Matteo Guarnaccia Musica, 18/07/2002, 18 luglio 2002
Due marinaretti e Goya: storia del ”simbolo della pace”, Musica, 18 luglio 2002 C’era una volta la Guerra Fredda e una generazione ossessionata dalla paura della Bomba
Due marinaretti e Goya: storia del ”simbolo della pace”, Musica, 18 luglio 2002 C’era una volta la Guerra Fredda e una generazione ossessionata dalla paura della Bomba. Una generazione a cui sembrava di vivere sul set di un brutto film di fantascienza, dove perfide menti aliene (alias il potere politico-militare imperante) stavano complottando per spazzare via la vita dal pianeta. Oggi nessuno sembra più preoccuparsi della minaccia di un conflitto nucleare, nonostante proliferino nel mondo classi dirigenti particolarmente paranoiche pronte a premere il fatidico pulsante. La Bomba è scesa nella hit parade delle paure dell’umanità, scalzata da altri fantasmi più o meno concreti. Resiste invece una testimonianza grafica che nessuno ormai collega a quegli eventi: il cosiddetto ”simbolo della pace”. Diventato uno dei loghi più conosciuti, associato con l’America degli anni Sessanta e la cultura hippie, nasce in realtà in Gran Bretagna nel 1958 come simbolo della Cnd (Campaign for Nuclear Disarmament) un’organizzazione pacifista che aveva tra i suoi promotori il battagliero filosofo, Bertrand Russell (1872-1970). Se pochi ancora si ricordano del vecchio leone libertario - che per tutta la sua vita si battè contro l’immoralità e la stupidità della guerra - quasi nessuno ha mai sentito parlare di Gerald Holtom, l’artista inglese che inventò questo simbolo che è riuscito ad imporsi sul suo più diretto concorrente, la colomba della pace di Picasso. Holtorn, durante la II Guerra Mondiale, aveva scelto coerentemente coi propri principi di diventare obiettore di coscienza (una decisione per nulla scontata a quei tempi). Nel dopoguerra si era avvicinato come attivista alla Cnd, a cui propose un logo che aveva disegnato basandosi sulla posizione che i marinai assumevano nelle loro trasmissioni a distanza con le bandierine per rappresentare le lettere ”N” (Nuclear) e ”D” (Disarmament). L’idea gli era venuta studiando la famosa opera di Goya dei popolani madrileni fucilati dalle truppe di Napoleone (3 Maggio 1808). In particolare due personaggi del quadro lo colpirono: uno vivo con le braccia alzate e uno morto con le braccia abbassate. Le due posture stilizzate diventarono una linea verticale con due linee inclinate verso l’alto e verso il basso. Iscritto in un cerchio per rappresentare il mondo, questo secondo motivo, concepito come segno di disperazione, venne riprodotto sui cartelli che i pacifisti inglesi inalberavano nelle loro famose marce di protesta da Londra ad Aldermastom (una base militare dove venivano fabbricate le armi nucleari). I primi distintivi col ”simbolo della pace” vennero realizzati in ceramica dalla Cnd e distribuiti con un foglietto di istruzioni che avvertiva che quello sarebbe stato uno dei pochi manufatti umani a restare integro in caso di olocausto atomico (una delle spille originali è oggi conservata all’Imperial War Museum di Londra). Un collaboratore di Martin Luther King, Bayard Rustin, che aveva preso parte ad una marcia di Aldermastom riportò con sé il simbolo negli Stati Uniti, dove venne adottato dagli attivisti per i diritti civili. Nella metà degli anni ’60, comparve nelle dimostrazioni contro la guerra del Vietnam, dipinto sulle bandiere americane, sui vestiti dei contestatori e persino sugli elmetti del militari impegnati al fronte (oltre che su milioni di spille, magliette - affiancato allo slogan ”Fate l’amore non la guerra”, mobili e tessuti d’arredamento, portaceneri, asciugamani... Holtom da puro idealista non aveva brevettato il logo, e quindi, nè lui nè la Cnd beneficiarono degli enormi profitti derivati dal suo sfruttamento commerciale). Nello stesso periodo, sponsorizzate dalle chiese fondamentaliste americane, nacquero leggende circa supposte origini sataniche del simbolo - croce spezzata come ”evidente” allusione alla sconfitta del cristianesimo. Ma il successo popolare continua da quasi mezzo secolo, sui muri di Sarajevo e di Timor Est, nelle manifestazioni e sugli zainetti dei ragazzi. Anche se qualcuno lo confonde col simbolo della Mercedes. Matteo Guarnaccia