La Repubblica 16/04/2006, pag.45 Filippo Ceccarelli, 16 aprile 2006
Bambini lustrascarpe nella Napoli ferita del ’46. La Repubblica 16 aprile 2006. I bambini-soldato della Sierra Leone; i piccoli cucitori di cuoio del Pakistan; i meninos de rua del Sudamerica
Bambini lustrascarpe nella Napoli ferita del ’46. La Repubblica 16 aprile 2006. I bambini-soldato della Sierra Leone; i piccoli cucitori di cuoio del Pakistan; i meninos de rua del Sudamerica. Ma con quanta fretta si sono dimenticati gli italianissimi sciuscià! Com´è lontana l´Italia del 1946. La fame: «Grave è il problema del pane», annota nei diari di quell´anno il vicepresidente del Consiglio Pietro Nenni, «le scorte si esauriscono e gli alleati non mantengono le loro promesse. Diventerà probabilmente inevitabile ridurre la razione». La violenza: «Schiere di giovani disoccupati», segnalano le relazioni dei prefetti, «avviliti, sovente affamati, errano di villaggio in villaggio, spinti dal bisogno e da un certo gusto dell´avventura, che è anch´essa un postumo della guerra». Incubi, macerie, mortificazioni. A Palazzo Giustiniani, sede provvisoria della Presidenza della Repubblica, Enrico De Nicola si cuoce da solo due uova al tegamino come l´ultimo dei travet. I deputati sono poveri: le 25 mila lire al mese non bastano per le spese di residenza; vogliono la tessera dell´autobus. Però si avverte anche, in giro, la più intensa energia e la più fantastica speranza. Ci sono promettenti giovanotti che sanno accettare con brio i propri limiti: «In Commissione», annota Giulio Andreotti nei suoi quadernetti, «si è parlato a lungo di penicillina, con mia incompetenza totale». E ci sono grandi spiriti di anziani pieni di umiltà: «Sono andato a letto presto», si legge nei diari di Benedetto Croce, «stanco e vergognando per le tante parole che anche oggi mi sono uscite dalle labbra». Le grandi città, scrive Corrado Alvaro, «odorano di benzina e cosmetici». Brulicano di profughi, reduci, sinistrati, epurati, ex prigionieri di guerra, assistiti Eca, falsi partigiani, fascisti nascosti o riconvertiti in affittacamere. Da un rapporto di Pietro Secchia ai segretari di sezione della provincia di Novara: «I sistemi partigiani, i metodi sbrigativi sono una necessità di guerra, ma non vanno bene in tempo di pace. necessario non solo dire di lottare per la democrazia, ma essere veramente democratici. Il mitra è spesso sulla bocca di certi compagni ed è diventato una specie di toccasana, si dice: "Ah! Quei tempi in cui col mitra si risolveva tutto!"». Soltanto a Roma si pubblicano 26 quotidiani e oltre agli sciuscià ci sono 50 mila mendicanti. Le massaie assaltano il mercato nero. Gli avvelenamenti per carne avariata sono quotidiani. Alla ricerca di tesori, la gente scava nelle cantine, butta giù muri, apre perfino le tombe. A Milano, cimitero Musocco, il neofascista Pino Leccisi trafuga il cadavere di Mussolini: «Abbandonai il piccone e mi calai nella fossa. Afferrai i lati del coperchio e con uno strappo lo divelsi. Accesi la torcia dirigendone il fascio luminoso sul fondo della bara. Appariva subito, riconoscibilissima, la testa di Mussolini. Il labbro superiore, leggermente contratto, scopriva i denti in una smorfia che appariva un triste sorriso». Strano paese, davvero. «Ecco, le mie simpatie sono per il comunismo», dice un tale a Leo Longanesi, «i miei interessi mi avvicinano all´Uomo Qualunque, mia moglie va in chiesa e io, in fondo, ho paura di andare all´inferno». In treno Giuseppe Bottai, l´ex gerarca arruolatosi nella Legione straniera, incontra due prigionieri di guerra che stanno per rimpatriare: «Discreti, parlottano tra loro in un cantuccio. "Dunque, si rivà a casa?", faccio. Il più piccolo, un napoletano dal volto verde oliva tutto appassito, sbatte le palpebre nel sole e mormora: "Sì, non pare vero". L´altro, un marchigiano asciutto dalla faccia arguta, rievoca la lunga avventura. La pena trascorsa affiora, pudica. Poi risponde, come a se stesso: "Ma posso dire che sono stato bene, io; è stato bene il corpo"». l´anno della scelta: monarchia o repubblica? Dal diario «americano» di Giuseppe Prezzolini: «Povera Italia! Costretta a scegliere fra una repubblica che nasce dalla paura dei bombardamenti, dalle sconfitte inflitte da truppe polacche, brasiliane e persino negre, ed una monarchia che tradì la Costituzione per il fascismo, ed il fascismo per gli alleati, pensando unicamente a se stessa e alla famiglia Savoia». Dai ricordi di Maria Romana De Gasperi: «A casa il metodo democratico veniva altamente rispettato e noi ragazze usammo ogni arma lecita in questo sistema di battaglia incollando striscioni con scritto "Vota repubblica" in camera della mamma e della zia, monarchiche più per difesa che per convinzione. Mio padre e io votammo per la repubblica, la zia votò per la monarchia mentre la mamma non fece mai capire per chi avesse votato, lasciando a noi repubblicani l´illusione di una maggioranza». Dal proclama di Umberto II: «Con l´animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere ai miei doveri, io lascio la mia patria». Formazione del Torino, risultato primo nel girone conclusivo dei due campionati Alta Italia e Centrosud nella stagione 1945-46: Bacigalupo, Ballarin, Maroso; Castigliano, Rigamonti, Grezar; Ossola, Loik, Gabetto, Mazzola, Ferraris II. pubblicata la poesia di Salvatore Quasimodo: «E come potevamo noi cantare / con il piede straniero sopra il cuore / tra i morti abbandonati nelle piazze / sull´erba dura di ghiaccio, al lamento / d´agnello dei fanciulli, all´urlo nero / della madre che andava incontro al figlio / crocifisso sul palo del telegrafo?/ Alle fronde dei salici, per voto, / anche le nostre cetre erano appese, / oscillavano lievi al triste vento». L´Italia agricola. Resoconto di una gita del Governatore della Banca d´Italia Luigi Einaudi: «A Santa Severa. Ci fermiamo un poco nel castello, anzi fuori del castello, sulla spiaggia del mare, poi si va a piedi alla capanna del pastore. Il vergaro ha un grosso gregge di pecore su cui 1.500, divisi in tre gruppi, sono matricine, ed altri 1500 agnelli. Ogni pecora può darsi abbia un valore attuale di circa 7000 lire. Ma ai valori attuali dei prodotti essa frutta: 3,6 kg di lana, 7 kg di formaggio, 5 kg di ricotta ed un abbacchio. Fatto il totale si arriva a più di 7000 lire. Ci accompagna un pastore, affezionatissimo al suo cavallo, montato sul quale egli va a caccia del cinghiale. Nella tenuta non compaiono banditi; se egli ne vede uno da lontano lo affronta senz´altro e gli dice che quella non è la strada». Nell´Italia dell´industria Vittorio Valletta sogna gli orizzonti della Fiat: «In un giro che ho fatto nell´officina ho trovato il nostro lavoratore ottimo, magnifico, bravo. Comprende benissimo la situazione. Questo operaio lo conosco bene, dal 1900 in qua: merita la nostra fiducia, il nostro rispetto. Gli elementi della ripresa ci sono tutti, persino la volontà degli operai». Ancora le ferite della guerra; ancora fresca la vernice di quella scritta su un muro di Roma: «Annatevene via tutti, lassatece piagne da soli». Dal diario di Giovanni Ansaldo: «Pubblicazione integrale del trattato di pace. Durissimo, oltre ogni previsione. Gli inglesi non si sono dimenticati delle ore di batticuore che abbiamo fatto loro passare ad Alamein e altrove (?). Ormai il grande sogno del Risorgimento, il sogno dell´affermazione di grandezza e di potenza, è finito. Non resta che prenderne atto, e regolarsi di conseguenza. L´Italia ritorna alle sue assise consuete, millenarie; ridiventa il Paese del municipalismo, del federalismo, del Papa. Ridiventando, tutta, "Stato del Papa", essa non ha più bisogno né di colonie, né di fortezze; non ha bisogno neppure di diplomazia». Ma dopo tutto la più bella risposta a quell´elegante scetticismo è proprio l´Oscar a Sciuscià. Filippo Ceccarelli