La Repubblica 16/04/2006, pag.43 Giampaolo Visetti, 16 aprile 2006
Un´organizzazione perfetta per asservire un popolo intero. La Repubblica 16 aprile 2006. Mosca. I Gulag sovietici furono la spina dorsale del potere comunista
Un´organizzazione perfetta per asservire un popolo intero. La Repubblica 16 aprile 2006. Mosca. I Gulag sovietici furono la spina dorsale del potere comunista. Sulla repressione e sul terrore Stalin fondò l´economia e la politica dell´Urss. Oltre 20 milioni di persone, tra la fine degli anni Venti e il 1956, vennero rinchiuse nei campi di lavoro attraverso meccanismi di selezione ideati con burocratica perfezione. Circa 12 milioni di prigionieri, accusati di attività antisovietica, morirono a causa di un sistema statale soffocante. Nella repressione, come in un «normale lavoro di ufficio», erano impiegati un milione di lavoratori qualsiasi. La collettivizzazione, il Grande Terrore e le purghe, furono il tragico risultato di un´organizzazione pubblica perfetta. La strage veniva quotidianamente documentata, protocollata e conservata negli archivi come un comune atto di governo. A nessuno, nemmeno dopo la morte di Stalin, venne mai in mente di distruggere le prove del genocidio sovietico. Il Pcus era convinto che il comunismo sarebbe durano in eterno e che ogni abuso sarebbe rimasto impunito. Cancellare le prove dei Gulag, considerata la loro indissolubilità dalla gestione del potere, sarebbe poi equivalso a bruciare l´intero Archivio di Stato. Per questo, a 15 anni dal crollo dell´Unione Sovietica, può ora uscire anche in Italia un´opera come Storia del Gulag. Dalla collettivizzazione al Grande Terrore. Edito da Einaudi, che ne ha acquistato i diritti dall´università di Yale, il libro racconta per la prima volta il decennio peggiore dello stalinismo, tra il 1930 e il 1941, in base ai documenti originali custoditi negli archivi di Stato. L´annientamento secondo gli assassini. «Fino ad oggi», spiega l´autore Oleg Chlevnjuk, storico, già tra i curatori della prima enciclopedia dei Gulag uscita l´anno scorso in Russia, «esistevano raccolte di documenti, o antologie di testimonianze di sopravvissuti. Aleksandr Solgenytsin e Anne Applebaum, per restare a due tra i narratori più grandi dello sterminio sovietico, non hanno potuto accedere agli archivi. Hanno denunciato i Gulag da protagonisti, o come giornalisti e letterati, ma non da storici. Il mio lavoro, 12 anni di studio a partire dal 1991, punta invece a dimostrare l´ufficialità di Stato dell´orrore». Nulla, dell´impressionante racconto, nasce da ricordi soggettivi, o da esperienze personali. La più spietata strage di massa della storia viene narrata attingendo all´ordinarietà delle carte protocollate dai carnefici. Racconto e documenti si alternano, assieme a fotografie e disegni dei prigionieri, affinché il lettore non sia costretto a fidarsi dell´autore. Ed è subito chiaro come il Gulag non fosse solo ciò che si trovava all´interno del filo spinato che isolava le 512 città-prigione sparse in tutta l´Urss, ma un gigantesco sistema di repressione ideato per annullare la volontà di un intero popolo. Durante il Terrore staliniano emerge così che i condannati furono oltre 50 milioni e che solo tra il 1937 e il 1938 vennero fucilate 680 mila persone: 2 mila al giorno, con inflessibile precisione. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale i detenuti nei campi erano un milione e mezzo, quelli nelle colonie penali 429 mila, quelli in carcere 488 mila, quelli al confino nelle «città speciali» quasi 2 milioni. Un condannato ogni due famiglie sovietiche. «Si moriva per caso», spiega Chlevnjuk, «per il furto di un chilo di patate, o perché si aveva uno zio all´estero. O per essersi trovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato». Non tutto, degli archivi russi, è accessibile. I documenti dell´Fsb, i servizi segreti eredi del Kgb e dell´Nkvd, restano in gran parte secretati. Per la prima volta però viene raccontato «dall´interno della macchina dell´orrore» come furono organizzate le repressioni, come funzionavano i lager, con quali sistemi si costringevano persone innocenti a confessare colpe assurde, come si viveva e si moriva in Siberia, in base a che cosa venivano compilate le liste dei «nemici del popolo», perché Stalin ricorse alla schiavitù di massa per dominare una nazione conquistata con una rivoluzione che nel 1917 aveva fatto della giustizia sociale la propria bandiera. Ed emergono le "gare" dei cekisti a ingrossare gli elenchi dei condannati. «I capi dell´Nkvd di Mosca», rivela Chlevnjuk, «distribuivano gli elenchi ai funzionari regionali. C´erano ex soldati zaristi, kulaki (contadini benestanti, ndr), anti-bolscevichi prerivoluzionari, membri di etnie legate a nazioni ostili all´Urss. I servizi segreti locali arrestavano e costringevano la gente a fare i nomi di altri "traditori": parenti, amici, colleghi. La cerchia dei "colpevoli" si allargava all´infinito. I dirigenti, temendo di essere a loro volta uccisi (sorte toccata al capo stesso dell´Nkvd, nel 1938), avevano più possibilità di salvezza quanto maggiore era il numero dei loro arrestati». Gli archivi custodiscono anche le tecniche di retate e di tortura. La polizia, ad esempio, circondava un mercato all´aperto. Venditori e clienti, a caso, finivano in carcere, oppure davanti al plotone d´esecuzione. I primi venivano pestati, o costretti in ginocchio per settimane, o immobilizzati in piedi per giorni, al gelo. Molto usato «l´interrogatorio a catena di montaggio», durante il quale il detenuto doveva rispondere senza poter dormire a giudici che si davano il cambio. Se si sopravviveva, si era pronti a confessare qualsiasi cosa. Da choc le deposizioni inedite raccolte da Chlevnjuk, come le ragioni delle ondate repressive. I documenti di Stato dimostrano che il regime di Stalin, senza schiavi e senza terrore, sarebbe crollato. Gulag e forzati erano essenziali per le opere colossali dell´Urss: canali fluviali e marini, strade e ferrovie, lavoro nelle miniere. La repressione, nel 1938, divenne così la più grande impresa del Paese. I Gulag assorbivano il 10 per cento degli investimenti pubblici, rappresentavano il 5 per cento del Pil, avevano il monopolio dell´estrazione di oro, nichel e carbone, erano leader nella produzione agricola e del legname. «Una risorsa strategica», dice Chlevnjuk, «non solo perché i perseguitati producevano gratuitamente generi strategici: la verità è che il Gulag era il modello economico compiuto della dittatura staliniana». Ma lager e città-prigione non erano solo un´industria di Stato. Furono lo strumento per deportare intere popolazioni, per rendere abitate le zone impossibili della Siberia, per colonizzare l´Asia centrale, per costringere i contadini ad aderire ai kolkhoz, per eliminare tutti i possibili «traditori». Stalin, negli anni Trenta, capiva di essere alla vigilia di un´altra guerra, temeva la Germania nazista. I bolscevichi, nel 1917, avevano approfittato dello sbandamento bellico per rovesciare la monarchia zarista. I Gulag servirono così, con il pretesto di carestia, fame e lavoro, a sterminare i sospettati di simpatie verso democrazie e regimi occidentali. «Ma l´Urss esagerò. La crudeltà di Stalin volta a perpetuare il comunismo», conclude Chlevnjuk, «lo demolì». Una lezione che in Russia, dove la pubblicazione della trilogia sugli «annali del comunismo» continua ad essere rinviata, resta pressoché sconosciuta. «Siamo stati ridotti ad essere un popolo di vittime», recitano le note finali, «ma pure di aguzzini. Per questo rifiutiamo la riflessione sul passato: i brandelli di verità vengono ascoltati con incredibile, e misteriosa, indifferenza». Giampaolo Visetti