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 2006  febbraio 05 Domenica calendario

1946, il primo voto. Il Sole 24 Ore 5 febbraio 2006. Sessant’anni fa, nel giugno 1946, nacque la Repubblica italiana e risorse la vita parlamentare con l’Assemblea Costituente

1946, il primo voto. Il Sole 24 Ore 5 febbraio 2006. Sessant’anni fa, nel giugno 1946, nacque la Repubblica italiana e risorse la vita parlamentare con l’Assemblea Costituente. Per la prima volta anche le donne si recarono alle urne così che gli aventi diritto al voto diventarono 28 milioni, una cifra mai raggiunta prima di allora. Le elezioni, soprattutto nelle grandi città, si svolsero con un certo grado di confusione e con code lunghissime davanti ai seggi elettorali. A causa dei venti anni di regime mussoliniano, gli uffici incaricati di organizzare le elezioni si erano disabituati a gestirle. Ai cittadini, inoltre, era stato comunicato che il voto era "obbligatorio". La sanzione consisteva in una nota sul certificato di buona condotta, allora necessario per trovare un lavoro, nella quale sarebbe stato scritto: "questo cittadino non ha votato". Presi dall’ansia di ottemperare all’obbligo molti si presentarono ai seggi fin dalle prime ore del mattino del 2, benché si votasse anche il 3. L’elettore riceveva due schede. Una per il referendum istituzionale, con i simboli di repubblica e monarchia, e una per eleggere i deputati alla Costituente, con i simboli dei partiti e i nomi dei candidati, accanto ai quali apporre la croce per le preferenze. Gli analfabeti erano il 6,9 per cento al Nord e il 24,4 per cento al Sud. Molti entravano in cabina e venivano presi dalle incertezze. Anche lo spoglio delle schede avrebbe richiesto tempi lunghi. Il referendum era stato voluto perché il regime monarchico aveva a lungo collaborato con quello mussoliniano portando l’Italia alla sconfitta, nonché per il fatto che Vittorio Emanuele III, insieme con Badoglio, aveva abbandonato Roma al l’alba del 9 settembre 1943 lasciando le truppe italiane senza ordini precisi. Il re e Badoglio erano convinti di ritornare a Roma dopo pochi giorni, al seguito degli angloamericani, ma si erano sbagliati. Nei mesi seguenti, nelle regioni meridionali dove gli eserciti alleati avevano riportato la democrazia, numerosi partiti condussero una violenta campagna contro il re, rifiutandosi di formare un nuovo governo che avrebbe dovuto ottenere l’investitura da quel sovrano. Sennonché, il 27 marzo 1944, arrivò dalla Russia Palmiro Togliatti, l’abilissimo segretario del Partito comunista, il quale risolse subito il problema, accettando di partecipare a un governo transitorio e proponendo di rinviare la questione istituzionale a una Assemblea Costituente da eleggere dopo la guerra. La linea moderata di Togliatti nacque dal fatto che Stalin non voleva creare problemi agli angloamericani in Italia, affinché essi non gli creassero problemi all’Est. Stalin, insomma, attribuiva l’Italia, la Francia e parte della Germania, alla sfera di influenza occidentale, aspettandosi che gli occidentali gli restituissero la cortesia con Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia e Romania. La pace europea si sarebbe retta su questo scambio, come infatti accadde. Gli elettori del 1946 non erano consapevoli di tali retroscena, che del resto sono ancora ignorati da tanti elettori di oggi. Quelli di allora erano animati da sentimenti contrastanti, di indignazione e di spirito di avventura i repubblicani, di fedeltà al sovrano e di spirito di conservazione i monarchici. L’impressione generale fu che più trascorrevano i mesi e più la scelta monarchica avrebbe acquistato consensi. Il 9 maggio, proprio per offrire un’immagine rinnovata della monarchia, il vecchio re Vittorio abdicò in favore del figlio Umberto, di 42 anni. Umberto era giovane, bello, sposato con una donna affascinante, Maria José del Belgio, dalla quale aveva avuto molti bei bambini. Maria José era stata notoriamente ostile a Hitler e a Mussolini. Una sorella di Umberto, Mafalda, era stata addirittura rapita dai tedeschi nel ’43 e deportata a Buchenwald, dove era morta l’anno dopo a causa di un bombardamento alleato. La propaganda monarchica poteva avere buone carte da giocare. Al referendum del 2-3 giugno partecipò l’80,1 per cento del corpo elettorale. Le schede bianche, nulle o invalidate furono più di un milione e mezzo. La repubblica prevalse col 54,3 per cento, ma i monarchici dissero che c’erano stati brogli. Il 7 giugno un gruppo di giuristi monarchici ricorse in Cassazione sottolineando che, in base alla legge, la repubblica avrebbe potuto essere proclamata solo se avesse conquistato la maggioranza dei voti validi, il cui ammontare era ignoto a causa delle contestazioni. Il 10 giugno, la Cassazione comunicò l’esito del referendum senza fornire la cifra dei voti validi e senza proclamare la repubblica. Benché avesse ottenuto due milioni di voti più della monarchia, la repubblica aveva vinto con appena il 50,91 per cento sul totale degli aventi diritto al voto. In varie città scoppiarono incidenti tra monarchici e repubblicani. Umberto di Savoia aveva confidato ai suoi amici che la repubblica poteva vincere per pochi voti, ma la monarchia no. Capendo che i ricorsi stavano portando alla guerra civile, dopo alcune esitazioni e con spirito patriottico, Umberto II decise di andare in esilio. Al momento della partenza, nel cortile del Quirinale, i corazzieri a cavallo lo salutarono sguainando le spade e gridando "Viva il re". Le elezioni per la Costituente confermarono la forza della Dc, che ottenne da sola il 35,2 per cento. Il secondo partito fu quello socialista con il 20,7 per cento. Gravi inquietudini si manifestarono nel Partito comunista il quale, benché più organizzato del socialista, arrivò terzo con il 18,9 per cento. Per la prima volta furono elette 21 donne. Tra queste la democristiana Angela Maria Cingolani Guidi - la quale, nel 1951, sarà la prima donna a rivestire da sottosegretaria un incarico di governo - e la comunista Nilde Iotti, prima donna a presiedere la Camera dei deputati, per quasi tredici anni, dal giugno ’79 all’aprile ’92. La Costituente si riunì dal 25 giugno 1946 al 31 gennaio 1947, in un’atmosfera relativamente serena grazie al fatto che la questione istituzionale si era risolta e che, in seguito alla divisione dell’Europa in sfere di influenza, sia gli Usa sia l’Urss vegliavano in piena concordia affinché il Partito comunista non creasse problemi. Soltanto una grande crisi internazionale avrebbe potuto rimettere tutto in discussione ma, fino al crollo dell’Urss, questa crisi non scoppiò mai. L’Italia repubblicana nacque 60 anni or sono da tali premesse e bene ha fatto la Camera dei deputati a organizzare nel palazzo di Montecitorio una mostra dedicata alla Costituente che verrà inaugurata il 22 febbraio dal Presidente Ciampi. Questa mostra e altre iniziative saranno coordinate dalla Fondazione della Camera, presieduta dal senatore a vita Giorgio Napolitano. Modernissima e informatizzata, la mostra avrà carattere itinerante dato che - tra il 2006 e il 2007 - toccherà tutti i capoluoghi di regione, ma la si potrà vedere anche in Internet e in un cd, ricco di immagini e notizie. Molto saggiamente e con spirito liberale, Giorgio Napolitano ha scritto nel catalogo che il materiale storico e audiovisivo raccolto consentirà a ciascuno di trarre autonomamente le sue impressioni e conclusioni sull’esperienza che allora venne compiuta e su quello che essa può ancora insegnarci sul modo di concepire la partecipazione democratica. Piero Melograni