Corriere della Sera 06/04/2006, pag.19 Fabrizio Caccia - Giuliano Gallo, 6 aprile 2006
«Vent’anni di abusi», prete in manette per pedofilia. Corriere della Sera 6 aprile 2006. Roma. Tutto e il contrario di tutto, adesso dicono di lui, padre Marco Agostini, 43 anni, della congregazione degli Oblati di San Francesco di Sales, protettore dei giornalisti
«Vent’anni di abusi», prete in manette per pedofilia. Corriere della Sera 6 aprile 2006. Roma. Tutto e il contrario di tutto, adesso dicono di lui, padre Marco Agostini, 43 anni, della congregazione degli Oblati di San Francesco di Sales, protettore dei giornalisti. Il paradiso e l’inferno. La virtù e il vizio. La squadra mobile di Roma è andata a prelevarlo ieri mattina ad Assisi, nella dependance di un albergo di proprietà del suo ordine religioso. Dove l’aveva spedito in esilio, più di due anni fa, per punizione, la Curia di Albano: una decisione presa in prima persona dall’ex vescovo Agostino Vallini, nominato ora cardinale da papa Ratzinger. La Chiesa, nel frattempo, avrebbe avviato anche un processo di secolarizzazione contro di lui. Troppe voci, sospetti, lettere di denuncia. L’accusa è tremenda: violenza sessuale pluriaggravata e continuata nei confronti di minori. In una parola, pedofilia. «Oddio, adesso non potrò più fare il prete», lo sfogo di padre Marco al momento dell’arresto. In Questura invece è rimasto impassibile: non ha ammesso e neppure negato. «Aveva un’aria di sufficienza», racconta chi c’era. Quaranta denunce in due anni, ma le violenze – secondo gli investigatori – duravano da almeno 20, da quando Marco Agostini era seminarista, prima a Roma, poi a Torvajanica, infine a Pomezia. I poliziotti e gli psicologi della speciale squadra per i reati su minori ci hanno messo due anni per completare il mosaico degli orrori. Il primo a farsi avanti è riuscito a raccontare la sua storia solo in un mese di incontri. Alla fine ne è uscito un quadro orrendo: centinaia di abusi su decine di ragazzi impauriti, soggiogati, plagiati perfino con riti esoterici. «Anche satanici», aggiunge qualcuno. Racconti agghiaccianti, di ragazzi, di genitori: «Lui ci diceva che fare certi giochi era un modo per stare con Gesù». E ancora: «Voleva farsi l’harem, era famoso soprattutto per i suoi massaggi terapeutici, così li chiamava». Si faceva chiamare – pare – Er Cabbana, in romanesco, da una vecchia pubblicità della spiaggia di Rio de Janeiro in cui si vedeva un tizio con la sua stessa barba. E «cabanini» chiamava tutti i suoi adepti del centro «Ragazzi Nuovi», una sorta di oratorio che lui stesso aveva creato e che organizzava – organizza tuttora a Pomezia – gite, campeggi, incontri di preghiera. Si poteva restare semplici «cabanini» oppure entrare a far parte della «Cupola» e diventare così i privilegiati del maestro. Padre Marco ora si trova agli arresti domiciliari, a Roma, in casa della madre anziana e incredula. Tutta la Curia di Albano è annichilita. «Fiducia nella magistratura», ripete il nuovo vescovo, Marcello Semeraro. Ma l’inchiesta della procura di Velletri coinvolge anche due parroci di Pomezia, Ennio Di Giampasquale e Germano Agostini, solo omonimo dell’arrestato. Pure loro padri oblati di San Francesco di Sales. Accusati, però, solo di «favoreggiamento»: pur sapendo, avrebbero taciuto e in qualche maniera anche aiutato padre Marco a farla franca. Ieri mattina, quando la squadra mobile è andata a prenderli a Pomezia nelle rispettive canoniche di San Benedetto e San Michele, c’erano ragazzini per strada che applaudivano i poliziotti e gridavano: «Bravi, bravi, ci avete liberato». Ma quale sarà il vero volto di questa storia? Solo abusi e squallore? Oppure un clamoroso, pericoloso, remake di «Pianese Nunzio», il film che raccontava di quel prete anticamorra rovinato dai guappi con una storia inventata? «Lui rubava i ragazzi alle altre parrocchie col suo carisma da incantatore, io me ne ero accorto e avevo avuto qualche scontro con lui», racconta in buona fede padre Giuseppe Di Savino, 70 anni, pure lui oblato a Pomezia, ma della parrocchia di Sant’Isidoro. Un ladro di bambini, già: centinaia, migliaia di ragazzini attratti da questo prete strano, bizzarro, estenuato pure da frequenti svenimenti, che nella parrocchia di San Benedetto era famoso per le sue «messe rap», cantate e suonate con la chitarra, i flauti, i tamburi, perché lui aveva avuto la vocazione da adulto e prima aveva fatto l’insegnante di musica, si era diplomato al conservatorio ed era pure stato fidanzato con una ragazza presentata a tutti il giorno dell’ordinazione. Un orco o un pifferaio magico? «Pagliacciate, falsità – lo difende a spada tratta anche padre Pietro Alessio, 72 anni, ex parroco di San Benedetto – Lui era un infiammatore di giovani, ma rubava anche i clienti agli spacciatori di droga del litorale laziale. Perciò gliel’hanno fatta pagare, l’hanno messo in mezzo». L’altra verità è però scritta in quei verbali, in quelle confessioni, tirate fuori con infinita pazienza a ragazzi che avrebbero voluto dimenticare senza riuscirci. Raccontano i poliziotti che fra le vittime ci sono anche due fratelli. E che quando uno dei due ha deciso di «confessare», l’altro lo ha aggredito con rabbia: don Marco doveva essere difeso, fino all’ultimo. Fabrizio Caccia - Giuliano Gallo