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 2006  febbraio 14 Martedì calendario

XX CONGRESSO

La lunga crisi del comunismo, La Repubblica
14 febbraio 2006
Cinquant’ anni fa aveva inizio la lunga crisi del comunismo che si sarebbe rivelata fatale. Il 25 febbraio 1956, al termine del XX congresso del Partito Comunista dell’ Unione Sovietica, Nikita Krusciov presentò il suo famoso rapporto segreto che denunciava in maniera alquanto edulcorata una minima parte dei crimini commessi da Stalin. Reso pubblico un poco alla volta, il documento scosse profondamente i comunisti di tutto il mondo e in seguito a ciò il comunismo perse il suo carattere di religione secolare: malgrado una fase di ripresa e persino di espansione negli anni Sessanta-Settanta, non brillò più dello stesso bagliore. Al potere come all’ opposizione affrontò crisi su crisi. I partiti comunisti occidentali conobbero un forte declino e, tra il 1989 e il 1991, l’ Europa comunista centrale e orientale e quindi l’ ex Unione Sovietica crollarono. Il comunismo aveva a disposizione molteplici facce, politiche, sociali, economiche, culturali. Talvolta affondava le sue radici nel profondo della società oppure si era appropriato delle tradizioni politiche nazionali: questo fu il caso dell’ Italia e della Francia. La sua complessità spiega perché oggi non sia del tutto concluso, e non tanto perché esso rappresenti una speranza stimolatrice, come proclamano i suoi ultimi adepti. In questo inizio di XXI secolo, il comunismo non è portatore di un’ ideologia coerente o di un’ utopia in grado di incantare: non rappresenta un’ alternativa rivoluzionaria credibile al capitalismo, alla democrazia liberale o alla globalizzazione. In effetti, non è più proiettato verso il futuro. Al contrario: è travolto dal proprio passato, che in talune circostanze diventa opprimente. Di fronte al comunismo, l’ Europa si ritrova di questi tempi in una situazione paradossale: mentre i regimi comunisti sono scomparsi e i partiti comunisti sono emarginati, la memoria del comunismo resta viva, seppur controversa. Un buon esempio ci è appena stato fornito dalla risoluzione adottata il 25 gennaio scorso dalla maggioranza del Consiglio d’ Europa, dopo burrascose discussioni. Questo documento, dopo aver ricordato che «i regimi comunisti totalitari» si sono tutti macchiati di «violazioni macroscopiche dei diritti dell’ uomo» e crimini di ogni genere, li condanna, rende omaggio alle vittime e invita a una presa di coscienza. D’ altro canto, il progetto di raccomandazione (che doveva essere indirizzato al Consiglio dei ministri per eventuali attuazioni pratiche), non ha ottenuto la maggioranza richiesta dei due terzi. Questi testi hanno sollevato numerose polemiche e hanno fatto apparire in tutta evidenza due grandi linee di spaccatura che possono, forse, sovrapporsi l’ una all’ altra tra l’ Europa dell’ Est e l’ Europa dell’ Ovest e tra la destra e la sinistra. Per gli europei dell’ Est, ad eccezione degli eredi dei partiti comunisti, e per la destra di tutto il continente, il comunismo è un incubo che occorre seriamente tener alla larga. Per la sinistra europea dell’ Ovest, il comunismo resta una promessa. Questa posizione non sorprende allorché proviene dai partiti comunisti: questi hanno violentemente criticato la risoluzione e la raccomandazione del Consiglio d’ Europa, sostenendo che esse mettevano sullo stesso piano comunismo e nazismo e che non era proprio il caso che così fosse. Hanno spiegato che condannavano i crimini commessi sotto Stalin o i vari regimi, che essi oggi definiscono «falsamente comunisti», affermando che sarebbero stati commessi soltanto in seguito a particolari circostanze storiche e al tradimento di un’ idea, secondo loro tuttora valida. Più sconcertante è l’ imbarazzo del rappresentante del gruppo socialista al Consiglio d’ Europa: egli ha denunciato con molta chiarezza i «regimi totalitari comunisti», rifiutandosi ciò nonostante di condannare i comunisti, combattenti della libertà e depositari di un nobile ideale. Questa posizione è sintomatica di un ricordo imbellito del comunismo nell’ Europa dell’ Ovest. Questo ricordo glorifica il ruolo dei comunisti nell’ antifascismo, la Resistenza, le battaglie democratiche, l’ anticolonialismo o le realizzazioni sociali del capitalismo. Esso trasforma così una parte della realtà storica in una mitologia imbellita, che deliberatamente occulta altri aspetti più sgradevoli del passato del comunisti, come per esempio la loro approvazione degli accordi germano-sovietici del 1939, la loro fedeltà all’ Urss, il culto di Stalin, il loro appoggio alla repressione condotta dai partiti comunisti al potere, la volontà di instaurare la dittatura del proletariato, le pratiche antidemocratiche, l’ arroganza e così via. In questo ricordo il conflitto tra le rappresentazioni del comunismo, l’ una positiva, l’ altra negativa, ha materia da offrire alla politicizzazione. Pertanto Silvio Berlusconi ricorre frequentemente all’ anticomunismo, cosa che fa sorridere il centro-sinistra, a torto, perché sottovaluta l’ impatto che il comunismo ha avuto sull’ opinione pubblica. A sinistra restano residui di cultura comunista, che spiegano la forza dell’ anticapitalismo, dell’ ostilità verso gli Stati Uniti, della propensione alla radicalizzazione, della diffidenza verso il riformismo. Resta altresì un ricordo vivo e antagonistico, che senza alcun dubbio non si intrometterà nella scelta degli elettori - che si pronunciano in funzione di considerazioni più immediate, l’ impiego, la tutela sociale, la sicurezza e così via - , ma che si manifesta in occasione delle commemorazioni, della divulgazione di lavori storici, di dibattiti che hanno sicuri effetti sulla comprensione del passato, l’ approccio del presente, la concezione del futuro. Ebbene, la questione del comunismo sarà sollevata in maniera ricorrente con l’ allargamento dell’ Europa, che crea uno spazio pubblico formato da popoli che ne hanno percezioni del tutto opposte. Per gli uni il comunismo è stato al potere ed è in linea di massima sinonimo di oppressione. Per gli altri esso è stato, salvo qualche rara eccezione, all’ opposizione e ha rappresentato una speranza oppure, al contrario, una minaccia. Il consolidamento dell’ Unione Europea esigerà pertanto di stilare un bilancio del comunismo. Marx nel 1848 scriveva nel Manifesto del partito comunista che uno spettro ossessionava l’ Europa, quello del comunismo. Oggi, ormai, è lo spettro del suo ricordo a perseguitarci. Traduzione di Anna Bissanti
Marc Lazar