Ennio Caretto Corriere della Sera, 05/02/2002, 5 febbraio 2002
«Buenos Aires deve rassegnarsi a dieci anni di sacrifici», Corriere della Sera, martedì 5 febbraio 2002 Washington
«Buenos Aires deve rassegnarsi a dieci anni di sacrifici», Corriere della Sera, martedì 5 febbraio 2002 Washington. Rudy Dornbusch è pessimista sull’Argentina. L’economista del Massachusetts Institute of Technology, che nel ’94 predisse la crisi del Messico e più tardi quella delle ”tigri” asiatiche, le nazioni emergenti, non vede una via d’uscita per il governo Duhalde. «Questa non è una crisi di un anno - dichiara Dornbusch - ma di un decennio. è come se l’Argentina fosse ritornata all’epoca della grande depressione, gli Anni Trenta. Non sarà un Paese felice». Che cosa pensa della decisione di Duhalde di fare fluttuare il peso staccandolo definitivamente dal dollaro? «Servirà a poco, perché in Argentina non c’è più liquidità: i poveri hanno i soldi paralizzati in banca, e i ricchi li hanno nascosti a Miami. Il peso si svaluterà, ma non enormemente. E comunque la sua svalutazione non rilancerà l’economia perché l’Argentina non ha molto da esportare. I suoi commerci rappresentano soltanto il 10 per cento del Prodotto interno lordo. A mio parere è stata una mossa relativamente inutile». La svalutazione non provocherà un’altra iperinflazione, come accadde prima dell’aggancio del peso al dollaro? «Penso di no, gli argentini non hanno più soldi da spendere». Duhalde poteva fare altro? «L’Argentina ha bisogno di far lavorare le fabbriche e la gente. Ma il problema è che non c’è un mercato di capitali. In Messico fu diverso: c’era ancora liquidità, e chi voleva, un messicano o un investitore straniero, poteva rischiare. Oggi non sono in molti a volere aiutare l’Argentina». E se il governo revocasse il blocco dei conti in banca? «Si verificherebbe una fuga di capitali. Secondo me il governo non ha scelte. L’Argentina è in bancarotta e dovrà stringere la cinghia. In termini reali, gli stipendi e i salari scenderanno a un terzo del livello attuale. Ci vorrà un decennio di sacrifici». Ma questo causerà torbidi sociali. Non c’è il pericolo di un golpe? «I militari non si sono ancora ripresi dalla sconfitta nella guerra delle Falklands. In un certo senso, però, il fatto che Duhalde respinga l’ordine della Corte suprema di riaprire i conti in banca equivale a un golpe bianco». Gli Usa e il Fondo monetario dovevano aiutare di più o di meno l’ Argentina? «Hanno sbagliato a darle gli ultimi 60 miliardi di dollari. Per mezzo secolo l’Argentina ha vissuto al di sopra dei propri mezzi, cercando prestiti dovunque. Purtroppo, non ha le risorse naturali, il petrolio innanzitutto, né un leader forte come la Russia di Putin. La Russia era nelle sue stesse condizioni, ma con gli aiuti internazionali ce l’ha fatta». La crisi argentina non si estenderà ad altri Paesi sudamericani, e non genererà una crisi globale? «Non credo. Il Brasile ha tassi d’interesse elevati ma esporta e la sua divisa potrebbe apprezzarsi. E l’Argentina ha scarso peso sull’Occidente. Se si rimboccherà le mani, troverà una crescente solidarietà». Ennio Caretto