Luca Ricolfi, La Stampa, 03/04/2006, 3 aprile 2006
Il macigno della spesa pubblica: siamo alla resa dei conti (veri), La Stampa, 3 aprile 2006 STASERA Prodi e Berlusconi si affrontano di nuovo in tv
Il macigno della spesa pubblica: siamo alla resa dei conti (veri), La Stampa, 3 aprile 2006 STASERA Prodi e Berlusconi si affrontano di nuovo in tv. Ed è probabile che, ancora una volta, sentiremo chiedere «ma dove li trovate i soldi per il vostro libro dei sogni»?, dove il sogno n.1 di Prodi sembra essere la riduzione del cuneo fiscale, mentre il sogno n. 1 di Berlusconi sembra essere l’aumento delle pensioni. In entrambi i casi, staremmo discutendo di pietruzze rispetto al macigno che incombe su tutti noi, visto che i conti pubblici veri sono assai più preoccupanti di quelli - del tutto ipotetici e provvisori - che circolano da qualche settimana. Secondo i dati diffusi in questi giorni l’indebitamento netto, ossia il parametro fondamentale ai fini europei, è stato del 4,1% nel 2005 (stime Istat), e sarà del 3,8% nel 2006 (Relazione Trimestrale di Cassa). Ma questi non sono i dati definitivi, bensì le solite stime di primavera, che puntualmente vengono corrette al rialzo nei mesi e negli anni successivi. Se ci basiamo sull’esperienza degli ultimi quattro anni la correzione da effettuare è di +0,9 punti di Pil per l’indebitamento del 2005, e di +1,3 punti di Pil per l’indebitamento del 2006. Effettuando la correzione si ottiene un indebitamento netto del 5,0% per il 2005 e del 5,1% per il 2006. Dunque la manovra di finanza pubblica per il 2007, anno in cui abbiamo promesso all’Europa di rientrare sotto il 3%, è di circa 2 punti di Pil, più o meno 30 miliardi di euro. Ragionamento puramente ipotetico? Può darsi, ma allora guardiamo le altre cifre ufficiali di cui disponiamo, ossia i dati della Banca d’Italia sul fabbisogno del settore pubblico e sullo stock del debito. Lavorando con queste fonti, che in genere forniscono stime più vicine ai valori definitivi, si ottiene un peggioramento dei conti pubblici fra il 2004 e il 2005 pari a 1,5 punti di Pil in termini di fabbisogno, e pari a 2,6 punti di Pil in termini di debito pubblico. Tenuto conto che nel 2004 eravamo già al 3,4%, è difficile immaginare che alla fine della fiera il nostro indebitamento netto per il 2005 possa risultare sensibilmente inferiore al 5%. E poiché nulla fa pensare a un apprezzabile miglioramento dei conti pubblici fra il 2005 e il 2006, torniamo alla conclusione di poco fa: la correzione che il vincitore di queste elezioni dovrà effettuare nel 2007 per mantenere l’Italia in Europa sarà di un paio di punti di Pil, ossia di 30 miliardi di euro: più o meno il quadruplo delle promesse di cui con tanto accanimento si sta discutendo in questi giorni. Dunque, i nostri aspiranti premier fanno un po’ l’effetto di due coniugi che si chiedono dove troveranno i soldi per i rispettivi capricci - lui si vuole comprare una moto, lei un braccialetto - mentre è in arrivo l’ufficiale giudiziario che sta per pignorare la casa. Immagino che nessuno abbia voglia di chiedere a Prodi e Berlusconi qual è il vero stato dei conti pubblici. Prodi non può saperlo, e Berlusconi (forse) non può dirlo. Ma una domanda la si potrebbe fare lo stesso: se per avventura la correzione da fare nel 2007 fosse di 25 o 30 miliardi, dove trovereste i soldi? Suppongo che, dopo la rituale evocazione da parte di entrambi della sacrosanta lotta agli sprechi, Prodi risponderebbe: «Con una lotta senza quartiere all’evasione fiscale!», e Berlusconi: «Con un grande piano di dismissione del patrimonio pubblico!». Bene, due soluzioni interessanti, e che hanno la virtù di non spaventare troppo l’elettore medio. Peccato che l’esperienza passata abbia insegnato che né l’una né l’altra strada sono facilmente percorribili, e comunque non danno frutti nel breve periodo. Realisticamente, una correzione dei conti pubblici dell’ordine di 2 punti di Pil si può fare in due modi soltanto: aumentando le tasse o contenendo la spesa pubblica. Ovvero: tartassando i cittadini o attaccando lo Stato sociale. Così la vera domanda diventa un’altra: cari aspiranti premier, nella disgraziata ipotesi di dover «reperire risorse» per una trentina di miliardi di euro, quali tasse aumentereste e quali servizi ridurreste? Luca Ricolfi