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 2002  giugno 28 Venerdì calendario

Il diavolo prestò l’idea dell’aria condizionata al giovane erede di una strega, Diario, venerdì 28 giugno 2002 Come ogni altro posto al mondo, anche a New York capita di somigliare a Milano

Il diavolo prestò l’idea dell’aria condizionata al giovane erede di una strega, Diario, venerdì 28 giugno 2002 Come ogni altro posto al mondo, anche a New York capita di somigliare a Milano. Ci sono giorni di luglio quasi agosto in cui il cielo è basso e bianco, ogni respiro costa cinque centesimi ed è tutto appiccicoso, tutto. Spesso in giorni così uno alza gli occhi, per cercare aiuto in un dio o in una bassa pressione, ma non c’è una nuvola, nulla, eppure mentre si china raminghi il capino, ecco sul collo una goccia. Ed è acqua, basta assaggiarla e la sostanza è certa, solo che intorno e in alto ci sono solo grattacieli, migliaia di finestre chiuse, e allora da dove, ci si chiede, solo che poi, nell’afa e nella grande mela, capita di pensare ad altro, almeno che non succeda un’altra volta. Plick.  un giallo da poco, basta pensarci, e se lo si risolve quando si è ancora lì lo si potrebbe comunicare ai passanti, a patto di sapere come si dice in inglese «condensa». Ci sono tanti condizionatori d’aria a New York, milioni di metri cubi che ad agosto s’illudono sia ancora primavera, e ogni illusione si paga, anche se non sembra, perché succede una goccia alla volta, plick. La prima si è vista a Brooklyn, la storia dell’aria condizionata è solo di carambola legata a privilegiati oziosi, la verità è che le prime a godere il fresco sono state macchine e operai, le une importanti e gli altri fortunati, ne è passato di tempo prima che gli ultimi due aggettivi si scambiassero di posto. 1902, una tipografia di New York, è estate e fa caldo, al punto che la carta cambia dimensioni, si allunga e si accorcia, e non sarebbe terribile se non succedesse durante una fase di lavorazione chiamata quadricromia, per cui sulla stessa pagina si torna quattro volte. Con il caldo è come se mentre si firma qualcuno muovesse il foglio, e tutto diventa sbavato. Il risultato è così brutto che vale la pena di cercare una soluzione, anche se è la prima volta e chissà se funziona. L’idea è di un ragazzo di ventisei anni, assunto l’anno prima, appena dopo la laurea in ingegneria e per appena dieci dollari la settimana, e si scopre che funziona. L’idea. Si stringono mani, si paga la fattura e si ringrazia quell’ingegnere, Willis Haviland Carrier, un ventiseienne con un futuro davanti e uno scheletro dietro, nell’armadio, ma in quegli anni non se ne parla così come, anche perché prima che si cominci a parlare di «aria condizionata», è necessario aspettare fino al 1906, che è anche l’anno del primo brevetto con la firma di Carrier. Nel frattempo la società per cui lavora, la Buffalo Forge Company, si dà da fare, soprattutto nel Sud degli Stati Uniti, ma nel 1907 l’aria fredda artificiale arriva anche in una seteria giapponese, a Yokohama, dove altre mani verranno strette, e altre fatture verranno pagate. Nel 1911 è il momento di formalizzare, e Carrier presenta all’Associazione nazionale di ingegneria un lavoro che è ancora alla base di quella teoria che ha tra le sue applicazioni pratiche il fatto che d’estate si sta meglio in un supermercato che a casa. Idea nebbiosa. Più tardi racconterà che era un sera nebbiosa, stava aspettando un treno, ma è arrivata prima una idea, plick, come una goccia sul collo. Ognuno aspetta a modo suo e lui cercava un modo per legare matematicamente temperatura, umidità dell’aria e dew point, che in italiano si chiama «punto di rugiada», ed è la temperatura di condensazione. Sul treno ci ripensa e gli pare che funzioni, le cronache non riportano cosa abbia detto a chi a casa lo aspettava. Il mondo lì per lì non si sconvolge più di tanto e, invece che festeggiare, non solo la sua azienda decide di chiudere la divisione per cui Carrier lavorava, ma addirittura comincia la Prima guerra mondiale. Nel 1915, con un capitale iniziale di 36 mila dollari, nasce la Carrier Corporation: oltre a lui (e già allora lo chiamavano the Chief, il Capo), altri cinque transfughi della Buffalo Forge. In quegli anni ognuno aveva i propri problemi, c’era chi combatteva a Verdun e chi invece bestemmiava la pasta italiana, o meglio, la versione che in quegli anni l’America ne dava. Loro hanno i cowboys, che noi immaginiamo come possiamo, e noi abbiamo la pasta, che loro fanno come possono, e chiamano anche macaroni. Il fresco sui maccheroni. «C’erano cinque tonnellate di macaroni sul pavimento», ha poi ricordato un collaboratore di Carrier. Il problema di quel pasticcio era l’umidità, il processo di essiccazione non riusciva a vincerla, e così hanno dovuto chiamare the Chief, il Capo. Che è arrivato, ha stretto mani, si è reso conto di ambiente e condizioni e ha cominciato a lavorare, cercando di capire come e quanto usare le macchine. Alla fine c’è riuscito ma, «abbiamo rovinato un sacco di maccaroni», ha raccontato quel collaboratore. Nel 1924 viene installata nel J. L. Hudson Department Store a Detriot, Michigan, perché durante i saldi la gente per il troppo caldo sveniva. Comincia la seconda fase della storia dell’area condizionata, e se nella prima la parola chiave era «produzione», ora le cose cambiano, si pensa alla gente, ed è per questo che entra in gioco la pubblicità. I primi tre teatri a beneficiarne sono in Texas, ma dopo pochissimo la novità arriva anche a New York, e ci sono anziani che ancora ricordano come, per attirare il pubblico, sulle locandine dei cinema venissero stampati dei cubetti di ghiaccio, blu. Alla prima idea di Carrier se ne aggiungono altre, come gocce, una via l’altra, alla fine i suoi brevetti saranno più di ottanta, ma non per questo la sua è sempre stata una vita facile, e non solo per quello scheletro nell’armadio, di cui parleremo. La storia non permette scorciatoie, e dopo primi successi tocca a Carrier, alla sua azienda, ma anche all’America, di passare attraverso uno dei ristoranti doposbornie del capitalismo. il 1929 e stavolta si chiama Grande Depressione, ed è un peccato che arrivi, in generale, ma anche in particolare, nel piccolo di questa storia, perché da poco l’aria condizionata stava arrivando alla gente, anzi, ai consumatori, ma sempre meglio di niente, no? Cominciano anni bui, in cui si torna a frescheggiare macchine e fabbriche, la gente se vuole può aprire le finestre, anche se a Wall Street a volte capita che lo faccia per poi buttarcisi. Negli anni Trenta il massimo dell’innovazione riguarda la climatizzazione dei vagoni che trasportano alimenti deperibili, e non è cosa da poco, visto che poco dopo qualcuno si è accorto che non solo i salmoni congelati e poi scongelati sono ancora buoni, ma che il principio si può applicare a molti altri alimenti. Nel 1937 l’aria condizionata viene istallata addirittura in una miniera di rame dell’Arizona, e due anni dopo la Packard produce la prima auto climatizzata. Metri e metri di curve e metallo, pelle e pulsanti colorati, peccato che con l’aria condizionata accesa non si potesse tener il gomito fuori dal finestrino, e peccato anche che per spegnerla si dovesse fermare l’auto, aprire il cofano, e pasticciare con i misteri grassi e roventi che stanno là sotto. Sono difetti da poco, in fondo è un bel momento, non solo per i condizionatori, ma per l’intero mondo dei clorofluorocarburi. Dal 1920 a quell’anno, il 1939, il prezzo dei frigoriferi era passato da 600 a 150 dollari, e poi stava arrivando la guerra, c’era il tempo di sistemare gli ultimi dettagli. Tra gli altri miglioramenti, anche la riduzione delle dimensioni dei condizionatori ad uso domestico, i primi derivavano direttamente da quelli usati nelle fabbriche, e si notava: il primo ad essere chiamato «portatile» è del 1932 e pesava cinque quintali. Ma le cose cambiano, e alle volte migliorano, così come le guerre alle volte finiscono. L’aria condizionata si diffonde, si cambia non solo il modo di costruire le case (meno verande, soffitti meno alti), ma si inverte anche la spinta demografica che portava la gente a cercare casa (vita) a nord. Dal 1940 in poi sono gli Stati del Sud ad avere l’indice di maggior sviluppo, e per molti sociologi è dipeso dalle macchine che avevano la forma delle idee di Carrier. Iniziano a occuparsi di loro anche le riviste popolari, ”House Beautiful”, ”House & Home”, ci sono pubblicità dell’epoca con lo slogan che sintetizzano quello che stava accadendo: «Aria condizionata a milioni (di persone), non solo a milionari». Occhio ai falsi bisogni. Il sociologo William Whyte jr. ha studiato in maniera approfondita come a Philadelphia, in alcuni quartieri, nel 1954 le istallazioni si siano susseguite, cercando di dimostrare come i vicini si condizionassero (sic!) reciprocamente all’acquisto di alcuni beni. C’è benessere, c’è un’indulgenza con se stessi e con gli stimoli esterni che provoca la reazione dell’anima pura e puritana dell’America, oltre che di quelli che per mestiere facevano i conti della serva. Tra questi anche l’economista John Kenenth Galbraith, che nel 1958 mette in guardia contro i bisogni indotti creati da produttori e pubblicitari, perché difficilmente il ceto medio avrebbe saputo rinunciarvi. Le Cassandre tuttavia avranno modo di aspettare fino agli anni Settanta, prima che qualcuno cominciasse a dare loro ascolto. «Il vero prezzo del comfort è lo spreco di energia e il degrado ambientale», lo dice il rapporto annuale di un’associazione di consumatori nel 1973, e poi per un po’ le cose tenderanno a peggiorare. Nel 1974 il Presidente Richard Nixon chiede agli americani di tenere d’inverno i propri termostati a una temperatura che non sia superiore ai 20 gradi; Jimmy Carter, nel 1977, a due giorni dal proprio insediamento alla Casa Bianca fa scendere addirittura la richiesta a 18 gradi. Nel 1979 il Congresso approva una legge che fissa il minimo dei condizionatori a 27 gradi, ma un mese di proteste da parte di musei, ristoranti, centri commerciali, convince i politici a fare politica, non pensando a cosa sia il bene della gente, ma a cosa la faccia stare bene, e il limite quindi viene abbassato a 25 gradi (alcuni giudici federali invece se ne impippano, e nelle loro corti il termometro segna 23 e 21 gradi). Una sopravvivenza difficile. Nella storia dell’aria condizionata è sempre così, non si riesce a stabilire la misura esatta, l’equilibrio tra egoismo e benessere sociale, tra produttività e disastro ambientale. Un amore di contrabbando che coinvolge anche industriali e politici; nella lotta tra bene e male ci sono un po’ tutti, anche i fantasmi, e non soltanto quello di James Garfield, il presidente degli Stati Uniti che venne ferito nel 1881 da un attentatore, protetto dal caldo di quell’estate assassina da 22 tonnellate di ghiaccio e un ventilatore (poi però è morto). Ce ne sono anche altri, di fantasmi, alcuni imprevedibili, come quello di Bill Clinton, che tra l’elezione di George Bush jr. e il suo insediamento firma una proposta che, se fosse stata approvata, avrebbe fatto adottare lo Standard Seer 13. Per i condizionatori Seer è la misura tra quanto consumiamo (in energia) e quanto producono (in aria fresca), e 13 vuol dire 30 per cento in meno, rispetto ai consumi attuali. Bush è dall’aprile del 2001 che lotta con questa proposta (fantasma) di Clinton: dalla sua ha gli industriali, i quali dicono che con questo standard i consumatori pagherebbero troppo per un impianto, ma anche i petrolieri non erano scontenti, l’elettricità alla fin fine è un sottoprodotto di quel che vendono. Contro Bush c’erano gli ecologisti, ovviamente, e anche quelle associazioni di consumatori che facevano notare come impianti Seer 13 vengano prodotti da anni, e non richiedevano quindi innovazioni costose, specie se poi si pensa che in Stati dell’unione come la California si parla di risparmi del 10 per cento dell’elettricità consumata. Alla fine, roba di pochi giorni fa, ovvero il 3 maggio 2002, ha vinto il giovane Bush, il fantasma di Bill Clinton è stato sconfitto, mentre non è dato sapere che ne pensa quello di Carrier, morto nel 1950 a 73 anni, dopo una vita fatta di più di ottanta brevetti, tre mogli (due delle quali erano vedove), e due figli adottati, dei quali nessuno gli è sopravvissuto. Presbiteriano, repubblicano, giocatore di golf e discendente di una strega, Martha Carrier, giustiziata a Salem nell’agosto del 1692, Carrier è ricordato per un’idea che sembra il prestito di un diavolo interessato e gentile, per la quale nel silenzio di una chiesa, un anno prima della sua morte, il vescovo di New York ha intonato: Per l’ingegnosità nell’inventore, / per la volontà del Lavoratore, / e per l’iniziativa dell’imprenditore, / noi ringraziamo Te, o Signore. Amen, no? AndreaP