Elena Comelli diario, 19/07/2002, 19 luglio 2002
Wall Street, quanto ci costi, diario, 19 luglio 2002 Quando l’economia americana ha cominciato a rallentare nel 2001, dopo anni di tassi di crescita stratosferici, la macchina economica europea ha continuato a girare allegramente ancora per qualche mese
Wall Street, quanto ci costi, diario, 19 luglio 2002 Quando l’economia americana ha cominciato a rallentare nel 2001, dopo anni di tassi di crescita stratosferici, la macchina economica europea ha continuato a girare allegramente ancora per qualche mese. In quell’occasione non sono mancate le consuete espressioni di soddisfazione da parte di qualche europeo illustre ma poco previdente, che ha subito candidato il Vecchio Continente al ruolo di locomotiva mondiale. Fatalmente, dopo qualche mese ha cominciato a perdere colpi anche la macchina europea, che ben presto si è impantanata molto più profondamente di quella americana nelle paludi della recessione. Lo stesso è accaduto con la maledizione degli scandali contabili: una malattia, dicevano gli europei, specifica del capitalismo americano. Evidentemente non avevano mai sentito parlare di globalizzazione: dopo Vivendi avranno materia sufficiente per ricredersi. I mercati finanziari, almeno, speravano in un trattamento di favore. Ma anche qui la delusione non si è fatta attendere. Così come negli anni Novanta le Borse europee avevano approfittato della forza motrice di Wall Street, facendosi trainare in alto, ora non potevano che seguirla agli inferi. Unica differenza: le altezze raggiunte dai listini del Vecchio Continente negli anni Novanta erano più modeste di quelle di Wall Street, mentre la caduta di questi mesi è ben più disastrosa. Solo nei giorni successivi all’11 settembre, quando New York ha prudentemente chiuso bottega, le Borse europee hanno bruciato un valore quattro volte superiore (in percentuale) a quello lasciato sul terreno dall’indice Dow Jones. E anche in queste ultime due settimane, le peggiori dell’anno borsistico europeo, lo schema si è ripetuto sempre uguale: Wall Street prende poderose scivolate iniziali e poi si ritira su in chiusura di giornata, mentre da questa parte dell’Atlantico le Borse, ingannate dall’esordio disastroso, chiudono al tappeto. Nella sola seconda settimana di luglio, i mercati europei hanno bruciato in complesso quasi 700 miliardi di euro, con le grandi piazze di Londra, Francoforte e Parigi che perdevano quotidianamente il 3-4 per cento del valore dei listini, scendendo abbondantemente sotto i minimi dello scorso settembre. Anche la settimana seguente l’avvio è stato analogo. Prendiamo lunedì 15 luglio, il giorno peggiore dall’11 settembre per le Borse europee. Mentre l’euro raggiungeva la parità con il dollaro, Londra lasciava sul terreno il 5,44 per cento, Francoforte il 4,42 per cento, Parigi il 5,40 per cento e Milano il 3,90 per cento. Alle due del pomeriggio, ora di New York (le otto in Italia) anche il Dow Jones perdeva oltre il 5 per cento, sfiorando i minimi del 21 settembre (8.236 punti). Ma dalle due e mezzo alle quattro, ora di chiusura, il listino americano ha preso la rincorsa, risalendo di 400 punti in 92 minuti per chiudere poco sotto il livello di partenza, con una perdita dello 0,52 per cento. Nel frattempo, che cos’era successo? Sostanzialmente nulla. C’era stato un discorso di Bush in Alabama, in cui come al solito il presidente non aveva detto niente di utile né d’interessante. Subito dopo il suo discorso, come di consueto, Wall Street aveva accentuato le perdite per un paio d’ore, prima di partire per il rally finale. Per quale ragione i mercati si siano rimessi al bello non è dato sapere. O meglio, si può cercare d’indovinare. Nel pomeriggio era passata al Senato la nuova legislazione che irrigidisce le regole sulla contabilità di bilancio. Sempre sul fronte delle irregolarità contabili, Coca-Cola e ”Washington Post” avevano annunciato l’intenzione di includere le stock option dei dipendenti nella categoria delle spese, così come sarebbe corretto fare ma quasi nessuno faceva sull’onda della passata euforia borsistica. Novità positive, niente da dire. Ma certo non un terremoto. Alla prova dei fatti, comunque, anche stavolta mentre il Dow Jones e il Nasdaq (quel lunedì il listino dei tecnologici ha chiuso addirittura in positivo) si riprendevano, le Borse europee restavano al tappeto. Dove presumibilmente resteranno finché Wall Street, per motivi suoi, non deciderà di credere alla ripresa economica, ormai felicemente avviata senza che i mercati ne abbiano ancora preso nota. Elena Comelli