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 2006  gennaio 05 Giovedì calendario

Musica, libri, film? Sono tutte storie. nova Il Sole 24 ore 5 gennaio 2006. Luciano Ligabue. "Un medium vale l’altro

Musica, libri, film? Sono tutte storie. nova Il Sole 24 ore 5 gennaio 2006. Luciano Ligabue. "Un medium vale l’altro. Perché scegliere di esprimersi con il film o il libro, la radio o il concerto? solo una questione di spazio". Racconta, Luciano Ligabue. Racconta, anche quando chiacchiera sui media e la creatività. E lui, che l’espressività ce l’ha nel sangue, si fa ascoltare. Perché è un artista a tutto tondo, mica soltanto un signore del rock. Di libri ne ha già scritti due: "Dentro e fuori il borgo", sulla vita nel suo paese della bassa emiliana, e "La neve se ne frega", una strana storia di un mondo nel quale si vive al contrario. "Una ricerca della felicità, in un futuro nel quale si nasce anziani e si diventa ogni giorno più giovani, sotto il controllo di una specie di Grande Fratello, ma disponendo dell’accesso gratuito a qualunque opera d’arte. E si scopre che la felicità è nell’essenziale, nell’ancestrale". Il primo libro dell’ex ragioniere di Correggio è diventato il successo cinematografico di Radiofreccia, diretto da lui stesso. Poi c’è stato anche "Da Zero a dieci". E il Liga regista pensa di fare un altro film, prima o poi. Perché non è uno che si risparmia. Nel 2005 ha troneggiato con il concerto del 10 settembre, a Campovolo. L’evento, seguito anche su internet e cellulari, ha raccolto 165.264 paganti. Record. Il disco, "Nome e cognome", ha venduto 400mila copie. La Warner ne ha tirato fuori un dvd: 100mila copie volatilizzate. Ma non è finita. Luciano ha un sito, fatto dal fratello Marco, con cui dialoga con i fan (www.ligachannel.com) e trasmette un suo programma radiofonico. Il personaggio è poliedrico, trasversale ai diversi media. La sua è una storia che dimostra come gli artisti, non le società di produzione, siano la chiave dei contenuti del futuro? Abbiamo percorso con Ligabue la strada della creazione nell’epoca della crossmedialità. Emerge che non ci sono scorciatoie. Dice Friedrich Nietzsche: "Un uomo non ha orecchie per ciò a cui l’esperienza non gli ha dato accesso". E il Liga, che ha scritto "Vivere a orecchio": "La necessità di raccontare viene dal tuo vissuto. Parlare d’amore, per un artista, è la cosa più normale del mondo. Ma è difficile raccontarlo, perché sembra che tutto sia già stato scritto. Io non rinuncio. "L’amore conta" può sembrare un titolo ovvio: invece piace perché è frutto di un’esperienza personale. Il pubblico non si beve le cose costruite a tavolino". Scrive Gilbert K. Chesterton: "La differenza tra costruzione e creazione? Una cosa costruita si può amare solo dopo che è stata costruita: ma una cosa creata si ama prima che esista". "Io suono la chitarra. E quando sento un giro armonico e un tempo che stanno bene, mi viene da canticchiare. Se una linea melodica mi dà un’emozione, allora inizio ad amare quello sto facendo". Un artista è riconosciuto anche per la sua coerenza, sebbene Alfred Adler dicesse "più facile combattere per i propri principi che seguirli": "Credo di aver raccontato le cose in modo crudo anche se non senza speranza. E di aver espresso la necessità di parlare di noi, della gente comune, quella che non va in tv. "Nome e Cognome" invita ciascuno a riflettere sulla propria unicità". Per esprimersi ha utilizzato tutti i media. Oscar Wilde diceva però che "Non vi è maggior pericolo che quello di essere troppo moderni. Si rischia sempre di andare fuori moda": "Io continuo a fare quello che ho sempre fatto. Amo scrivere perché amo leggere. Faccio concerti, ma non penso che andranno sul telefonino. Sono circondato da persone che organizzano dvd, siti e via dicendo, ma in tutto ciò non ho responsabilità. Grazie alle canzoni ho incontrato dei balordi che mi hanno fatto fare libri e film. Ma io racconto storie. Non sono molto tecnologico: alla radio ho un mixerino. E uso un pc con un software per registrare e modificare i provini delle mie canzoni. Niente di più". Alla fine, il solo medium che non ha usato è la tv. Perché? "Ho avuto proposte per progetti importanti, anche per fare un format mio, ma non ho mai accettato. Quello è proprio un altro lavoro. Non ho un rapporto naturale con la telecamera. Se anche quando guardo i miei video musicali non mi riconosco, figuriamoci in tv. Inoltre, ho nasato che l’Auditel ti taglia le gambe: quella è ansia vera". E poi la tivù... "diventata un meccanismo pericoloso. Cambia la percezione della realtà. Crea un mondo nel quale esisti solo se sei lì: la famosità non è un obiettivo. Se quello che vuoi è una comunicazione vera con la gente, la tv è, appunto, pericolosa. Comunque anch’io la guardo: sul satellite, perché ci trovo più cose che mi interessano". E se "RadioFreccia" fosse stata una canzone, "La neve se ne frega" un film e "Certe notti" un libro? "Eh no. La bellezza di una canzone è che ti obbliga a una sintesi in 300 parole ma non tutto può essere detto in breve. una questione di spazi. Con due ore di film puoi raccontare più cose, senza esagerare però. Forse il mio errore, in "Da Zero a dieci", è stato proprio volerne dire troppe tutte insieme...". Cristina Tagliabue