Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  marzo 22 Mercoledì calendario

SERENI Clara

SERENI Clara Roma 28 agosto 1946. Scrittrice. Ha pubblicato Sigma Epsilon (1974), Casalinghitudine (1987), Manicomio primavera (1989), Il gioco dei regni (1993), Eppure (1995), e ha partecipato ai volumi collettivi Mi riguarda (1994) e Si può! (1996). Ha raccolto alcuni dei suoi interventi per quotidiani e convegni in Taccuino di un’ultimista (1998). Collabora inoltre, con editoriali e commenti, a "l’Unità" (rizzoli.rcslibri.corriere.it) • «“Matteo è nato nel 1978, a novembre. Ero incinta di lui quando è passata la 180”. La 180, che per Clara Sereni non ha bisogno di altre definizioni, è la legge Basaglia; quella con cui l’Italia chiuse le porte dei suoi manicomi. Pochi mesi prima, con la 517/77, iniziava il lungo cammino dell’integrazione scolastica per i disabili. La vita di Matteo si è snodata parallela a questo percorso. Disabile psichico dalla nascita, figlio della scrittrice [...] e dello sceneggiatore Stefano Rulli (da Mery per sempre a Romanzo criminale, e soprattutto Un silenzio particolare, film su, con, per Matteo), “con una diagnosi arrivata tardi, perché le persone con cui lavoravamo erano contrarie allo ‘stigma’”. Però intanto c’è la vita, scandita dalle tappe di tutti. Asilo, elementari. Il contatto con gli altri, anche per quel bimbo taciturno, che non legge [...] insomma è “diverso”. “I guai sono iniziati in prima media: convocati, ci troviamo di fronte collegio docenti, preside, medico scolastico, tipo tribunale dell’inquisizione. Matteo aveva fatto vedere il pisello in classe”. I ricordi di Clara Sereni sono lucidi e taglienti, la “pregevole dissertazione” del medico “che conclude ‘i matti non possono gestire la propria sessualità’”, lei e Stefano “disperati sulle spallette del Tevere”, la solidarietà di una mamma “che rivelò come tutti lo facessero di nascosto, solo che a Matteo avevano detto di farlo davanti ai prof...”. Il problema, dice ora, “erano i pregiudizi”. Gli stessi che hanno inseguito Matteo, da Roma a Perugia, riacciuffandolo al secondo anno di tecnico. “Classe problematica. Ma le famiglie non sapevano che fare. Così si decise che il problema era uno solo: Matteo”. Matteo che non regge più, se ne va. “E dire che c’erano sia prof di sostegno che assistente del Comune, quindi la situazione [...] era molto buona”. Ma i problemi, anche quando il sostegno c’è, non mancano. “Ci siamo scontrati con quella che chiamo la sindrome dell’‘io ti salverò’, di chi arrivava pensando ‘qui si è sbagliato tutto, ora vi faccio vedere’”. O quel docente “che teneva Matteo fuori dall’aula, gli faceva preparare la pizza per i compagni... Invece, pure a chi non può imparare niente serve come il pane stare con gli altri. E viceversa: non aiutare a confrontarsi con la diversità è un danno irreparabile”. Il discorso si allarga, “perché è così difficile la relazione col ‘matto’? Ma perché la pazzia è parte di noi. Però nessuno si taglierebbe un braccio se gli fa male, mentre oggi si taglia via la follia” [...]» (Ga.Ja., “Corriere della Sera” 20/10/2008).