Varie, 12 aprile 2006
ARPAIA
ARPAIA Bruno Ottaviano (Napoli) 31 agosto 1957. Scrittore • «Non succede spesso di imbattersi in un romanzo - per di più in un romanzo di 500 pagine - che si conclude con una bibliografia comprendente decine di titoli di libri di storia e con una cronologia dettagliata che prende altre 15 pagine. Può capitare a volte con un romanzo storico, quando si rifà a periodi e luoghi lontani dalla nostra esperienza diretta. Ma col libro di Bruno Arpaia Il passato davanti a noi fino a che punto possiamo dire di trovarci dinanzi a un romanzo storico? Di primo acchito, il suo parrebbe piuttosto un romanzo di formazione, che racconta come un gruppo di ragazzi della provincia napoletana scopra la politica negli anni 70 e partecipi alle sue vicende da una prospettiva che mescola la dimensione della storia a quella della crescita e del progressivo ingresso nel mondo, recando impresso il timbro di un’educazione ideologica, quella che avveniva entro i movimenti della contestazione. Ma il lettore che si addentra nelle pagine di Arpaia ha ben presto la sensazione di muoversi all’interno di un racconto che ambisce a misurarsi fino in fondo con i problemi della storia dell’Italia contemporanea. Non soltanto per la precisione meticolosa dei riferimenti: ogni passo del libro rimanda infatti a un momento ben definito, che richiama senza incertezze fasi e passaggi della storia politica del decennio Settanta. Basta considerare come Arpaia riporta alla memoria il modo in cui la società, nelle aree metropolitane come in quelle periferiche, visse la crisi petrolifera dopo la guerra del Kippur; con le trasmissioni televisive che finivano alle 11 di sera e il rivoluzionamento dell’orario dei cinema, col blocco delle auto e il ripristino, guidato talora da un gusto dell’anacronismo che suonava paradossale, di mezzi di trasporto desueti come i carri a cavallo e i calessini. Non c’è snodo significativo del libro che non rinvii a una data, a un evento, a un’elaborazione politica e a uno slogan. Così il settembre cileno del 1973, che è il punto d’avvio anche della storia di gruppo di Arpaia, rivive sia attraverso i canti degli Inti Illimani cari alla sinistra d’allora, sia mediante il timore diffuso e un po’ paranoico di un golpe sempre in agguato, scandito dalle parole dosate dell’interminabile articolo con cui Enrico Berlinguer, dalle colonne di Rinascita, annunciava la nuova politica comunista del ”compromesso storico”. Gli adolescenti descritti da Arpaia, insieme con i loro compagni più grandi, che li guidano e talvolta un po’ li spingono nell’avventura della politica, sembrano volersi calare fino in fondo nella realtà del tempo in cui vivono, fino a farsene attraversare completamente. Nella loro esperienza si avverte un’ansia di partecipazione che è dettata dall’irruzione della storia nelle loro vite e le domina e ne condiziona la relazione del mondo esterno, rimodellata secondo i canoni dell’ideologia e del suo adattamento alle loro esistenze particolari. Per questo, il libro di Arpaia (che aveva già giocato la sfida col passato e la sua interpretazione con Angelo della storia, il racconto dell’esilio estremo di Walter Benjamin fino alla morte sul confine fra Spagna e Francia, all’indomani dell’invasione nazista del 1940), se non è romanzo storico, è però un romanzo che affronta di petto la storia contemporanea, per farne emergere un senso che non è soltanto quello che ne traggono le analisi degli studiosi di mestiere» (Giuseppe Berta, ”La Stampa” 12/4/2006).