3 aprile 2006
SORMANI Angelo Benedicto.
SORMANI Angelo Benedicto. Nato a Jau (Brasile) il 3 luglio 1939. Calciatore. Sette presenze e due gol con la nazionale italiana. Col Milan ha vinto lo scudetto 1967/1968, la coppa delle Coppe 1967/1968, la Coppa dei Campioni 1968/1969, la Coppa Intercontinentale 1969. Quindicesimo nella classifica del Pallone d’oro 1969. «Jo me chiamo Angelo Sormani. El nome sarebbe per completo Angelo Benedetto Sormani. Angelo non bastava, Benedetto anche: sono di famiglia cattolica. Sono nato in Brasile, a Jau, en lo Stato de San Paulo. Ho jocato a calcio, subito, no me recordo di aver fatto altro en la vita. Ero bravo fin da ragazzo, volevo jocare en el centro del campo, fare el regista, dirigere, ma tiravo forte, mi mettevano all’attacco e ho fatto el centravanti. Sono andato en serie A subito, con la squadra del mio paese, che si chiamava Quindici Novembre e poi sono finito al Santos, quello de Pelè, che era come jocare con uno de l’altro mondo, che lui al pallone ce jocava davanti e tu non capivi che cosa stava facendo, ma lui sì: el più grande. Due anni così, ma ero un ragazzino e il Santos aveva l’attacco della Nazionale: jocavo poco. Poi arrivò Nuvolari, non el corridore, el presidente del Mantova. Lui aveva un cugino che stava en Brasile e scriveva per la ”Gazzetta”. Mi segnalò. Andai in Europa per una tournée con el Santos, mi videro, mi presero. Arrivare a Mantova fu un po’ difficile, ma anche facile, parlavo la lingua e mangiavo polenta da quando ero ragazzino. Mio padre Sormani, mia madre Gobbi [...] Ce l’avevo davvero, jo, il nonno italiano: de Rovigo. Anche mia moglie era come me: oriunda. Bella parola, eh? [...] Per diventare oriundo dovevi avere le due cittadinanze e essere bravo. Serviva anche la convocazione en la nazionale. Me chiamò Fabbri. Ho giocato contro el mio Brasile. Era il maggio del sessantatré: fu l’esordio di Mazzola. E c’erano Rivera, Bulgarelli, Corso nel secondo tempo, Trapattoni che marcava Pelè, ma Pelè andò fuori dopo venti minuti, lui era una leggenda, ma quel partido diventò una leggenda davvvero. Jo ho fatto il primo gol. Non fu un gol difficile, ma coraggioso, quello sì. Rivera tira, Gilmar respinge jo salto e ci scontriamo in aria: gol. Molto felice, molto triste: avevo due anime. Al paese dove sono nato me volevano linciare. El presidente della federazione brasiliana me voleva retiràr el passaporto. Sempre avuti due, jo: esco de Italia con quello italiano, entro in Brasile con quello brasiliano. [...] Quando andai da Mantova alla Roma mi pagarono tanto, un record, allora, perché gli oriundi erano preziosi, gli stranieri due solamente. Dissero che la Roma quasi fallì per avermi, ma non era vero. Poi lì non andò bene: cattiva organizzazionem scarsa competenza tecnica, me feci male e me prestarono alla Sampdoria dove sono rinato. Da lì, al Milan, che la Roma ce riprese i soldi che aveva pagato al Mantova. Furono i cinque anni migliori de la carriera. Feci anche due gol nella finale de la Coppa Intercontinentale e quello fu il Sormani Day. Ma jo ho in testa un altro gol, ogni giocatore ha in testa el suo gol. Il mio lo feci al Malmoe in Coppa dei Campioni, ritorno a San Siro. Stavamo uno a uno e se finiva così andavamo fuori, Battiamo un corner, jo corro contro el primo palo, salto en avanti, la palla me cade dietro e jo sono lì con i piedi en avanti e la testa indietro, per aria, do un colpo di collo e la prendo di testa, non vedo dove è che va e: gol, nell’angolini [...] Poi el Milan, dopo cinque anni, me manda un telegramma: presentarse a Napoli. Allora era così: non se discuteva, son se accettava, un telegramma e via. Me credevo de morir e invece è stata un’altra vita, Napoli è stata meravigliosa e dopo ho jocato ancora a Firenze e ancora a Vicenza [...]» (Gabriele Romagnoli, ”Il Venerdì” 23/3/2001).