegiornale per arrivare primi sul luogo dell’attentato», spiega Alì, 13 anni , anche lui della squadra (sono cinque) di Mustafà. Il quotidiano panarabo Al Sharq al Awsat riporta le parole di Alì e racconta di questi adolescenti che raccolgono il «sussidio dei morti ai rimasti vivi» e prendono parte al «banchetto degli spiccioli». La vita a Bagdad è fatta di questo. Sangue e spiccioli. I soldi veri del banchetto milionario girano altrove. A Washington, in un’aula di tribunale, l’imprenditore Philip Bloom ha confessato ieri di aver pagato 2 milioni di dollari di mazzette ai militari statunitensi in cambio di 8 milioni e mezzo di dollari di commesse per la "ricostruzione" in Iraq. Ora Bloom rischia 40 anni di galera, 750 mila dollari di multa e 7 milioni da restituire all’amministrazione Bush-Rumsfeld. Per avere gli spiccioli del business di guerra, Mustafà e Alì rischiano solo di morire di fame. O di avere le mani deformate, come quelle che mostra Nadir, che non ha neppure 10 anni e di auto, dice, «ne ho smontate decine». Nella fretta di smontare prima che il relitto venga rimosso, i ragazzi maneggiano metalli ancora roventi o, peggio, contaminati dalle sostanze chimiche dell’esplosivo. Vivere di stenti o morire di bombe. Non hanno molte alternative gli iracheni ormai prigionieri di una dilagante guerra civile. E della "pulizia etnica" in corso tra sunniti e sciiti perfino in piena Bagdad, come riferiva ieri un reportage di Radio Vaticano. Infatti la capitale si sta spopolando e tanti emigrano dal Paese. Secondo un rapporto delle associazioni pacifiste irachene, dall’inzio dell’anno sarebbero morti ammazzati 19.500 iracheni a causa di ben 3.457 atti di violenza. Tra i 19 morti di ieri - uccisi in diversi episodi criminali - ci sono tre studenti universitari. Ma non ci sono i due maestri elementari «decapitati davanti agli alunni in due scuole di Bagdad». La notizia, data da fonti ufficiali irachene, è stata smentita dalle autorità di Bagdad e dal comando Usa. Per diverse ore era sembrata credibile. Perché stupirsi? Vincent Milani