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 2002  agosto 02 Venerdì calendario

Le medaglie di Alik il baro, La Stampa, venerdì 2 agosto 2002 Mosca. Il 20 luglio del 1999 in un albergo di lusso a Parigi si è tenuto un ricevimento

Le medaglie di Alik il baro, La Stampa, venerdì 2 agosto 2002 Mosca. Il 20 luglio del 1999 in un albergo di lusso a Parigi si è tenuto un ricevimento. Nella capitale francese gli invitati non suscitavano molta curiosità, ma a Mosca una simile concentrazione di facce da copertina - stilisti, politici, cantanti e sportivi - avrebbe attirato folle di curiosi. La crème de la crème della Russia era venuta a festeggiare a champagne e caviale un uomo piccolo, con marcati lineamenti asiatici, la cui faccia - contrariamente a quelle degli ospiti - era più nota non ai lettori delle cronache mondane, ma alle polizie di mezzo mondo. Era Alimzhan Tokhtakhunov, arrestato ieri a Mestre e indicato dall’Fbi come il responsabile della corruzione del giudice di gara francese alle Olimpiadi di Salt Lake City, quando la coppia russa Berezhnaya-Sikarulidze vinse la medaglia d’oro nel pattinaggio sul ghiaccio a scapito dei canadesi Sale-Pellettier. Quel giorno di luglio Tokhtakhunov non sembrava imbarazzato per avere attorno tanti personaggi ricchi e famosi, che familiarmente gli si rivolgevano come ”Alik”. Ma qualcuno menzionava anche il suo nome di battaglia, con il quale figurava nei dossier della polizia e nelle gerarchie del mondo criminale: Taiwancik. Eppure il governo russo gli aveva appena conferito la medaglia di San Constantino. Ed è stato proprio con la croce tempestata di pietre preziose al collo e un mantello di seta bianca sulle spalle che il cavaliere ha posato per una foto ricordo con i suoi ospiti. Qualche anno prima il cantante Iosif Kobzon, ugola d’oro del Cremlino e ”Sinatra russo”, era stato messo in serio imbarazzo dalla pubblicazione di una foto che lo ritraeva in compagnia con Taiwancik. Ma i tempi erano ormai cambiati. Quello del luglio ’99 era probabilmente il momento più alto della sua carriera, una consacrazione pubblica: «Sono un mecenate», disse il piccolo uomo con il mantello: «Spendo tutto quello che guadagno in beneficenza. Credetemi, io stesso non mi ricordo tutto quello che faccio». Se lo ricordano invece bene gli addetti ai lavori, per i quali il nome di Taiwancik è iscritto nella top ten della mafia russa. Secondo classifiche non ufficiali, Tokhtakhunov vi occupa il secondo posto, subito dopo il suo amico e maestro Vjaceslav Ivankov, il leggendario ”Giapponesino” che ha guidato la mafia russa fino al suo arresto in America. Membro della «vecchia guardia», coronato «ladro in legge» - massima qualifica della gerarchia criminale russa - ancora ai tempi comunisti, è uno di quelli che ha guidato la criminalità organizzata nella transizione dalla clandestinità sovietica alla legalizzazione nel capitalismo. Nato 52 anni fa a Tashkent, nell’odierno Uzbekistan, Taiwancik è passato dalle spiagge di Soci, dove operava come katala, baro di carte, a Parigi e Berlino: il ”Giapponesino” l’ha nominato già 10 anni fa «controllore» delle attività illecite della mafia russa in Europa. Dopo aver scontato due condanne in patria nel 1989 il «ladro in legge» si è trasferito in Europa, prendendo la cittadinanza israeliana, vivendo tra Parigi, l’Italia - dove possiede quattro ville - e Montecarlo, dove ogni tanto andava a esercitare il suo vecchio talento con le carte. Il curriculum dell’uzbeko è vastissimo: antiquariato, droga, armi, petrolio, alluminio, traffici nel gruppo Ovest dell’ex Armata Rossa in Germania. Era una figura nota anche nello show business: al suo 50° compleanno un charter intero di cantanti era andato a festeggiarlo a Parigi. La passione per lo sport ce l’aveva fin da giovane, quando aveva giocato per la squadra di calcio di Tashkent ”Pakhtakor”. Come, del resto, era d’obbligo per i boss criminali: in Urss lo sport era una di quelle zone d’ombra dove lo Stato comunista entrava in contatto con il crimine e alla fine degli Anni ’80 erano state le palestre a forgiare le leve della nuova mafia. Taiwancik era uno dei leader della «sportività organizzata»: ha «collaborato» con l’associazione ”XXI secolo” di Otari Kvantrishvili, mecenate sportivo e «padrino di Mosca». Poi l’uzbeko si è interessato di tennis, facendosi amico il potentissimo Shamil Tarpishev, allenatore di Boris Eltsin. Aprendo grazie a lui le porte del Cremlino, Alik ha conquistato per il suo compagno di scuola Lev Ciorny il monopolio dell’alluminio, uno dei settori più redditizi - e criminalizzati - dell’economia russa. E ha continuato ad ”aiutare” lo sport. Lo scandalo per le medaglie ”rubate” dalla Russia durante le Olimpiadi di Salt Lake City aveva assunto dimensioni nazionali, coinvolgendo anche la Duma e Vladimir Putin in persona. Ora, a Mosca, personaggi illustri si stanno già mobilitando in difesa del ”mecenate” uzbeko. Per la polizia russa, infatti, oggi Taiwancik risulta pulito: da un decennio non opera in patria. La posizione ufficiale del comitato olimpico russo è stata formulata proprio ieri da Ghennadij Shvez (amico e biografo del padrino Kvantrishvili):«L’arresto di Tokhtakhunov è la continuazione della campagna di calunnia contro lo sport russo». Anna Zafesova