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 2006  aprile 09 Domenica calendario

Islam alla veneziana. Il Sole 24 Ore 9 aprile 2006. Le sue opere "danno fuori profilature superbe, quasi congelate

Islam alla veneziana. Il Sole 24 Ore 9 aprile 2006. Le sue opere "danno fuori profilature superbe, quasi congelate... le immagini isolate sono grandi ritratti da paragonare coi cinesi arcaici, coi persiani o con Holbein. Non è dunque un caso che Gentile Bellini, antico pittore orientale, abbia fatto il viaggio a Costantinopoli". Così è se vi pare e così prova la mostra che si tiene nella National Gallery di Londra, dopo un trionfale passaggio a Boston ("Bellini and the East", a cura di Caroline Campbell e Alan Chong, fino al 25 giugno, accompagnata da un piccolo volume così elegantemente composto da far gran piacere a possederlo). L’argomento non è nuovo, anzi, su questo soggiorno turco si sono fatti fin troppi ricami e inoltre, quando si tirano i fili, resta evidente come non tutto sia stato ben collegato. Non sappiamo, ad esempio, se alcuni quadri famosi creduti di Gentile e comunque appartenenti a un gruppo di opere veneziane che descrivono l’Oriente islamico, siano di sua mano. Mi riferisco soprattutto a un dipinto del Louvre, il Ricevimento di un ambasciatore veneziano alle porte di una città musulmana: non solo si tratta di un capolavoro ma di una delle composizioni più incantevoli di tutto il Rinascimento. Nonostante le ricerche si siano susseguite per quasi un secolo è solo da poco che sappiamo come qui vi sia raffigurata Damasco, e lo dimostra inoltre la presenza del l’edificio più celebre di quella città, la moschea degli Omayyadi. L’attribuzione a Gentile, formulata addirittura in una delle fonti della pittura veneziana, La carta del navegar pitoresco di Marco Boschini (del 1660) è stata più volte contestata; si è pensato a Vincenzo Catena, a Benedetto Diana, ma oggi, sempre più prudenti, si tende a lasciare il dipinto nel limbo degli anonimi. Inoltre, a quanto è stato dimostrato da paziente filologia, i costumi e la particolare foggia dei bizzarri turbanti non possono essere che mamelucchi e infatti le insegne iscritte nei cerchi sulle mura sono quelle del sultano Qaytbay. Grande costruttore, ci sono noti alcuni suoi magnifici edifici al Cairo e a Damasco dove regnò nel tardo Quattrocento. Qui, però, siamo proprio a Damasco e la rappresentazione può essere considerata il solo quadro italiano dell’epoca che raffiguri una metropoli levantina. In altre occasioni, lo sappiamo, noti pittori veneziani come Giovanni Mansueti, Vittore Carpaccio e lo stesso Gentile Bellini (aiutato dal fratello Giovanni), hanno rievocato il vicino Oriente: ma si tratta di visioni che non escludono affatto la fantasia. Nella famosa Predica di San Marco ad Alessandria, incontestabilmente dei Bellini, alla Pinacoteca di Brera, l’edificio sul fondo è una immagine letteraria di Santa Sofia, contornata di obelischi, di immense colonne corinzie e di alti edifici degni di una Babele biblica. In questa immensa tela l’esattezza del l’osservazione riguarda soprattutto i costumi, i bei copricapo (più alla turca che alla mamelucca) o gli animali esotici descritti con chiarezza scientifica, come i cammelli e la giraffa che incede pretenziosa di fronte al sagrato della Basilica. Torniamo ora alla tela del Louvre. Anche qui c’è qualche animale non comune in Europa; due cammelli, una scimmia ammaestrata. Abbiamo già accennato come nel fondo, a sinistra, si veda chiaramente la moschea degli Omayyadi e uno dei suoi minareti innalzato nel 1488. Inoltre, la data 1511 è stata letta chiaramente in tempi recenti: quell’anno fu importante per la colonia dei veneziani a Damasco ciò che serve a confermare l’identificazione della città (prima si era pensato al Cairo). Ad alcuni queste precisazioni non sembreranno fondamentali ma esse gettano qualche luce sulle relazioni fra due mondi più vicini e più lontani di quel che usa pensare, chiarendo persino affari politici che qui sarebbe troppo lungo commentare. Dove è stata eseguita quest’opera sorprendente? Probabilmente a Venezia come proverebbe (e l’osservazione non sembri troppo notarile) il fatto che la scritta sulla porta, "Non c’è altro Dio che Allah", sia resa all’inverso. Inoltre, dal punto di vista pittorico e atmosferico, il quadro sembra aprire la via a una concezione del paesaggio che verrà coronata secoli più tardi da un altro veneziano, il Canaletto. Del viaggio di Gentile in Turchia (1479-1481) dove venne appositamente chiamato da Maometto II, si scrive quel che sappiamo senza dimenticare come a Costantinopoli risiedevano molti nobili veneziani: ai tempi della conquista ottomana, ad esempio, se ne contavano una settantina. In seguito non furono pochi i personaggi famosi che vissero a lungo nella città del Turco, come il futuro Doge Andrea Gritti. Nessuno obbiettò sulla notevole fortuna che il Gritti aveva accumulato nei suoi vari soggiorni a Costantinopoli ma non tutti erano soddisfatti che il padre di tre bastardi turchi divenisse il capo della Serenissima Repubblica. Il protagonista della rassegna è Maometto II. Si discute a lungo sulla sua politica culturale, su come egli sapesse installare moschee dove prima erano celebri basiliche cristiane (non solo a Santa Sofia ma anche nella chiesa dei SS Apostoli). Il Sultano era assai curioso di cose occidentali e a quanto pare non disdegnò persino di collezionare reliquie di santi. La sua biblioteca era celeberrima. Fece anche venire nel suo regno noti artisti italiani come Matteo de’ Pasti, inviato dal tiranno di Rimini, Sigismondo Malatesta, nel 1461, o l’ancor misterioso Costanzo da Ferrara. Anzi, di quest’ultimo si è dovuto trattare oggi: non solo perché egli firma una magnifica medaglia del Conquistatore ma anche perché gli è stato attribuito autorevolmente (non convincentemente) un famoso disegno conservato nell’Isabella Stewart Gardner Museum a Boston. Si tratta di un piccolo foglio a penna, inchiostro e acquarello con lumeggiature d’oro, raffigurante uno scriba attento al suo compito. E non sai se ammirare più il profilo delicato o i fiorami sfarzosi della veste. Chi ha trascritto questa immagine poetica ha voluto rendere omaggio alla tradizione pittorica del luogo in cui si trovava. Non lo dico soltanto per la scritta in persiano sulla destra ma per l’impaginato della figura e l’ornato da miniaturista. Costanzo da Ferrara è documentato finora solo come medaglista; Gentile invece è superbo pittore e anche disegnatore di medaglie. Sembra dunque opportuno lasciare sotto il suo nome, come hanno fatto quasi tutti gli studiosi finora, quell’immagine squisita. Alvar Gonzales-Palacios