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 2002  agosto 06 Martedì calendario

L’uomo che ama i fulmini, la Repubblica, martedi 6 agosto 2002 Milano. L’uomo che conta i fulmini guarda il cielo scuro da una finestra grande affacciata in fondo alla tangenziale est

L’uomo che ama i fulmini, la Repubblica, martedi 6 agosto 2002 Milano. L’uomo che conta i fulmini guarda il cielo scuro da una finestra grande affacciata in fondo alla tangenziale est. Ha un notes, una matita e i capelli dritti sulla testa come svegliati da una scossa. Ma non li conta con le dita. Li vede piombare sullo schermo del computer dov’è disegnata una cartina dell’Italia. Ogni fulmine che cade si sente un bip e si vede una x nel punto dov’è caduto. Poi la x diventa un puntino colorato e la penisola si riempie di puntini. Quest’estate matta, dice, è stata piena di fulmini. Il record il 14 luglio, «una giornata eccezionale», con 83.094 fulmini caduti in un sol giorno sull’Italia. Ma non vuol dire, spiega, che ne cadano più di una volta. Il fulmine è matto anche lui. «In fondo, non ha sempre rappresentato qualcosa di divino nell’immaginazione dell’uomo?». è umorale, variabile, dispersivo, imprevedibile, e ha le sue stagioni. Questa, da aprile a novembre, è indiscutibilmente la sua, e quest’anno, aiutato dai temporali, si è fatto sentire più del solito. Ieri sera alle otto, quando un altro temporale si è abbattuto su Milano, lo schermo dell’uomo che guarda passare i fulmini si è riempito di bip, di x e di puntini. Puntini dappertutto. Lui l’aveva capito alle cinque del pomeriggio, quando i puntini erano solo in Val d’Aosta, e lui aveva detto che si sarebbero spostati prima in Lombardia e poi nel Veneto. Perché i fulmini, spiega, si possono prevedere. «Il nostro sistema, che è l’unica rete nazionale capace di effettuare la rilevazione e la visualizzazione dei fulmini in tempo reale - dice - ci consente di seguire l’evoluzione del temporale e quindi di dare degli allarmi con anticipi di qualche ora». Diavolo di un fulminologo. Alberto Pigini, 55 anni, di Ancona, sposato con una figlia, ingegnere elettrotecnico specializzato in ”scariche in aria”, l’aria buffa da scienziato stravagante, è l’uomo che conosce i fulmini meglio delle strade per tornare a casa. Anche perché li fabbrica. Per studiarli, s’intende. Analizzarne il comportamento, le abitudini, e per studiare le difese, proteggere meglio le zone più a rischio, quasi sempre le alture. Non a caso il fulmine predilige le montagne della Val D’Aosta e del Nord Est, ma anche i castelli romani, i borghi sopra Genova e il promontorio del Conero. Pigini è l’uomo che ha ”fabbricato”, in laboratorio, il fulmine più lungo del mondo: 32 metri. Un record mai eguagliato. «Era così lungo che ci scappava da tutte le parti, non sapevamo più come prenderlo», s’inorgoglisce. Il suo quartier generale è al Cesi, il Centro elettrotecnico sperimentale italiano, una società di ricerche e servizi che spazia in tutto quello che riguarda il campo elettrico, di cui sono azioniste alcune delle principali aziende italiane, dall’Enel alla Pirelli. Mille dipendenti, il Cesi si occupa, dal ’54, di gestione di impianti elettrici, di servizi meteo e di questioni ambientali, che vanno dallo studio dei ghiacciai a quello dell’effetto serra. Ma il Sirf, il ”Sistema italiano di rilevamento fulmini”, unico in Italia, è il suo fiore all’occhiello. Sedici sensori, dei cilindri verdi alti mezzo metro, piazzati in altrettante località italiane, da Cuneo a Foggia, da Varese all’Elba, da Cagliari a Siracusa, sono capaci di captare tutti i fulmini che cadono sull’italico stivale con assoluta precisione (di data, di ora, di luogo di caduta e di potenza della corrente), e di segnalarli al cervellone centrale del Cesi di Milano che li elabora al computer, li conta, li cataloga, li colleziona. è in questo modo che il sistema, che copre tutta l’Italia e i mari intorno, funziona 24 ore su 24 ed è collegato ad analoghi sistemi in Francia, in Svizzera, in Austria e in Slovenia, è stato in grado di conteggiare gli 83.094 fulmini caduti nella giornata record del 14 luglio, i 23.978 della notte fra sabato e domenica scorsi durante il nubifragio che ha colpito il nord, e i 10.345 di ieri. E sempre al Cesi c’è la macchina che fabbrica i fulmini. Unica, anche questa, in Europa. è con una certa trepidazione che l’uomo dei fulmini apre i battenti di un cubo di cemento di 35 metri per ogni lato infestato di lunghe antenne, di cavi, di enormi sfere d’acciaio e di strani marchingegni che sembrano giganteschi funghi spaziali. è qui che un generatore bianco e rosso, alto trenta metri, che si chiama ”Marx” ma non è parente di nessuno, genera a comando fulmini di una potenza che arriva a 4 milioni di volt. «Uno spettacolo», si esalta il fulminologo. Oggi non serve accenderlo. Fuori, sotto un cielo elettrico, ne cadono a bizzeffe. Roberto Bianchin