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 2006  aprile 05 Mercoledì calendario

Le impronte mai viste. La Stampa 5 aprile 2006. La valle degli assassini si allunga tra la cresta degli omicidi e la cresta dei kamikaze, finché piega e si biforca negli avvallamenti dei cecchini e dei maniaci

Le impronte mai viste. La Stampa 5 aprile 2006. La valle degli assassini si allunga tra la cresta degli omicidi e la cresta dei kamikaze, finché piega e si biforca negli avvallamenti dei cecchini e dei maniaci. Vista così, come se fosse un paesaggio alieno, l’immagine è anche più angosciante di quanto suggeriscano quei nomi improvvisati. Altri picchi e altri canali si alternano all’infinito, con curvature che non riescono a rompere una monotonia labirintica, esacerbata dai toni sabbia che ricoprono tutto. Stiamo guardando, ed è la prima volta, un’impronta digitale tridimensionale con la tecnologia «Scanning Kelvin Probe», appena testata per identificare i mostri del XXI secolo, i terroristi. Non avrebbe mai dovuto apparire con le tecniche tradizionali, proprio come l’irraggiungibile pianeta di una galassia lontana: e invece si è materializzata ad alta definizione e la rete dei suoi canyon tormentati è in grado di rivelare quanto nessun superpoliziotto avrebbe mai osato, spalancando tanti indizi sull’organismo e sulle abitudini del crudele proprietario. E’ una rivoluzione - annunciano gli inventori - e all’evento londinese organizzato dall’ente di ricerca «Engineering and Physical Sciences Research Council» si promette un’arma segreta contro i professionisti degli attentati: presto un’apparecchiatura portatile farà le analisi e scatterà le opprimenti immagini in 3D, nuove metafore della grande caccia mondiale ai seguaci di Osama. L’inedito Sherlock Holmes è il professore Neil McMurray, affiancato da un team di ingegneri e di chimici della University of Wales, che spiega così: le impronte più preziose si depositano sulle superfici metalliche dei proiettili e delle bombe, ma sono anche le più aleatorie, perchè, se a fare da colla naturale è il sudore delle dita, basta pochissimo per alterarle e cancellarle. E che cosa c’è di peggio degli shock termici e fisici inflitti dalle esplosioni? La sua idea è riuscire a sfruttare le minime reazioni elettrochimiche provocate dal contatto tra pelle e metallo e leggere (attraverso l’occhio bioelettronico dello «Scanning Kelvin Probe») ogni micrometamorfosi, anche se i frammenti da studiare si sono arrostiti di colpo a 600 gradi e oltre. La tecnica funziona bene con ferro, acciaio, alluminio e zinco e non fa caso alle brusche convessità o concavità delle superfici dilaniate da uno scoppio. E’ la prova - ha spiegato il trionfante ideatore - che non si potevano spendere meglio i 300 mila euro finanziati dal «Research Council». E così che emerge l’immagine decisiva, alla cui realizzazione hanno dato un aiuto l’ente britannico di consulenza criminologica (il «Forensic Science Service») e un’azienda hi tech per i sistemi di difesa e sicurezza (la QinetiQ): identificare i terroristi sarà molto più semplice, inchiodandoli con una precisione al di là di ogni dubbio. E non solo. Un collega di McMurray, Sue Jickells del Kings College di Londra, sta ulteriormente allargando l’opera di decifrazione, indagando come un’impronta digitale varia a seconda dell’età e di pessime abitudini, tipo fumo e droga, aggiungendo altre sequenze di informazioni per i segugi di Scotland Yard e dell’Mi5. «Lasciamo dietro di noi continue scie di lipidi, vale a dire molecole di grasso, quando tocchiamo qualsiasi cosa, e le impronte rappresentano il loro straordinario deposito», ha spiegato la scienziata inglese. Questi composti organici hanno tempi di decadimento fissi e contengono tracce di tante altre sostanze, come la cotinina, secreta da chi non resiste alle sigarette. Raccogliendo ogni dato, si potrà tracciare l’identikit di ogni mostro, la cui foto sarà quell’immagine in 3D dove la valle degli assassini si perde sulla cresta dei kamikaze. Gabriele Beccaria