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 2002  luglio 10 Mercoledì calendario

Gli dei contro la Gnutella di Gene, Corriere della Sera, mercoledì 10 luglio 2002 New York. La sua start-up, la sua prima compagnia web, l’aveva nascosta in un magazzino di spedizioni abbandonato, a poche miglia dall’aeroporto di San Francisco

Gli dei contro la Gnutella di Gene, Corriere della Sera, mercoledì 10 luglio 2002 New York. La sua start-up, la sua prima compagnia web, l’aveva nascosta in un magazzino di spedizioni abbandonato, a poche miglia dall’aeroporto di San Francisco. Con ”InfraSearch”, da quel buco polveroso, Gene aveva deciso di dare l’assalto al cielo. Prometeo aveva rubato il fuoco agli dei per regalarlo agli uomini. Lui, chino sul computer, sotto il suo casco di capelli corvini, rimuginava un sogno non molto diverso: avrebbe restituito agli uomini Internet, il nuovo fuoco dei tempi moderni, sottraendolo ai signori dei portali, dei provider, dei motori di ricerca. «Internet riconsegna alla gente il potere: all’origine era nato come un posto di libertà», ripeteva. Forse è per questa eresia che Gene Kan, incoronato da Time nel 2000 come uno dei ”dodici geni digitali” dell’anno, è stato punito. Con una pena crudele: questo venticinquenne californiano che ha speso la sua breve vita perché le informazioni circolassero libere nei computer degli uomini, è morto senza che nemmeno una riga sulla sua fine comparisse in rete per dieci giorni. E ancora adesso, quando il cadavere è già stato cremato, la notizia è controversa, le prime agenzie parlano di «un incidente», su cui la famiglia ha chiesto il silenzio assoluto. Gene si è ucciso il 29 giugno, stroncato dalla depressione e dalla paura assurda di essere un fallito, imbottito di Prozac e delle inutili chiacchiere dei siti antisuicidio, dice invece il giornale on line ”Wired.com”, che solo ieri ha svelato i contorni della storia, sottolineando amaro: « certo un’ironia che l’annuncio della morte di un genio dello scambio dei file abbia viaggiato così lentamente». O forse è davvero la vendetta degli dei, più crudele di quella subita da Prometeo: per il piccolo eretico che rubava potere ai monopolisti del web, deridendoli davanti alla commissione giustizia del Senato («Devono accettare che le cose cambino, il dentifricio è già uscito dal tubetto e loro non possono fermarci»), ecco dunque il contrappasso del silenzio, l’oscuramento della memoria. Ma non bastano dieci giorni di oblio a cancellare tutto. Perché Gene il suo sogno l’ha realizzato, eccome. Laureato a vent’anni in ingegneria elettronica a Berkeley, questo ragazzo timido, che scriveva versi in giapponese e aveva la fissazione delle macchine da corsa, ha legato il suo nome alla rivoluzione scoppiata dopo Napster, il diabolico programma capace di «liberare la musica» facendo scambiare gratis quei file che, sotto copyright, tengono in piedi l’industria discografica, un business da 40 miliardi di dollari (42 miliardi di euro). Quando Napster era ormai incatenato per ordine dei giudici americani, era emersa la seconda generazione di pirati, già cresciuta sotto traccia con la stessa arma: il peer to peer, la comunicazione tra computer ”da pari a pari”. Semplificando: Napster poteva essere fermato perché aveva bisogno di un server centrale, ma chi avrebbe potuto mai arrestare milioni di terminali che, dialogando tra loro, si sollecitassero e si trasmettessero a vicenda i file ”incriminati”? Così, su quest’onda, ecco ”Gnutella”, il software che aggirava le catene dei giudici e gli scartafacci degli avvocati: a chi fare causa se non si può risalire al padre di tutti i computer? Gnutella diventa subito un fenomeno planetario, gli hackers ne fanno circolare fiumi di copie online, nelle chat room d’America non si parla d’altro. Dietro Gnutella, nel magma di giovani cervelli che affollano il nuovo universo, spicca lui, Gene Kan, con il suo sorriso, il suo talento: «Abbiamo una lunga strada davanti». è un leader naturale. E siccome è capace di tradurre in parole semplici la lingua esoterica dei programmatori, diventa il portavoce dei ribelli della ”Gnutella generation”, la faccia della speranza per milioni di teenager che, chiusi nelle loro stanzette, cercano i suoni e i colori della vita in un videoterminale. Gene crea un sistema ”aperto” per usare ”Gnutella”, tutti possono entrarne e uscirne in libertà, è come intrufolarsi gratis in una grotta del tesoro che contiene i dischi, i libri, la conoscenza del mondo. La tappa successiva è capire che non c’è solo la musica: «Gene è stato il primo a intuire che la comunicazione da pari a pari serviva non solo per le canzonette, ma per un approccio potente ai problemi della rete», dice l’editore online Tim O’Reilly. Nell’estate del 2000, a 23 anni, Kan fa un altro passo sulla strada del libero scambio di file e battezza ”InfraSearch”, la sua vera creatura, con un nome di copertura in rete: Gonesilent.com. Quel programma, che permette a cellulari, palmari e personal di comunicare saltando ancora una volta portali e grandi motori di ricerca, è l’ennesimo schiaffo del ragazzino impertinente ai nuovi padroni del vapore. «Penso a quanto possa servire ai dissidenti di tutto il mondo», racconta lui. Davvero non ci sono in ballo solo ”canzonette”, come dice O’Reilly: la libertà di parola, di protesta, di associazione sono le nuove frontiere del ragazzino californiano. Il fuoco è rubato. Ma gli dei se lo riprendono presto. A marzo di quest’anno ”InfraSearch” passa di mano: la compra un gigante del settore, Sun Microsystems, per 10 milioni di dollari. Gene forse non sa resistere, forse si lascia tentare da quella valanga di quattrini che ha già arricchito un’intera generazione di suoi coetanei, decollati con le start-up sulla costa californiana. Forse tradisce se stesso e il sogno che credeva di sognare. Alla fine, con una qualifica da consulente per nuovi progetti, diventa un ricchissimo impiegato del suo padrone. «Gli chiedevano cose che non lo stimolavano più, ma lui sapeva che questo fa parte del gioco quando lavori per una grande compagnia», racconta adesso Cody Oliver, il suo primo compagno nell’avventura cominciata dentro al vecchio magazzino di San Francisco. Nessuno ci dice se proprio allora Gene inizia a morire. Cody ricorda che «stava male da tempo, ma mi aveva promesso che non avrebbe fatto nulla di irreparabile». Invece, nel sito di Berkeley, lui ha già ritoccato il proprio curriculum: «Sommario: triste esempio di essere umano. Specializzazione: fallimento». Non bastano gli antidepressivi, non servono le chiacchiere. Si aggiungono «problemi personali» di cui la famiglia non vuole che si parli. Cody lo ricorda con poche parole commosse: «Potevi chiamarlo anche nel cuore della notte con una gomma a terra sentendoti sempre rispondere ”arrivo in dieci minuti”. Lui era uno che aiutava tutti». Alla fine il ragazzo che aiutava tutti non è più in grado di aiutare nemmeno se stesso. Sembrano già lontani i tempi in cui, scoperto dai network televisivi e assalito dai cronisti che gli chiedevano interviste, sapeva difendersi con quell’aria spaurita che lo rendeva amabile «come uno che sta a cavallo di un missile balistico destinato al paradiso su cui s’è imbarcato accidentalmente». Con quell’ironia che lo spingeva a rispondere lieve alle case discografiche che protestavano: «Mi addolora dirlo, ma proverò a fare un’osservazione neutrale: capita che le industrie vengano rese obsolete dai grandi cambiamenti tecnologici. I piccioni viaggiatori, per esempio, sono largamente disoccupati ai giorni nostri». Ora non è più tempo per farsi beffe degli dei. Dalla Sun Microsystem esce un comunicato pieno di rammarico: «Kan aveva portato idee nuove nello spazio della comunicazione da pari a pari, era un grande amico e collega, ci mancherà». Ma le parole scoloriscono presto in questa storia in cui «forse è troppo difficile per tutti parlare di come un genio di 25 anni possa chiudere la propria vita», scrivono quelli di ”Wired.com”. Nel sito Gonesilent è comparsa una foto. Gene è di spalle, su una spiaggia, con l’oceano davanti, i capelli lucidi nel sole. Fa volare un aquilone, e lo guarda, come se sapesse che il vento glielo porterà via. Goffredo Buccini