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 2002  gennaio 24 Giovedì calendario

Tutto cambia, persino gli italiani, Corriere della Sera, giovedì 24 gennaio 2002 Era una delle volte (poche) in cui non ero d’accordo con Montanelli

Tutto cambia, persino gli italiani, Corriere della Sera, giovedì 24 gennaio 2002 Era una delle volte (poche) in cui non ero d’accordo con Montanelli. Sosteneva che gli italiani non sarebbero cambiati mai. Io ribattevo che siamo come le lancette dell’orologio. Se le fissi, rimangono ferme. Se le guardi ogni tanto, si sono spostate. Continuo a essere di questo parere, e ritengo che la teoria dell’incorreggibilità italiana sia pericolosa. Se in Montanelli parlava l’antico scetticismo toscano, altri personaggi non sono altrettanto sinceri, né altrettanto onesti. Sostenere che l’Italia non possa cambiare è la scusa perfetta per quanti non vogliono cambiare. E sono in tanti, purtroppo. Ognuna delle infinite corporazioni sparse per l’Italia è, a modo suo un agente di conservazione. Sindacati e partiti, ordini e rappresentanze, gruppi e lobby, categorie e comitati. E, naturalmente, noi cittadini. Cosa ci spinge a non cambiare? Il timore del nuovo. La nostra è una nazione di conservatori futuristi. Vorremmo restare sulla strada vecchia imboccando la strada nuova. una manovra impossibile, naturalmente. Ma di quell’impossibilità non siamo convinti. Di questi argomenti discuto, da anni, con gente che ha navigato a lungo nei mari della Repubblica (che non è né prima né seconda, è sempre quella, con un po’ di fondotinta). E mi sento di dire questo. Non badate a ciò che dicono i potenti quando parlano in un microfono. La verità è che il ministro, il presidente, l’ambasciatore, il direttore generale e il capitano d’industria giudicano l’Italia affascinante, ma incorreggibile. Credono che un livello minimo d’indecenza nazionale sia inevitabile. In questo stagno è affogata Tangentopoli (lì aveva previsto tutto Montanelli; io m’illudevo). affogata nella rassegnazione, nella convinzione diffusa che, tanto, l’Italia non cambierà mai.  un errore, secondo me. Un errore che rende inutili - anzi: incredibili - le continue esortazioni pubbliche che ci piovono sulla testa. Chi ci comanda, con poche eccezioni, giustifica certi comportamenti perché confonde la fisiologia con la patologia. Se l’Italia è malata, invece, dobbiamo dirlo. Guarirà tra molte generazioni, magari. Ma se non cominciamo, non guarirà mai. Non solo, se cominciassimo, i miglioramenti si vedrebbero da subito. Volete le prove? Ne scelgo una, locale e quasi banale. Sono a Roma, e vedo che tutti i motociclisti portano il casco. un fenomeno che osservo da tempo [...] Ora: i romani portano il casco perché è giusto, perché è sicuro, perché lo dice la legge? Neanche per sogno. Lo portano perché, altrimenti, li fermano e li multano. All’inizio pare fossero sbalorditi. Poi, si sa, subentra l’abitudine. Tutto questo era prevedibile, dirà qualcuno. Io rispondo: per niente. L’anarchia del motociclista capitolino era un postulato italiano. La prova di un destino nazionale, quasi di una necessità genetica. Nessuno pensava si potessero imporre buon senso e disciplinaPochi colleghi stranieri, negli anni, si sono lasciati sfuggire l’occasione per il pezzetto di colore (le ragazze romane come amazzoni motorizzate, capelli al vento e quant’altro). Non so invece quanti abbiano scritto che le cose sono cambiate, e perché. Eppure sono cambiate. Sono cambiate anche in altri campi, se ci pensate. In Italia, abbiamo capito e usato bene la legge per l’elezione dei sindaci. Sappiamo adeguarci alla raccolta differenziata dei rifiuti. Usiamo l’euro come tutti in Europa. Abbiamo perfino saputo rinunciare alle automobili, quando ce n’è stato bisogno. Dicono che non siamo governabili. Spesso mi chiedo, invece, se non siamo governati. Non so perché, ma mi viene in mente la frase di una au-pair francese, spazientita col padrone di casa inglese incapace di darle ordini: «Monsieur, vous avez peur de me commander?». Ecco. Forse la nazione italiana - ragazza sveglia, in fondo - dovrebbe gridarlo in faccia a chi comanda, invece di ascoltare lusinghe che sanno d’imbroglio. Signore, voi avete paura di comandarmi! Beppe Severgnini