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 2006  aprile 12 Mercoledì calendario

INNOCENTI

INNOCENTI Roberto Bagno a Ripoli (Firenze) 16 febbraio 1940. Illustratore • «[...] il maestro, l’illustratore che il mondo ci invidia e che solo un piccolo editore-libraio di Pordenone ha pubblicato in Italia, in volumi da collezionare. [...] perennemente in cerca del non detto, di storie minimali e ”secondarie”, che germogliano nelle sue tavole attraverso i particolari e le stupefacenti prospettive, riprese quasi sempre dal basso, ad altezza di bambino. Racconti nel racconto, in cui perdersi, da cui ricominciare. Quando ha iniziato la sua attività di illustratore? ”Nei primi anni 60. Poi ho desistito. Da noi i cartoons nemmeno esistevano, e i libri non venivano pagati. Ho fatto tanti mestieri affini, grafica, impaginazione, un po’ di tutto. Ho cominciato tardi, a 42 anni. Grazie a Etienne Delessert e a Grasset (l’editore svizzero che ha pubblicato la sua Cenerentola liberty, nel 1983 n.d.r ), ho visto che il mondo è un po’ più grande in questo settore oltre le Alpi. Grazie allo scambio di copyright, ho cominciato a lavorare con l’americana Creative Editions. Da allora ho continuato a pubblicare all’estero”. Colpisce il fatto che non ci sia stato nessun nostro grande editore a pubblicare le sue tavole. [...] ”Quello che succede in Italia non dipende quasi mai da me. l’editore americano che sceglie il suo partner straniero. [...] ”[...] L’editore, quando io ero giovane, voleva vincere. Negava persino che l’illustratore fosse un autore. Era solo un fatto di sottomissione: se accettavi bene, altrimenti... Oggi c’è più attenzione dal punto di vista dello studio e della critica. Temo purtroppo che l’editore voglia ancora vincere. E, tirando in basso, danneggia tutto il sistema dell’illustrazione italiano [...] C’è sempre un rapporto molto sincero con me stesso, nelle mie tavole. Penso forse a quando ero ragazzino, o forse a un modo di raccontare storie. Perché per me illustrare non significa tanto disegnare, quanto raccontare storie. I dettagli ampliano il testo, lo collocano in una situazione sociale e storica, allargano lo spazio. Di solito tutto questo diverte i ragazzi, che esplorano, si guardano intorno, sono spinti a curiosare intorno alle storie. Per me l’illustrazione è un completamento del testo, eppure ne è totalmente al servizio. Anche se facessi il pittore, leggerei libri per dipingere, perché non ci sono molte altre cose che mi ispirano”. Cenerentola, Pinocchio: sembra attratto dalla Fiaba. E dai classici, sempre in edizione integrale: ”Un canto di Natale”, ”Schiaccianoci”... ’Devo dire che sarei più propenso a illustrare classici moderni, ma l’industria editoriale non lo fa. Le Fiabe mi sono capitate per caso. Cenerentola e il testo di Dickens sono stati proposti dall’editore. Schiaccianoci venne in mente a me. Poi mi sono anche pentito: Hoffmann non permette che l’illustratore abbia molta libertà, anzi, il contrario. A metà libro ero distrutto (ride). Pinocchio è stato un problema: già centinaia di artisti lo avevano disegnato. Come potevo illustrarne un altro? Così l’ho fatto ’rinascere’ in Toscana”. Una autentica storia parallela, una ricostruzione sociale e architettonica dell’epoca impressionante. Piazze, strade, campi, tetti... ”Un’architettura secondaria, spontanea, che si trova ancora ma con difficoltà. Il paesaggio non è mai preso in considerazione come bene dell’umanità, anche quello povero [...] se ho la possibilità vado sul luogo a vedere il colore dei mattoni. E questo mi diverte. Questo mestiere mi piace perché posso imparare [...] Con un’illustrazione si può descrivere un mondo. Ci vuole tempo”. E poi, c’è Rosa Bianca, di cui [...] ha scritto anche il testo... ” stato il primo libro che si è occupato di campi di sterminio, che ha accennato delicatamente a un tabù che nella scuola non era mai entrato. Infatti c’è stata molta ostilità, non all’estero, ma da noi. Le prime tavole erano già pronte nel ’79, prima ancora che iniziassi a fare illustrazione. Mi presentarono Rosellina Archinto, editore, che quando vide Rosa Bianca affermò che questa cosa per i bambini non si poteva fare. Fu Etienne Delessert ancora una volta a incoraggiarmi. Mi disse: questo libro non si può fare, si deve fare. La prima stampa la fece lui in prima persona”. Nel 2003 è tornato sul tema dell’Olocausto con La storia di Erika... ”Sì, dopo vent’anni mi hanno presentato un testo, che poi era una storia vera (quella di una neonata ebrea gettata dal treno dei deportati, adottata da una tedesca, n.d.r. ). Per me era come una conferma” [...]» (Fiorella Iannucci, ”Il Messaggero” 11/4/2006).