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 2002  agosto 07 Mercoledì calendario

Ma che vi aspettavate dal povero Ronaldo?, la Repubblica, mercoledì 7 agosto 2002 Ancorché non addetto, e tepidamente interessato a quello che era uno sport (football), non riesco a sottrarmi al fascino della vicenda Ronaldo, straordinaria telenovela che ci ricorda come la vita imiti l’arte

Ma che vi aspettavate dal povero Ronaldo?, la Repubblica, mercoledì 7 agosto 2002 Ancorché non addetto, e tepidamente interessato a quello che era uno sport (football), non riesco a sottrarmi al fascino della vicenda Ronaldo, straordinaria telenovela che ci ricorda come la vita imiti l’arte. Non so se, del soggetto, l’agente di Ronaldo abbia già piazzato i diritti. Se un nugolo di sceneggiatori già stiano infiorando il plot. Certo gli elementi della passione popolare (share) ci sono tutti. Anni addietro, la bieca globalità delle squadre multinazionali costringe il giovane a emigrare dalle sue felici favelas. Non fa a tempo a capire in quale mai mondo sia capitato (anche causa la nebbia ) che si ritrova zoppo, quasi gli fosse scoppiata sotto una mina, di quelle che deflagrano solo tra i piedi dei poveracci. Amorevolmente assistito da un facoltosissimo crocerossino che non cessa di nutrirlo e vezzeggiarlo, come se ancora fosse dotato di due arti, riconquista pian piano l’uso della protesi; tanto che, ritrovati gli abituali compagni di ballo e l’allegria, ritorna a imporsi come ai tempi in cui era integro. Ma, a questo punto, mentre uno sceneggiatore qualunque celebrerebbe una happy end, l’agente e l’assistito indirizzano la vicenda verso il territorio dell’ingratitudine, della disumanità, della legge della giungla, o della Borsa, che l’è istess. I soldi milanesi non erano sufficienti, la città uno schifo, l’adorazione dei tifosi insufficiente. Addio Milano ingrata, Madrid sarà più mia. Mi sorprendo - dicevo - per le reazioni di addetti, tuttologi, semplici tifosi. Soprattutto di questi ultimi. La filosofia del tifo consiste nella negazione assoluta di ogni qualità e umanità dell’avversario. Più che tifare per i propri colori, l’abbietto tifoso mira a immerdare l’avversario. Ed invece, in un sorprendente rigurgito di semplicità leggo e sento tifosi della Juve e addirittura del Milan esecrare la mirabile vicenda, e addirittura prendere le parti del crocerossino tradito, quasi non vivesse nel mondo del petrolio - come Bush - ma fosse una giovanissima provincialotta inesperta della vita e delle sue nefandezze. Con tutta la mia buona volontà, non riesco a capire che cosa ci si aspettasse da chi esercita, ad altissimo livello, il mestiere del calciatore. Mestiere ormai codificato, non meno di quello dei Presidenti, che non sarebbero tali se non ci avessero, o sperassero, in qualche gratificazione, pecuniaria o narcisistica. Sono anche sorpreso che non venga notata la stretta parentela tra i geni del football e i loro colleghi della finanza. Tatò, nonostante il suo incantevole nome da centrocampista brasiliano, fu chiamato il tedesco per aver risanato la Triumph Adler. Si affrettò ad abbandonarla per la Mondadori e, non contento, ha smistato affari dell’Enel, in attesa, forse, del Real Madrid. Ma ci sono casi ancor più paradossali, come quello di un difensore (dei diritti dei lavoratori) come Marini, che si ritrovò a capitanare i tradizionali avversari del Ministero del Lavoro. Del Turco tentò invano di imitarlo, passando dalla compagine della Cgil al team del Ministero della Finanze. E altri fecero ancora di meglio, tanto da creare un problema che sottoporrei al giudizio, o forse ai sospetti, di Cuper. Managers quali il mitico Ignazio Lopez de Arriortua, il fenomeno che rigenerò la General Motors, si ritrovarono non solo con la maglia della Volkswagen, ma al contempo in possesso di tutti i segreti tattici che tanto avevano giovato alla squadra precedente. Siamo sicuri che questo non avvenga, anche nel caso dell’insediamento di Ronaldo al Bernabeu? Siamo sicuri che, oltre a giocare contro l’azienda - pardon, squadra - precedente, non ne disveli le tattiche di mercato, i copyright? E, per finire, come mai i Tatò, i Bernabè, i Passera, non sono stati mai censurati per il loro vertiginoso mutar di maglia, ma addirittura acclamati, e cresciuti nella valutazione di mercato; mentre il povero Ronaldo viene esecrato e additato a bambini ignari come - un tempo - l’uomo nero? Mi pare una storia non meno ingiusta che banale. Gianni Clerici