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 2006  aprile 07 Venerdì calendario

Da Scelba ad Anna La Rosa, la liturgia dell’Appello, La Stampa, venerdì 7 aprile 2006 Questa sera l’ultimo a parlare sarà Berlusconi

Da Scelba ad Anna La Rosa, la liturgia dell’Appello, La Stampa, venerdì 7 aprile 2006 Questa sera l’ultimo a parlare sarà Berlusconi. L’estrema conferenza stampa dovrebbe terminare una manciata di minuti prima della mezzanotte; poi si spegneranno le luci della televisione il cocchio elettorale tornerà ad essere una zucca. Sarà duro trasferirsi nel mondo degli invisibili, anche solo per qualche ora. Per fortuna Anna la Rosa è leggiadra e renderà più lieve il passaggio. Chissà se i più irriducibili indecisi avranno comunque modo di cogliere elementi utili alla soluzione del loro dilemma, forse a qualcuno di loro mancherà il conforto dell’appello finale. Oggi se ne è persa la memoria, ma fino a circa una decina di anni fa era un momento liturgico ben preciso; nell’immaginario comune equivaleva all’ultimo comizio in piazza, si trattava di un istante strappacuore in cui il candidato si rivolgeva direttamente al suo ipotetico elettore. L’inquadratura era stretta sul volto del candidato, nulla dell’ambiente esterno doveva distrarre l’attenzione dalle sue parole, dalla composta mimica del suo volto, dalla solennità di quell’estremo istante in cui si poteva giocare una carta veramente decisiva. Al tempo delle amministrative del 1960 il ministro dell’Interno era Scelba, volle mettere in chiaro che la televisione avrebbe da allora avuto solo un rapporto occasionale con la politica: «Ci dovete prendere belli o brutti che siamo, non possiamo certo farci delle controfigure». Erano ancora lontani i tempi dei trapianti, dei ceroni e dei consulenti d’immagine. I politici per la prima volta affidarono una parte della loro campagna elettorale alla tv, lo fecero con quel riposto senso di rispetto per la sacralità del luogo che erano soliti usare nelle solenni funzioni religiose e civili. Nacque allora anche il format, come diremmo oggi, dell’«Appello». La chiusa era di una semplicità francescana: tutti i segretari di partito l’ultima sera facevano il loro pistolotto finale. Il tempo era rigorosamente uguale per tutti e l’ordine di entrata in scena era inverso rispetto alla rilevanza dello schieramento. I democristiani chiudevano. E’ chiaro che, nel rispetto di quelle semplici regole, ognuno poteva giocarsi lo spessore del proprio intervento facendo affidamento alle corde a lui più congeniali. «Enrico Berlinguer era particolarmente didattico - ricorda il politologo Edoardo Novelli -. Portò con se un cartoncino con su stampato il simbolo del Partito Comunista e spiegò praticamente come fare a barrarlo». Quella volta i partiti in lizza erano solo otto, i segretari si appellarono per otto minuti a testa. A mano a mano che passarono gli anni però i contendenti aumentavano e il tempo si riduceva. Negli Anni 70 c’erano 13 simboli in lista e l’appello fu ridotto a solo tre minuti. L’appello più fantasmagorico però, come ricorda ancora Novelli, fu quello che chiuse nel ’74 la campagna referendaria sul divorzio: «La stessa sera si appellarono in sequenza Almirante, Berlinguer e Fanfani. Si andò dalla frase del leader missino per cui votare un no sarebbe equivalso a una vittoria delle Brigate Rosse, a Fanfani che definì la famiglia l’unico alveo naturale che ci accoglie dalla culla alla bara, Berlinguer si giocò la carta del bigliettino di propaganda antidivorzista che qualcuno avrebbe messo in tasca ai bambini dell’asilo. La frase che lesse il segretario del Pci fu di sicuro effetto: I fanciulli nel lor cuore han degli orfani il dolore». Per il referendum contro la caccia del ’90, è sempre Novelli a rammentarcelo: «Marisa Laurito si presentò con un cespo d’insalata che sfogliava come una margherita ”m’avvelena, non m’ avvelena”. Costanzo pure fece la sua parte, ma Francesco Mezzatesta, fondatore della Lipu, superò tutti; fece l’appello anticaccia tenendo un’allodola viva in mano». La politica cominciava a provare la lussuria della televisione, il mistico appello iniziava ad assomigliare a uno show, ma quello che venne poi è cronaca di questi giorni. Gianluca Nicoletti