Alessandra Farkas Corriere della Sera, 01/02/2002, 1 febbraio 2002
«Dateci la tortura, please», Corriere della Sera, venerdì 1 febbraio 2002 New York. La provocazione ha fatto rapidamente il giro dei salotti intellettuali di mezzo mondo
«Dateci la tortura, please», Corriere della Sera, venerdì 1 febbraio 2002 New York. La provocazione ha fatto rapidamente il giro dei salotti intellettuali di mezzo mondo. Alan Dershowitz, il luminare di Harvard e principe progressista del foro Usa, sarebbe favorevole all’uso della tortura - una pratica bandita dalla Costituzione Usa - come rimedio estremo per prevenire un altro 11 settembre. «Tengo a precisare che la mia proposta scaturisce dall’avversione viscerale per la tortura: una realtà clandestina ed illegale che purtroppo esiste e che, non potendo abrogare, desidero portare nell’ambito della legge e della democrazia», spiega al Corriere il super avvocato che tra i clienti famosi annovera Claus von Bulow, O. J. Simpson, Mia Farrow e Mike Tyson. Non è una coincidenza che la sua proposta venga dopo gli attacchi dell’11 settembre. «A dire il vero l’avevo già lanciata nel mio libro Shouting Fire, nell’89. Certo: Osama Bin Laden ha ridato urgenza alla mia sfida. Perché davanti a una bomba a orologeria pronta ad esplodere - un terrorista in possesso di informazioni che possono salvare la vita di migliaia di innocenti - ogni vera democrazia ha il diritto-dovere di fare qualcosa per prevenire la deflagrazione». Non le sembra un passo indietro della civiltà? «Niente affatto. Il mio obiettivo è istituzionalizzare la tortura per controllarla e fermarla. Oggi essa continua ad essere praticata segretamente ed illegalmente in tutto il pianeta, incluse le democrazie occidentali firmatarie del trattato internazionale che la mette al bando. La Cia fa circolare nel mondo un agghiacciante manuale coi metodi più crudeli per ”estorcere notizie” e i commissariati di polizia dalla California alla Florida la praticano quotidianamente, dietro porte chiuse. Ritengo che sarebbe molto meglio portarla nell’ambito della legge, rendendola visibile e trasparente, cioè democratica. Ciò avrebbe l’effetto immediato di diminuirne l’uso, un po’ come è successo con l’aborto». Come e chi dovrebbe farla applicare? «Il compito spetterebbe alla magistratura, che firmerebbe i permessi per autorizzarla, caso per caso, sottraendola alla polizia locale che storicamente ha l’abitudine di abusarne in segreto. è una materia che deve essere regolata dall’alto e alla luce del sole». In quali casi? «Solo sui terroristi che rispondano alla qualifica di potenziali informatori ”al di sopra di ogni ragionevole sospetto”. Bisogna torturare solo chi è a conoscenza di informazioni in grado di prevenire carneficine, per intenderci. Inoltre propongo un tipo di tortura ”non letale”, come l’uso di scosse elettriche e di aghi sterili conficcati sotto le unghie, che produrrebbero un dolore insopportabile senza però mettere in pericolo la vita dell’individuo». Alcuni notano che, sotto tortura, si è disposti a dire qualsiasi cosa. Come il terrorista islamico torturato nelle Filippine che confessò, mentendo, di essere responsabile della strage di Oklahoma City. «Il rischio esiste. Non si può accettare per oro colato tutto ciò che esce dalla bocca di un torturato. Però è facile verificare se le dichiarazioni estorte sono false. Bisogna ingaggiare competenti professionisti della tortura che sappiano interrogare i terroristi, incastrandoli con domande trabocchetto. Che ci piaccia o no, molte vite sono state salvate in questo modo». La sua proposta ha ricevuto forti critiche. «La gente più contraria alla tortura non letale, ironicamente, è anche quella più favorevole alla pena capitale. è una questione estetica: preferiscono vedere un uomo, magari innocente, sdraiato sopra una tovaglia di lino bianco e con un ago sterile conficcato nelle vene piuttosto che sentire le urla di un terrorista il cui dolore temporaneo può salvare la vita di migliaia di innocenti». Sarebbe favorevole alla tortura sui detenuti di Guantanamo? «E perché dovrei? Non esiste alcun motivo per credere che quei prigionieri possano darci informazioni in grado di salvare delle vite umane. Nessuno di loro è uno Zacarias Moussaoui ( in carcere negli Usa, accusato di aver preso parte alle stragi dell’11 settembre, ndr). Manca il cosiddetto criterio ”al di sopra di ogni sospetto”». E le leggi? La Costituzione? I trattati internazionali? «Il Congresso dovrebbe abrogare la nostra adesione al trattato internazionale anti-tortura ratificata nell’84 ed entrata in vigore nell’87. Un trattato anacronistico e superato quanto la Convenzione di Ginevra che non affronta il nuovo cancro del terrorismo sponsorizzato dagli Stati. Servono nuove conferenze e nuovi trattati per ripensare la mutata realtà del dopo 11 settembre». Non crede che la tortura violi i diritti umani dell’individuo? «Certo. Ma il vero dilemma è scegliere tra compromettere i diritti umani di un terrorista colpevole o annullare i diritti umani di migliaia di civili innocenti. La vita è piena di scelte tragiche e orribili». Alessandra Farkas