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 2006  febbraio 14 Martedì calendario

1931: i professori giurano fedeltà al fascismo. Corriere della Sera 14 febbraio 2006. Alcune settimane fa, nella terza pagina del Corriere, Dino Messina si è occupato del carteggio inedito fra Solari e Banfi sul filosofo Piero Martinetti, uno dei dodici professori che nel 1931 rifiutarono di giurare la fedeltà al fascismo

1931: i professori giurano fedeltà al fascismo. Corriere della Sera 14 febbraio 2006. Alcune settimane fa, nella terza pagina del Corriere, Dino Messina si è occupato del carteggio inedito fra Solari e Banfi sul filosofo Piero Martinetti, uno dei dodici professori che nel 1931 rifiutarono di giurare la fedeltà al fascismo. Leggo che a Modena è stata inaugurata una mostra sull’ antifascismo di Lionello Venturi, il noto storico dell’ arte che, come Martinetti, respinse il giuramento e riparò esule in Francia. Il giuramento imposto ai docenti universitari nel 1931 sembra tornato recentemente di attualità. Mi sa dire qualcosa a proposito di questa vicenda e del ruolo che ebbe Gentile? Anna Sovi Giurati asgiurati@virgilio.it Cara Signora, sul tema del giuramento fascista esistono ormai parecchi buoni studi, fra cui "Preferirei di no" di Giorgio Boatti, pubblicato da Einaudi, e l’ opera dello storico tedesco Helmut Goetz, "Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista", apparso presso la Nuova Italia. La decisione d’ imporlo fu presa quando il fascismo volle consolidare, con uno spettacolare gesto di fedeltà accademica, i due considerevoli successi degli anni precedenti: la conciliazione fra lo Stato e la Chiesa, suggellata l’ 11 febbraio del 1929 dalla firma dei Patti Lateranensi, e il plebiscito del maggio che permise a Mussolini di incassare un numero di voti (8.661.820) pari all’ 89,63% dei cittadini iscritti nelle liste elettorali. Il voto fu orchestrato e i no (135.773) vennero visibilmente "scoraggiati"; ma la consultazione fu pur sempre un indice della popolarità che il regime aveva conquistato nel Paese. L’ idea del giuramento fu probabilmente di Gentile, ma è probabile che il filosofo si sarebbe accontentato di una dichiarazione di lealtà alla monarchia e allo statuto. La menzione del "Regime fascista" fu voluta da un altro filosofo, Balbino Giuliano, allora ministro della Pubblica istruzione. La formula fu questa: "Giuro di essere fedele al re, ai suoi reali successori e al Regime fascista, di osservare lealmente lo statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l’ ufficio di insegnante e adempire tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla patria e al Regime fascista. Giuro che non appartengo e non apparterrò ad associazioni o partiti la cui attività non si concilii con i doveri del mio ufficio". I professori chiamati a sottoscrivere queste parole furono più di 1200 e il numero dei docenti che rifiutarono fu probabilmente una dozzina. Vi è una certa incertezza perché qualche professore, come Vittorio Emanuele Orlando, preferì chiedere di essere collocato a riposo, e altri, come Giuseppe Antonio Borgese e Piero Sraffa, erano all’ estero. Il dissenso, secondo la sprezzante formula di un giornale fascista dell’ epoca, rappresentò quindi l’ 1 per mille. Sappiamo che qualcuno firmò per non abbandonare i propri studenti, come Alessandro Levi a Torino. Sappiamo che altri firmarono per ragioni economiche. E sappiamo infine che Pio XI, Palmiro Togliatti e Benedetto Croce dettero ai loro fedeli o amici, paradossalmente, lo stesso consiglio. Come ricorda Simonetta Fiori in un articolo apparso sulla Repubblica nell’ aprile del 2000, il Papa fece sapere che i professori cattolici avrebbero potuto firmare "con riserva mentale". Togliatti sostenne che sarebbero stati più utili al partito se fossero rimasti nelle università. Croce li esortò a non interrompere il loro insegnamento liberale. Rimasero in cattedra così, insieme a molti professori cattolici, personalità come Piero Calamadrei, Guido Calogero, Luigi Einaudi, Adolfo Omodeo, Concetto Marchesi, vale a dire uomini che avrebbero avuto posizioni di grande rilievo nella vita pubblica italiana dopo la fine della Seconda guerra mondiale. E gli altri? Tutti pavidi, vili, opportunisti o doppiogiochisti? Se giungessimo a questa conclusione, cara signora, non terremmo conto del sentimento, molto diffuso nell’ Italia di allora, che il regime avesse risolto alcuni importanti problemi nazionali e che i partiti antifascisti, dopo essersi ritirati sull’ Aventino per protestare contro l’ assassinio di Matteotti, avessero dimostrato di non sapere assicurare un governo al Paese. Nel ricordare quegli anni molti storici dimenticano che il giuramento fu richiesto nel 1931, non all’ epoca della guerra civile spagnola o delle leggi razziali. Gentile, alla fine, si dimostrò più liberale di molti suoi colleghi. Dopo la pubblicazione dell’ articolo di Simonetta Fiori, Jader Jacobelli scrisse una lettera per ricordare che nel verbale della seduta del Consiglio di facoltà di Roma dell’ 11 gennaio 1932 si legge: "Il prof. Gentile prende la parola per dichiarare che certamente nell’ animo della Facoltà, al rammarico per l’ allontanamento di così insigni colleghi s’ aggiunge un sentimento di stima pel nobile atto da essi compiuto per restare fedeli alla propria coscienza e compiere un dovere di lealtà verso il Regime (...). La Facoltà non può non rendere merito a questi colleghi, costretti ad allontanarsi da noi per una giusta legge, di aver dato ai giovani un encomiabile esempio di schietto e dignitoso carattere". Sergio Romano