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 2002  luglio 15 Lunedì calendario

Su una spiaggetta la Santanchè scoprì d’essere un brand, Corriere della Sera, lunedì 15 Luglio 2002 Porto Cervo

Su una spiaggetta la Santanchè scoprì d’essere un brand, Corriere della Sera, lunedì 15 Luglio 2002 Porto Cervo. «Ho capito di essere diventata un marchio, un brand, una mattina, proprio qui in Sardegna, su una spiaggetta quasi deserta. Ero in bikini, a prendere il sole. Si avvicina un bimbetto che avrà avuto al massimo cinque anni e mi dice: Scusi, lei è la Santanchè? La posso toccare? La mia mamma e le sue amiche dicono che lei è tutta di plastica... L’anno successivo, per continuare la mia campagna personale, mi feci stampare una maglietta con su scritto: 100 per cento, tutta plastica». Sulla piazzetta più vip d’Italia incontro Daniela Garnero da Cuneo, figlia di Ottavio e Delfina, imprenditori dei trasporti, deputata di Alleanza Nazionale. Lei, ex moglie del chirurgo estetico Paolo Santanchè e attuale compagna di Canio Mazzaro, ironico e garbato uomo del profondo Sud, imprenditore nella sanità al Nord, madre di Lorenzo, 6 anni (che ininterrottamente mi spara con un liquidator, ultima generazione delle pistole ad acqua) si presenta sempre così: «Sono la Santanchè». Più la prendono in giro, più le storpiano il cognome e più sorride... « il primo punto della tecnica della comunicazione: imporre il proprio nome. Quando mi dicono: Santa de che? Io mi diverto moltissimo». Il marchio della signora è diventato un’impresa e produce 16 miliardi all’anno di fatturato, «ho fatto della mondanità un lavoro», e si capisce che mentre lo dice pensa a tutte le croniste che la eleggono, a turno, ogni estate, regina dell’eccesso. Faccia tosta e simpatica, fisico tonico e scattante, seno abbondante «tutto mio, ho rifatto in verità solo il naso perché aveva la gobba», gambe appese a tacchi vertiginosi, sempre vestita come piace ai maschi, la Santanchè anche in questo finesettimana estivo lavora. Con il socio Flavio Briatore, «amico dai tempi di Cuneo» è proprietaria del ”Billionaire”, il locale che ha riaperto venerdì notte. Un locale che lei definisce «un pozzo di san Patrizio». La filosofia della signora è la seguente: «La gente ha voglia di sognare. Divertirsi e liberarsi fa bene alla salute. Siamo circondati da ipocriti che fingono di detestare il lusso e le belle donne. Lo sa che moltissime persone, anche al vertice delle istituzioni, vorrebbero solo andare alle feste e poi uscire con la fotina su ”Chi”? Lo sa che mi chiedono di imbucarli alle feste dove vado io? Le donne casalinghe, quelle che a milioni guardano ”Beautiful”, secondo lei, vorrebbero somigliare a me o a Rosy Bindi?» (davanti a un interrogativo così inquietante, cambio rapidamente discorso...) . Parliamo di uomini. E dei loro difetti: è il gioco delle donne in vacanza. «Sono poco virili, non sono più galanti. In barca, ti passano davanti, ti passano sopra. Sono distratti. Devono mettersi la loro cremina, il loro pareo, l’olio per i capelli... E io, che sogno l’uomo di Hollywood, il principe azzurro, quello che in vacanza ti circonda di coccole, ti vizia con regali strepitosi, gioielli da urlo, sono infuriata. Avremmo diritto a 15 giorni di attenzioni, visto che tutto l’anno ci scappano da un consiglio d’amministrazione a una riunione, no? Ho un’idea, da suggerire a Rai e Mediaset: perché in questi giorni non mandano in onda quei deliziosi film tipo Pretty Woman o Shakespeare in Love? Potremmo promuovere dei corsi di rieducazione del maschio alla conquista, costringerli a rivedere i film giusti...» (La signora dell’estate billionaria sorride spesso, fuma con gusto, stoppa i cellulari - due - che vorrebbero interromperci. Si capisce al volo che ”essere la Santanchè” è la sua vittoria personale su un destino di ragazza di provincia anonima e sconosciuta...) . Prima di diventare la Santanchè, Daniela si chiamava Garnero e abitava a Cuneo con i genitori e i fratelli Massimo e Fiorella. Papà li educava alla vita dura. Pochi vizi, pochissimi regali. L’estate, la famiglia Garnero, per esplicita imposizione di papà Ottavio, girava l’Italia al grido di: «Prima di andare all’estero, dovete conoscere il vostro paese». Un classico dei Sessanta. «Partivamo dopo giorni di preparativi. Mamma alla guida della Mercedes marroncina metallizzata, papà con atlante, libro di storia e guida stradale sulle ginocchia. Noi dietro, io facevo presine all’uncinetto e chiedevo sempre di fare la pipì, mia sorella leggeva libri, mio fratello costruiva con il Lego. Radio spenta, papà ci spiegava tutto su ogni piccolo comune. Poi ci interrogava su Garibaldi, Napoleone... Ottavo figlio di contadini, papà aveva il terrore che restassimo ignoranti e ci tormentava con le sue lezioni di storia e geografia. Ogni tanto, per premio, riuscivamo a sentire una canzone di Baglioni, con quei nastri giganti, gli Stereo 8, che si usavano allora nelle autoradio. Dai 6 ai 16 anni, ogni anno lo stesso programma. Pezzo per pezzo, abbiamo girato tutta Italia. Poi, esausti, venivamo sbarcati dai nonni materni a Pietraporzio, un paesino di montagna in Piemonte. Lei, Fiorenza, adesso ha 98 anni ed è ancora un carabiniere, lui, Mario De Fanti, è morto. Era un socialista vero, era stato a combattere in Russia, ci raccontava di quando dal freddo ai soldati si staccavano le dita, noi bambini ridevamo e lui ci sgridava: dovete saperle queste cose, sennò mi venite su fascisti...». La ribellione arriva l’estate dei tredici anni. «Volevo andare a Londra, a tutti i costi. Mio padre mi sfida: ci vai se te lo paghi da sola, il viaggio in Inghilterra. C’è la raccolta delle fragole... Per 40 giorni, dalle due alle sei, tutti i pomeriggi andavo a Peveragno a raccogliere, con la schiena spezzata in due. Guadagnai 100 mila, il prezzo giusto dell’aereo e dell’albergo. Per mangiare e per il resto ne servivano altre cento. Papà mi sfidò di nuovo: te le presto io, saprò come fartele ripagare... Quando ricominciò la scuola, mi mandò tutti i sabati a pulire, in una nostra azienda, otto bagni dei camionisti. Dalle due alle otto di sera, mentre le mie amiche sfoggiavano i regali dei loro genitori, io piangevo e pulivo, mi sembrava di svenire, ma non ho ceduto. Una volta, ho dato lezioni di nuoto a Spotorno pur di comprarmi quel ciondolo di Pomellato, un pupazzetto d’oro che era il simbolo della felicità per noi ragazzine. E dicevo una bugia: me l’ha regalato papà!». Da Cuneo a Montecitorio. Dalla raccolta delle fragole agli yacht e alle feste più esclusive d’Italia... Possibile? «Mi sono laureata e sposata in pochi mesi, era il 1983. La mia tesi, in scienze politiche, su Donna e impresa, mi fece capire che comunicare è importante tanto quanto fare. Arrivai qui, proprio a Porto Cervo, e misi in pratica la lezione in famiglia: decisi che mio marito, giovane e sconosciuto chirurgo plastico, sarebbe diventato famoso in tutta Italia. Le feste e gli eccessi servivano ad attirare l’attenzione su di me, testimonial perfetta di un uomo di successo. Gli ho fatto guadagnare miliardi...». Il matrimonio è finito e il divorzio è nelle mani degli avvocati. L’attuale compagno, Canio, la guarda estasiato e divertito, come se fosse al cinema. Lei si alza, va verso i negozi, «andiamo a vedere Dolce e Gabbana», lui resta con gli amici a prendere l’aperitivo. Lorenzo, il bambino cui viene dedicata ogni anno, il 10 agosto, la festa più ricca della Costa Smeralda, segue mamma. Dietro di loro, fotografi professionisti e turisti della domenica accarezzano con lo sguardo e con le telecamere digitali la cenerentola di Cuneo diventata principessa dei vip. Barbara Palombelli